A Roma il nuovo ristorante di pesce alla brace ha un nome importante indiscutibilmente d’effetto: Dogma in piazza Zama al civico 34. Una giovane coppia di professionisti Gabriele Di Lecce, 28 anni e sua moglie Alessandra Serramondi, 27 anni, ha deciso in piena emergenza Covid – 19, l’anno scorso di azzardare in maniera calcolata, con tenacia, coraggio e sacrificio, e dare corpo al sogno di sempre: essere titolari di un ristorante, divenire imprenditori. Così nell’ottobre del 2021 dopo essersi uniti nel sacro vincolo del matrimonio, hanno deciso di unire anche i propri destini professionali e aprire il loro ristorante. Ma come si fa in piena pandemia a spendere il proprio capitale, i risparmi di famiglia, in un’impresa e riuscire a tagliare il famoso nastro rosso? Investendo come Gabriele ed Alessandra innanzi tutto su sé stessi, la propria professionalità, facendo qualche compromesso che porti a rimodulare le proprie aspettative e puntando come nel caso di Dogma sulla scelta coraggiosa di cucinare tutto sulla brace di cui si decantano le virtù ma si conoscono forse poco le insidie; sulla qualità delle materie prime, la freschezza del pescato, scelto di piccola e media pezzatura per poter mettere in menù la qualità ad un prezzo accessibile a tutti (il menù degustazione composto da 5 portate è a 40 euro); le verdure a km 0, provengono dall’orto di Maccarese di proprietà del papà di Alessandra e la farina macinata al momento all’interno del ristorante, dal grano della Sicilia che presto però verrà prodotta utilizzando il grano seminato nei campi di proprietà. La cantina è piccola ma ben fornita. Trenta etichette scelte da Alessandra tra le piccole cantine, un carnet di bollicine, bianchi e rossi. Una scelta di cuore, dettata dalla volontà di dare risalto ed importanza a quelle realtà imprenditoriali che meglio li rappresentano. Parlavamo di professionalità, Gabriele Di Lecce incomincia a lavorare presto. Ha 14 anni quando inizia il suo apprendistato nel primo ristorante, poi arriva Il Mosaico di Nino di Costanzo, continua la sua formazione presso Il Pagliaccio con Anthony Genovese e si paga uno stage da Alleno, il ristorante 3 stelle Michelin di Parigi sempre con tenacia e passione.
La svolta giunge quando inizia a lavorare come Sous Chef di Lele Usai al ristorante Il Tino, ristorante che già aveva conosciuto all’età di 16 anni, e dove ci ritorna e lì incontra Alessandra, anche lei dipendente, con il medesimo sogno: aprire un’attività dove mettere in gioco le proprie qualità e professionalità. Nasce l’amore ed inizia l’avventura, non senza rinunce e compromessi. All’inizio ad esempio la location scelta era Fiumicino che hanno abbandonato a causa dei prezzi troppo alti, inizio pandemia. Un vecchio cliente di Tino ha dato credito al progetto dei ragazzi e finanziato economicamente la scelta di inaugurare Dogma nel quartiere di San Giovanni, dove transitano sia studenti che persone con maggiori disponibilità. Per Gabriele ed Alessandra è fondamentale coccolare con la propria cucina il maggior numero di persone, rimanendo fedeli alla qualità contraddistinta da un giusto prezzo. Per il momento i novelli sposi si sono accontentati di acquistare la licenza e quello che c’era nella vecchia cucina. Gli arredamenti sono essenziali, tavolini neri e sedie kartell. Ma la voce di Dogma è dirompente. Gabriele sa far parlare il pesce, che dialoga con la brace e riesce ad esserne esaltato. Nelle sue giovani mani sapienti il piccolo e medio pescato si declina in piatti che narrano l’amore e l’attenzione per la materia prima esaltata dalle salse che abbelliscono il piatto e rendono il cliente protagonista di un viaggio gastronomico multisensoriale. La cucina è arte e saper coniugare il buono con il bello offre un’esperienza unica, indimenticabile. Piatti come le ostriche crude ma lievemente scottate sulla brace e il carciofo alla matticella con crema alla giudia, accompagnato da un carpaccio di pesce uniscono felicemente la tradizione romana alla cucina di pesce, lasciando piacevolmente sorpresi. Per i primi il menù degustazione prevede i spaghetti alla chitarra e pesce da zuppa, il sughetto godurioso saprà sollecitare il rito ormai sdoganato da illo tempore della “scarpetta“. Altra esperienza da non declinare quella data dall’assaporare il contrasto insito nei tagliolini alla crema di scampi e cipollina bruciata, un misto di dolce scioglievolezza temperato dall’amaro e dissolto nella crema di scampi. Per i secondi lo chef Gabriele propone il pescato alla diavola con verdure di stagione. La cottura alla brace protagonista. Il pesce come dicevamo ne risulta esaltato e la freschezza delle verdure lasciano il palato pulito, pronto ad essere di nuovo tentato dalla salsina ai peperoni. E i dolci? In genere nei ristoranti di pesce si è soliti non avere troppe aspettative e al massimo ci si concede il classico, vecchio sorbetto, così giusto per gradire… Da Dogma bisogna superare l’empasse di saper scegliere tra il Paris-Brest alle nocciole e una bavarese al cioccolato al latte o arrendersi e concedersi di vivere le due differenti esperienze, consigliati ad hoc da Alessandra che saprà proporre il giusto vino da accompagnamento