Un piede (letteralmente) a Istanbul, tutto il resto a Venezia: il gruppo dei Tetrarchi

In un angolo della Basilica di San Marco a Venezia si trova oggi il celebre gruppo marmoreo dei Tetrarchi. O meglio, si trova quasi tutto il gruppo dei Tetrarchi.

Si tratta di una raffigurazione imperiale. Il materiale, il porfido – il marmo color porpora proveniente da cave egiziane – è per eccellenza la pietra degli imperatori, che venivano partoriti in una sala ricoperta di costosissime lastre di porfido – da qui il termine Porfirogeniti – e venivano sepolti in sarcofagi in porfido; anche la loro incoronazione avveniva su una rota fatta della medesima pietra rossa.

Altro chiaro simbolismo imperiale è nel numero stesso delle figure rappresentate: sono quattro, due Augusti e due Cesari, e si abbracciano in segno di concordia: la tetrarchia è stata, infatti, una forma (rivelatasi poi fallimentare) di governo adottata dall’imperatore Diocleziano dal 293 d.C., esperienza terminata con Costantino nel 305, che ha reclamato per sé l’amministrazione dell’intero territorio. Il governo a quattro paia di mani prevedeva la divisione tra parte occidentale e parte orientale dell’impero, ciascuna affidata ad un Augusto e ad un Cesare di sua nomina; si trattava di cariche a tempo determinato: una volta scaduti i 20 anni previsti da Diocleziano gli Augusti avrebbero dovuto volontariamente abdicare, cedere la loro carica ai rispettivi Cesari, i quali a quel punto avrebbero dovuto scegliere da chi essere sostituiti nel ruolo di secondi al comando. Tutto ciò ebbe vita brevissima, naturalmente: la posta in gioco per chiunque avesse la possibilità di reclamare il trono era, virtualmente, l’intero territorio imperiale romano e nessuno, specialmente nei secoli III e IV d.C., era disposto a condividere un tale potere.

Queste quattro figure imperiali, però, non sono sempre state a Venezia. Provengono infatti dall’odierna Istanbul, ai tempi Costantinopoli, capitale imperiale fondata nel 324 – e inaugurata nel 330 – sulla preesistente colonia greca di Bisanzio. Precisamente, i Tetrarchi si trovavano nella monumentale piazza del Philadelphion, a ornamento delle colonne – anch’esse in porfido – della facciata del Capitolium, tempio dedicato alle divinità capitoline. A toglierle dai fusti di quelle colonne furono proprio i veneziani, che durante la quarta crociata, nel 1204, non hanno esitato a portar via dalla capitale bizantina molte opere, tra le quali la Quadriga bronzea, originariamente collocata sulla facciata della Basilica di San Marco e oggi spostata per ragioni conservative al suo interno, nel Museo.

Nel loro viaggio da Costantinopoli a Venezia, però, i Tetrarchi persero un piede. Se si osserva il gruppo, infatti, c’è una parte in marmo bianco corrispondente proprio al piede in porfido perduto. Nel 1965, come in una versione archeologica della fiaba di Cenerentola, il piede purpureo è stato ritrovato, proprio nella zona della moderna Istanbul che corrispondeva alla piazza del Philadelphion della città di Costantino.

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