In queste settimane, nel mio girovagare nel campo delle iniziative artistiche, mi sono “imbattuto”, in un progetto creativo presente nella Villa Comunale di Frosinone, che vede come protagonista, l’artista Viola Pantano, con una sua installazione monumentale “Una Panda Anti-Social e 100% sostenibile”, che resterà in loco ben 10 anni. Una bellissima soddisfazione per il talento di Viola Pantano, nativa di Alatri e attiva dal 2008 in fiere, mostre personali e collettive e che Exibart, l’ha inserite tra i 222 artisti emergenti su cui investire. In questi giorni, a seguito di questa sua ultima iniziativa, l’ho contattata per farle alcune domande.
Viola, quando hai capito che probabilmente la tua vita sarebbe stata in simbiosi con l’arte.
“Sono una creatura del creato, giusto? Sento per questo il dovere ma anche il piacevole fardello di dover creare. e l’arte è l’unico mezzo che conosco per farlo. L’arte ha sempre fatto parte della mia vita. Un mio prozio sceneggiatore collezionava opere astratte e surrealiste nella sua casa e ricordo molto bene quanto siano stati importanti per me tutti quei momenti nei quali ci trovavamo insieme davanti alle sue opere, avevo 7/8 anni e lui mi chiedeva cosa ci vedessi dentro mi spingeva a guardare oltre la prima impressione. Ha cambiato la mia esistenza e il mio sguardo verso tutto ciò che mi circonda per sempre. Il mio lavoro è nato come vocazione ed ora è la mia vita. Con la consapevolezza che non avrei potuto fare nient’altro nella vita”.
Tu spazi molto in territori creativi, quale di queste è la forma a cui ti senti più legata.
“Dalla fotografia alla video arte, dalla scultura alla danza… è l’arte dunque l’unica strada è il comun denominatore che tiene insieme tutte le mie passioni più profonde. É la coesistenza di tutte queste forme di espressioni che ha caratterizzato, nel corso del tempo, e caratterizza il mio essere.
È solo il frutto di un viscerale desiderio di conoscere che mi ha portato a percorrere varie forme d’arte, utilizzare diversi mezzi che ora convivono in una sorta di equilibrio, per me perfetto, in grado di concedermi la libertà di spaziare enormemente nell’immaginare un’opera. Nel rispondere a questa domanda non posso mentire… nessuna delle forme che utilizzo potrebbe mai raccontarvi qualcosa di me se la si guarda slegata dalle altre. È solo la commistione tra esse, forse, a rendere il mio linguaggio, chiaro e riconoscibile”.
Sei impegnata da anni in varie collaborazioni, quanto è importante per te confrontarti con altri personaggi.
“Essendo, la fusione di più linguaggi, una componente costante del mio lavoro è indispensabile, oltre che inevitabile, il confronto con artigiani e altri artisti. Credo fortemente nell’unione di più cervelli. Le dinamiche di incontro possono nascere in molteplici modi. Si può trovare una particolare complicità artistica e progettare insieme per lungo tempo come accade -ormai da anni- con la regista e coreografa Alessia Gatta, con la quale collaboro -oltre che come interprete- anche per la progettazione creativa di elementi scenografici, la creazione di opere fotografiche correlate alle produzioni teatrali o installazioni site specific per le performance.
In altre occasioni mi è capitato di iniziare a lavorare su una nuova opera e di imbattermi, in corso d’opera, in una collaborazione che ha stravolto il destino del lavoro o -alcune volte- il mio.
Trovo dunque naturale e stimolante, nel mio modus operandi, intraprendere collaborazioni sempre diverse. Inoltre credo che, inserirmi – con un mio processo di creazione – all’interno di realtà produttive, sia diventata una mia maniera di fare e di agire. Ritengo che essere un artista possa significare tante cose; per me è imparare ogni giorno nuovi mestieri”.
Lungo il tuo percorso, hai preso spunto da altri artisti o movimenti artistici in particolare?
“Le mie opere parlano di società e quotidianità. Lo spunto viene da lì, da tutto quello che ci circonda. Spesso mi limito a cogliere un gesto visto per strada o una riflessione su fatti di vita quotidiana. Anche i nostri sogni hanno un loro posto nella realtà e fondendo tutto ciò nasce un immaginario che è il mio: una finestra dalla quale vorrei farvi affacciare almeno una volta. Penso che lo spunto più grande per tutti noi sia in continuo movimento davanti ai nostri occhi. Il mio compito è elaborare ogni stimolo, che esso provenga dal passato, da una canzone, dalla storia o da una visione. Quello che faccio è tradurre -con le mie regole- tutto questo, ogni volta, in un nuovo lavoro. Sicuramente ogni volta che, guardando alla storia, cerco dei riferimenti che mi diano tenacia penso a Albert Einstein e Leonardo Da Vinci, dei Multipotenziali per eccellenza, ancor prima che questo termine venisse coniato dalla scrittrice e imprenditrice Emilie Wapnick”.
Provieni da un tuo momento creativo importante come quello della Villa Comunale di Frosinone, ti prenderai una pausa o stai già lavorando ad altri progetti?
” In realtà già da qualche mese sto lavorando sul progetto di due nuove installazioni che dovrebbero vedere la luce entro fine anno, sto preparando una mostra personale che si terrà a Benevento il prossimo Giugno -con opere vecchie e nuove-, è iniziata la produzione di un nuovo spettacolo con la compagnia [Ritmi Sotterranei] e la progettazione di un’opera pubblica per il 2023. Non amo le pause, soprattutto se sono programmate. Solitamente mentre lavoro su un progetto mi vengono idee per nuovi lavori, faccio dei bozzetti veloci e poi, appena possibile, inizio a lavorarci più approfonditamente. È un flusso continuo e forse la mia salvezza. Le pause sono ben accette quando vengono spontanee e, quando arrivano, le accolgo per ricaricarmi e solitamente le sfrutto per guardare il mio operato con uno sguardo più critico”.