Ormai è difficile trovare qualcuno in Italia che non abbia mai sentito parlare, almeno una volta nella vita, del Metodo Stamina, l’ormai chiacchieratissima terapia a base di cellule staminali del professor Davide Vannoni, che promette di curare tante gravi malattie. Un metodo ferocemente attaccato dalla comunità scientifica nazionale e internazionale, che lo considera una vera truffa ai danni di coloro che decidono di sottoporsi al trattamento. Le manifestazioni dei “pro stamina” sono iniziate l’estate scorsa, per chiedere al Parlamento di incrementare la sperimentazione all’interno del sistema sanitario nazionale. Nessuno dimentica il gesto estremo dei fratelli Biviano, affetti da distrofia muscolare, che durante una protesta del 25 novembre 2013 si sono tagliati le vene, buttando poi il sangue sulle foto del Presidente della Repubblica Napolitano, del Presidente del Consiglio Letta e del Ministro della Salute Lorenzin.
La rete di sostenitori è proliferata anche grazie all’uso dei social network e all’attenzione che alcuni programmi televisivi hanno riservato alle testimonianze di genitori che dichiarano di aver riscontrato leggeri miglioramenti sui loro figli in seguito alle iniezioni di cellule staminali. Basti pensare che il solo Vannoni ha oltre 13mila fan sulla sua pagina fan di Facebook, in cui si presenta quale Presidente della Stamina Foundation Onlus. Uno spazio mediatico attraverso il quale comunica con i suoi sostenitori, si difende dagli attacchi dei detrattori e condivide foto, documenti e statistiche che dimostrano l’efficacia del metodo, scegliendo un mezzo di diffusione che di scientifico ha ben poco. Ma chi è realmente Vannoni? Non è un medico. Fino a poco tempo fa era professore di psicologia dell’Università di Udine, ma poi tale incarico gli è stato revocato perché incompatibile con l’attività di Presidente della Stamina Foundation. Sempre dalla sua pagina Facebook apprendiamo che èda poco diventato Professore associato dell’Università degli Studi telematica Niccolò Cusano di Roma. Tornato dall’Ucraina nel 2007, insieme a due biologi del posto, aprì un primo centro in via Giolitti a Torino. Lì iniziarono ad essere ricevuti i malati insieme ai loro familiari. Stando alle loro testimonianze all’epoca pagavano cifre molto alte per tentare la suddetta cura, che li portava fino a San Marino, dove le cellule dei singoli pazienti venivano coltivate e iniettate. Il metodo è poi entrato in due ospedali pubblici a Brescia e Trieste, ma il percorso che ha portato a tali autorizzazioni è alquanto oscuro e poco chiaro. Fatto quest’ultimo, piuttosto allarmante se si considera che in ballo c’è la salute dei malati.La prima cellula staminale applicata in clinica è stata quella del sangue alla fine degli anni 50. Vent’anni dopo quella della pelle. Altri quindici dopo quella della cornea. Insomma decenni, neanche anni. Ecco perché i maggiori esperti mondiali in materia si sono opposti al Metodo della Stamina Foundation, che secondo loro non può garantire ciò che promette, ovvero la conversione di cellule staminali mesenchimali (cellule solitamente destinate alla generazione di tessuti ossei e adiposi) in neuroni, in seguito a una breve esposizione ad acido retinoico diluito in etanolo. Al momento, per ordine dei giudici, sono 34, fra bambini e adulti, i pazienti del Metodo Stamina, che ricevono la cura per “uso compassionevole”; 140 sono i malati in lista d’attesa e 80 quelli in attesa di giudizio.Tutto ciò si scontra con i risultati di un’indagine amministrativa del 2012, consegnata al Ministero della Salute ed eseguita dalle maggiori agenzie sanitarie nazionali, il cui obiettivo era la verifica della regolarità dei trattamenti effettuati con le cellule staminali a Brescia. Questa ha portato a un risultato inequivocabile: il metodo Stamina è bocciato in toto. Elena Cattaneo, una delle più importanti ricercatrici di cellule staminali al mondo, oggi anche Senatrice a vita per i suoi meriti scientifici, definisce il Metodo di Vannoni “Il vuoto più totale”, portato avanti da “persone che non hanno alcuna competenza”. Cattaneo ricorda inoltre che il posto dove si presentano i risultati di una ricerca scientifica non è la televisione o Youtube, bensì i Congressi Mondiali in materia, dove lei stessa dichiara di non aver mai incontrato nessun rappresentante del Metodo Stamina. A questo punto, la situazione è pressoché paradossale. Il sistema sanitario nazionale continuerebbe a finanziare e a far somministrare ai pazienti una cura che non è definibile come sicura.Dall’altra parte ci sono loro, i malati, insieme alle loro famiglie, che in Stamina vedono una luce, in assenza di altre alternative. Persone la cui tenacia ha fatto sì che rimanessero in piazza a protestare per avere una risposta da chi di dovere. Purtroppo la risposta della scienza è giunta, spegnendo molte di queste speranze. La vicenda resta tutt’altro che risolta. Per esempio, come spiegare i minimi miglioramenti che alcuni pazienti del Metodo Stamina hanno riscontrato sulla loro pelle? Come ci si comporterà nei confronti di coloro che vogliono comunque tentare la cura, perché non hanno nulla da perdere? Infine, è giusto che una situazione così delicata sia data in pasto ad alcuni programmi televisivi? Ci permettiamo di esprimere un parere solo relativamente all’ultimo interrogativo. L’attenzione mediatica che è stata riservata alla questione forse ha la colpa di aver pubblicizzato oltremodo il Metodo Stamina, ma, nessuno può negare che così facendo, una parte della popolazione, che fino a poco tempo fa era silente, oggi abbia iniziato a far sentire la sua voce, costringendo le autorità competenti a pronunciarsi chiaramente sulla spinosa questione.
Silvia Di Pasquale