Massimo Popolizio al Teatro Argentina con “Il Signor M” Il teatro è pelle, cuore, sangue, anima e cervello. Il teatro è un pianto e una risata. Il teatro è riflessione e conoscenza

Sulle tavole di legno del palcoscenico ciò che si rappresenta diviene ciò che è, a volte per un brevissimo lasso di tempo, il tempo di uno spettacolo appunto, a volte per molto di più. Dipende da quanto ciò che abbiamo visto è riuscito a scavare dentro di noi, a quanto ci ha lasciato, a quanto siamo stati disposti ad accogliere.

Questi ultimi due anni sono stati anni difficilissimi per il teatro. Luci spente, sipari chiusi, sale vuote. La paura di non riuscire a ripartire. La paura di aver perso per sempre quel patrimonio di emozioni che ogni sera si ripete integro come fosse la prima volta.

Ma fortunatamente non è stato così. O comunque non lo è stato completamente. Al primo afflato di vita ecco il teatro rialzare la testa e ricominciare a permetterci di guardare il mondo con occhi sempre nuovi.

Occhi nuovi sono quelli che ci regala lo spettacolo “Il Signor M.” in scena al Teatro Argentina fino a domenica 3 aprile.

Occhi nuovi, dicevamo. Sì, perché il Signor M. altri non è che il Mussolini di storica memoria.

Lo spettacolo, tratto dal celebre romanzo di Antonio Scurati è una produzione del Piccolo Teatro di Milano e vede in scena Massimo Popolizio, che nella doppia veste di regista e attore che guida una compagnia di ben 18 attori (lui stesso compreso), 12 tecnici, sarte, costumiste e maestranze varie in quella che è una vera sfida sia per il momento di crisi del teatro, sia per la scelta di un testo tanto ampio quanto esaustivo di un personaggio e di un periodo.

Come lo stesso Popolizio tiene a precisare dal testo non è stato tratto un vero e proprio copione, ma ne è stato catturato lo spirito del tempo, attraverso la precisione documentale, in modo da poter portare in scena il sentimento degli anni tra il 1919 e il 1925 che hanno visto l’ascesa al potere di Mussolini e che sono forse quelli meno conosciuti

“La riduzione di questo libro è stata particolarmente impegnativa – ci racconta Massimo Popolizio – Oltre alle figure presenti nel libro ne abbiamo inventate delle altre perché ritenevamo necessario che il Signor M. fosse non solo il Mussolini storico, da cliché, il classico pelatone rappresentato in centinaia di film, ma un personaggio composito, fatto di luci e ombre, di bianco e nero, come la stessa scenografia dello spettacolo. Per questo lo abbiamo diviso in due e per me ho tenuto la parte di “Benito il teatrante”, ossia quella più istrionica, quasi da avanspettacolo di petroliniana memoria. Questa la forma. La sostanza è ben diversa. Il mio “Benito” dice cose tremende ballando il tip tap, ironizzando, alleggerendo anche le tragedie più atroci. C’è tutta la cattiveria e l’ironia che si coglie nel libro senza comunque diventare documento o spettacolo di ambizioni storiche quale potrebbe essere un film alla Bertolucci o di Florestano Vancini. Certo si parte dal delitto Matteotti e si prosegue tra marce su Roma e Vati quali D’Annunzio che ne esaltano le gesta. Ma si mantiene, per esempio, l’uso della terza persona, così come nel libro. Ma se nel libro il racconto in terza persona dona quel distacco necessario per leggere e comprendere fatti storici, in teatro ottiene un risultato differente perché proprio nello straniamento dell’uso dell’impersonale si ha un coinvolgimento emotivo del pubblico ancora più profondo.

Nello spettacolo ci si astiene da qualsiasi giudizio politico o storico, così come in teatro deve essere, ma ovviamente al pubblico arriva tutta la potenza delle contraddizioni non solo del personaggio ma anche del momento. Ci si chiede per esempio come sia stato possibile che un movimento di poche centinaia di adepti nel giro di sei anni sia riuscito a conquistare l’Italia. Sorgono spontanee domande quali “a chi si è rivolto?”, “qual è l’Italia a cui Mussolini parlava?” e nel libro abbiamo trovato la risposta che poi l’idea che ci siamo fatti un po’ tutti del fascismo, quella di “un virus che dilaga sulla via Emilia conquistando le case del popolo e abbattendo ogni resistenza”

I ringraziamenti sono accompagnati dalla voce di Battiato con il suo Mister Tamburino e la bandiera bianca che sventola sul ponte ci ricorda emotivamente che stiamo anche noi vivendo un momento terribile dove la guerra sembra ormai aver cancellato ogni logica umana di pensiero e opportunità

“Noi avevamo già inserito il brano sin dal 2 febbraio, quindi quando ancora questa follia non aveva iniziato a far tremare i nostri cuori. Ovvio che il pubblico partecipi con estrema emozione”

Prima di salutare Massimo Popolizio non possiamo evitare di chiedergli quali saranno i suoi progetti futuri

“La prossima produzione, nel 2024, sarà più contenuta, solo sei attori per portare in scena “Ritorno a casa” di Pinter, uno dei drammi più feroci del drammaturgo britannico. Un testo che mi impegnerà nella recitazione più classica proprio per riuscire nell’intento di uno spettacolo di largo respiro, che ponga al centro una problematica esistenziale generalizzata e non personalizzata. Oggi si ha la tendenza a creare spettacoli da microcosmi di eventi. Seppure le tematiche sono interessanti manca comunque quel quid che rende uno spettacolo attuale al di fuori del tempo e dello spazio contingente all’opera stessa. Il teatro è una istantanea emotiva che si rinnova ogni sera e che ogni sera deve appartenere a chi in quel momento partecipa al rito collettivo di emozioni che dal palcoscenico inondano la platea. Questa è la forza del teatro. Il coinvolgimento. L’esperienza condivisa di emozioni e sensazioni irripetibili eppure sempre ripetute. A differenza del cinema, che è statico e fermo nel momento in cui è stata effettuata la ripresa, il teatro si reinventa ogni giorno. Io mi ritengo fortunato per aver avuto la possibilità di affrontare il mio lavoro dal punto di vista privilegiato della collaborazione con registi quali Ronconi che mi hanno trasmesso l’etica del lavoro teatrale nella consapevolezza che severità e professionalità non significano elitarietà, ma proprio l’opposto. Uno spettacolo teatrale deve essere in primis “popolare”. Questo è stato il maggior impegno nella realizzazione de “Il Signor M.”.

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares