S.Agnese in Agone a Piazza Navona

Agnese, santa e martire ricordata dalla Chiesa il 21 gennaio, per la liturgia cristiana è la patrona delle vergini, delle fidanzate, dei giardinieri, dei tricologi e dell’Ordine della Santissima Trinità. Anche l’Almo collegio Capranica, tradizionalmente costruito sul luogo della sua casa natale, la venera come patrona.

Di Agnese, della illustre famiglia Clodia, si invaghì il figlio del prefetto di Roma, senza essere ricambiato, avendo la giovane fatto voto di castità a Gesù. Il prefetto, saputo del voto di castità, le impose la clausura fra le vestali, con le quali avrebbe dovuto condividere il servizio alla dea a protezione di Roma. Agnese rifiutò il culto pagano e fu rinchiusa nel postribolo, nello stadio di Domiziano, ove sorge attualmente la Chiesa di S.Agnese in Agone, un luogo di perdizione, ancora visibile nei sotterranei. Qui però nessun cliente aveva osato toccarla, fu quindi denudata e offerta alla libidine dei persecutori, ma, ad un tratto, i biondi capelli della giovane la ricoprirono tutta di un aureo manto impenetrabile, celandone così le nudità. Questo il miracolo che ne giustifica la protezione dei tricologi.

Il figlio del prefetto che primo ardì avvicinarla, la tradizione religiosa lo vuole accecato da un angelo, cui però successivamente, per intercessione della stessa Agnese, Dio rese la vista o che cadde morto, ma fu risuscitato dalla Santa, dietro le preghiere del padre.

La tradizione racconta anche che Agnese, accusata di magia, fu a quel punto condannata al rogo, ma le fiamme si divisero sotto il suo corpo senza neppur lambirlo e i suoi lunghi capelli la protessero. Dopo questo miracolo, Agnese fu trafitta con colpo di spada alla gola. Questo racconto del martirio (nel 303 o secondo altri nelle persecuzioni di Decio, 250/251) giustifica l’iconografia con cui la santa viene rappresentata: l’agnello sacrificale che subisce medesima sorte.

A sera i genitori ne ottennero il corpo e l’inumarono nel loro podere sulla Nomentana, ove già erano sepolti, nelle catacombe, altri cristiani, oggi nota come Catacomba di Sant’Agnese, e dove sorse un’altra chiesa dedicata alla Santa, mentre il suo cranio è esposto in una cappella nella chiesa di Sant’Agnese in Agone, luogo del martirio.

Presso il complesso monumentale di Sant’Agnese fuori le mura, fatto erigere dalla principessa Costantina, figlia dell’imperatore Costantino I, è tradizione, ogni anno il 21 gennaio, offrire al papa due agnelli allevati da religiose, benedetti e destinati ad offrire dalla loro lana i tessuti per i palli dei patriarchi e dei metropoliti del mondo cattolico.

La Chiesa di Piazza Navona, ricostruita da papa Callisto II nel 1123, aveva la facciata dal lato opposto all’ attuale, benché avesse una porticina anche sulla piazza. Nei sotterranei si possono ancora vedere i ruderi dei corridoi dello stadio, ove, secondo una leggenda popolare un passaggio giungerebbe fino al cimitero di s. Agnese sulla via Nomentana.

Nel 1652 Innocenzo X Pamphilj, portata a termine la costruzione dell’imponente palazzo di famiglia in piazza Navona, pensò a una nuova costruzione in luogo dell’antica chiesa di Sant’Agnese contigua al palazzo stesso. Il papa pensò alla chiesa come ad una cappella privata, annessa alla residenza di famiglia, ove disporre anche il suo monumento funebre. Il rapporto di contiguità che intercorre fra la chiesa e il palazzo Pamphili è ancora testimoniato da un’apertura nel tamburo della cupola che permetteva al pontefice di assistere alle celebrazioni direttamente dal suo appartamento.

L’incarico venne affidato all’architetto Girolamo Rainaldi, che insieme al figlio Carlo, progettò un edificio a pianta centrale a croce greca con cupola senza tamburo, e la facciata rettilinea, con due torri laterali, collegata alla piazza da un’ampia gradinata. Nel 1653 il pontefice sollevò i Rainaldi dall’incarico dei lavori, già in avanzata fase di esecuzione, affidandoli a Francesco Borromini, il quale progettò una facciata concava per esaltare lo slancio della cupola e ai lati due bassi campanili tali da non ostacolare la vista della cupola, sostenuta da un alto tamburo, culminante con una lanterna contornata da sedici colonne. Alla morte del Pontefice, i rapporti col suo successore Alessandro VII divennero sempre più difficili fino all’abbandono dei lavori da parte dell’architetto.. Fu richiamato a portare a termine i lavori Carlo Rainaldi che alterò il progetto borrominiano apportando significative modifiche alla lanterna e ai campanili, eliminando così tutta la fantasia espressa dall’architetto ticinese. Nel 1667 Donna Olimpia Maidalchini, vedova del fratello di Innocenzo X, incaricò il Bernini dei lavori di finitura generale, mentre Giovanni Maria Baratta eseguì i campanili e Giuseppe Baratta la scalinata. La basilica, decorata da marmi pregiati e da un uso esteso di stucchi dorati, annovera anche l’uso di materiali sottratti ad altri edifici religiosi come nel caso delle colonne nelle cappelle della crociera che provengono da San Giovanni in Laterano o le campane sottratte alla Cattedrale di Castro nel Viterbese.

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