Agender, un progetto di Chloe Aftel

2setgenderCon la denominazione “agender” si fa riferimento a quella nuova identità di genere con la quale vengono indicate le persone che non si riconoscono come donne né uomini. La terminologia in questione è ricca e varia: androgino, transessuale, neutro e bigenero sono solo alcuni esempi. Nel febbraio del 2014, negli USA, Facebook ha aggiunto ben cinquanta opzioni di questo tipo per dare maggiore libertà ai propri utenti nello scegliere l’identificazione del proprio genere.Gli “agenders” preferiscono ai consueti pronomi di genere definiti quali “lui” e “lei” l’utilizzo della forma plurale “essi”, più “neutra” e generica (d’ora in poi, quindi, in questo articolo verrà fatta menzione si singoli “agenders” con il pronome di terza persona plurale). Potrebbe sembrare una banalità eppure il riconoscimento della propria identità è un diritto sacrosanto, una necessità fondamentale, specialmente quando questa non è così “ortodossa” ed incontra ancora difficoltà nell’essere accettata. Ci troviamo, di fatto, di fronte ad un tipo di sessualità particolare, che deve combattere con pregiudizi ed incomprensioni molto più della stessa omosessualità: recenti ricerche hanno infatti dimostrato come chi vive in questa condizione di limbo sia soggetto ad un numero impressionante di discriminazioni e violenze.La fotografa americana Chloe Aftel ha voluto ritrarre i giovani che non si identificano nel binario di genere uomo-donna, dedicando loro un intero servizio. Tutto ebbe inizio quando Chloe venne contattata dal San Francisco Magazine per fotografare Sasha Fleischman, vittima di un atto di violenza nel 2013 quando, nel mentre ritornavano da scuola a casa su di un autobus pubblico, degli estranei diedero fuoco alla loro gonna proprio a causa della loro scelta di genere: Sasha hanno trascorso più di un mese in ospedale, per via delle ustioni riportate alle gambe.Una volta venuta a conoscenza di questa storia, Chloe ha deciso di rappresentare i volti differenti di questi individui, lasciando che le loro espressioni fossero portavoce della loro stessa intimità e della loro scelta. I modelli del progetto “Genderqueer” sono stati immortalati nelle proprie case ed in luoghi particolarmente significativi, custodi della loro intimità più profonda, veri e propri rifugi in cui mostrarsi, quotidianamente, per quello che si è, senza paure e vergogne: stanze da letto, bagni, salotti. Fra i diversi volti ritroviamo quello di Sasha, che giacciono sul divano rosso di casa , il quale accentua ancora di più le loro fasciature bianche, segno tangibile e forte che ricopre le gambe, triste segno dell’oltraggio subìto; la testa è rivolta alla camera così come il loro sguardo, tenero, ancora pauroso. Un cappello alla francese fa ombra su due folti sopraccigli neri e nasconde appena i capelli che scendono fino al collo; indossano una camicia ed una gonna, quella che non è andata giù a chi, quel maledetto giorno, ha commesso loro violenza. Edie sono stati fotografati nella camera da letto della casa dei genitori del partner: siedono su di un letto col copriletto a fiori; con le braccia magre raccolgono le gambe e guardano di sbieco l’obiettivo. L’esile corpo maschile sembra quasi contrastare con i lunghi capelli ed i delicati lineamenti del volto, molto femminili. Lo sguardo è fiero, orgoglioso e l’intera fotografia è pervasa da un’atmosfera rassicurante, da una dolce tranquillità. Ed infine Mark sono stati immortalati nel loro appartamento di San Francisco, dietro ad un vetro, nel cui riflesso si intravedono i grattacieli della città: accennano ad un timido sorriso, guardando intensamente la camera con due occhi blu particolarmente espressivi, indossando indumenti maschili con orecchini da donna ed una estrosa collana femminile. E poi ci sono Rain, Marilyn ed Emma, che potranno cambiare il nome, una volta finita la scuola.Oltre ai volti ed alle storie di questi giovani individui, sono state immortalate anche la loro calma ed il loro bagaglio di certezze su come desiderano vivere la loro vita. La loro scelta l’hanno fatta. Ora è necessario che possano vivere in tranquillità, nel rispetto totale da parte di tutta la società.

 

 

Michela Graziosi

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