E’ un’immagine che molti riconoscono ma nessuno sa davvero molto in merito: Il medico
della peste, con il suo lungo becco e gli occhi scuri e senza vita, è stato ispiratore per maschere in tutto il mondo. Vedendolo prevalentemente in occasioni di balli e feste in costume, si potrebbe essere portati a pensare che si tratti di una trovata ideata appositamente per figurare in quel tipo di eventi. Ma dove è nata, e a che scopo era stata concepita durante la pestilenza?
Anche se la peste imperversò in Europa nel XIV secolo, uccidendo quasi due terzi della popolazione, la prima testimonianza scritta in cui si descriveva la maschera risale al XVII secolo. Charles de Lorme, primo medico di luigi XIII scrisse: “il naso è lungo mezzo piede, della forma di un becco, riempito di profumo e con solo due fori; uno per ogni lato vicino alle narici. Questo può bastare alla respirazione e a portare con l’aria respirata l’aroma delle erbe racchiuse nel becco per tutta la lunghezza. Sotto il mantello si indossano stivali fatti di pelle marocchina nei quali sono infilate le estremità dei pantaloni in pelle indossati. Il cappello ed i guanti sono anch’essi ricavati dalla medesima pelle e si indossano occhiali protettivi sugli occhi.” Da questa descrizione verrebbe da pensare che de Lorme stesse proteggendosi dai germi indossato l’antenato di una moderna tuta da rischio biologico. Comunque, una teoria attendibile circa i germi non si vedrà prima della metà del XIX secolo, con gli esperimenti di Joseph Lister, Robert Koch e Louis Pasteur. Ciò detto, de Lorme stava cercando di proteggere se stesso da qualcosa che egli riteneva pericoloso ed insidioso allo stesso modo di come noi vediamo i germi oggi: i miasmi (o vapori velenosi) associati alla decomposizione dell’aria marcia. De Lorme ipotizzò che le erbe utilizzate per imbottire il becco della maschera potessero purificare l’aria, prevenendo così dal respirare il miasma contagioso; mentre il soprabito, i pantaloni e gli stivali di pelle mettessero al sicuro la pelle dall’esposizione. Il cappello tipicamente indossato dai medici durante il primo period modern aveva uno scopo puramente simbolico. Il bastone in legno, d’altra parte, era utilizzato probabilmente per tenere a distanza i pazienti o per dare indicazioni agli assistenti sul come muovere il corpo degli infetti durante gli esami. Non era utilizzato, come alcuni suppongono, per scacciare via i ratti che solo oggi sono stati ampiamente riconosciuti come i principali vettori del batterio Yersinia Pestis. Non è semplice capire come la maschera del Medico della Peste abbia potuto diffondersi con tale rapidità da sembrare ubiqua nel XVII e XVIII secolo. Molti medici lasciarono le città durante le epidemie, lasciando i morenti a cavarsela da soli. Quelli che rimasero non citarono la maschera, rendendola elusiva per gli storici. Oggi il Medico della Peste vive nell’immaginario degli artisti, scrittori e cineasti. Attraverso loro è stata trasformata in qualcosa di totalmente differente, perdendo gran parte di quella stessa ragione per cui era nata: tenere a distanza la morte e trasformandosi nel simbolo della stessa minaccia che voleva scongiurare.
Giampaolo Giudice