Il trust consente di proteggere le partecipazioni favorendo un sereno passaggio generazionale con un regime fiscale efficiente.
Il trust è uno strumento giuridico che consente di raggiungere una serie di obiettivi legati alla gestione, protezione e trasmissione del patrimonio favorendo un sereno passaggio generazionale, soprattutto se impiegato nell’amministrazione di partecipazioni societarie assumendo il ruolo di holding. La flessibilità dello strumento consente di soddisfare le esigenze più complesse che, unito a un regime fiscale efficiente, lo rendono un utile istituto per preservare la continuità imprenditoriale nonché la destinazione dell’impresa alla future generazioni.
Tale istituto giuridico – nato nei Paesi di Common Law – che consente di raggiungere una serie di obiettivi legati alla gestione, protezione e trasmissione del patrimonio nonché in tema di passaggio generazionale, esigenze queste che sarebbe molto più complesso soddisfare con altri strumenti giuridici.
L’utilizzo del trust, nell’esperienza italiana, è relativamente recente non essendo un istituto della tradizione giuridica continentale, tutt’oggi privo di una disciplina civilistica interna nel nostro Paese. La mancanza di regolamentazione nel diritto italiano per il trust è stata colmata con la ratifica della Convenzione dell’Aja del 1° luglio 1985, attraverso la legge 16 ottobre 1989 n. 364, che individua la legislazione applicabile al trust, riconoscendo altresì i suoi effetti giuridici nell’ordinamento.
Le regole fiscali, invece, trovano nell’ordinamento italiano disciplina positiva, sia per quanto riguarda gli aspetti di tassazione diretta sia per quelli legati alla tassazione indiretta.
In relazione alla tassazione indiretta, l’amministrazione finanziaria, nella bozza di circolare posta in consultazione pubblica il 10 agosto 2021, conferma l’orientamento giurisprudenziale per cui il conferimento di beni e diritti in trust non integra un trasferimento imponibile ai fini delle imposte di donazione e successione che troveranno applicazione, invece, soltanto nel momento in cui i beneficiari otterranno la titolarità sui beni e diritti. La nuova interpretazione dovrebbe dare impulso all’utilizzo del trust, in quanto rende l’apporto di beni e diritti non soggetto a tassazione indiretta, escludendo ovviamente le imposte di registro ed eventualmente quella ipotecaria e catastale in misura fissa.
Un interessante utilizzo del trust consiste nel suo impiego nella gestione di azioni o quote di società, ossia il caso in cui il trust assume il ruolo di holding. Fermo restando quanto appena indicato in termini di tassazione indiretta, la tassazione diretta dipende dalla struttura assunta dal gruppo o meglio dal soggetto giuridico da cui il trust riceve i dividendi. La struttura del trust holding può avere un ruolo estremamente utile per realizzare esigenze legate alla gestione, protezione e trasmissione del patrimonio, compresi i passaggi generazionali, da parte di imprenditori, investitori, soggetti che possiedono attività finanziarie o, anche, compendi immobiliari gestiti per il tramite di veicoli societari.
Prima di affrontare il tema della tassazione diretta del trust holding sono necessari alcuni cenni sugli aspetti civilistici e sulle finalità dello strumento, in quanto una struttura costruita al solo scopo di ottenere una tassazione favorevole, quindi, non rispettosa dei requisiti civilistici oppure svincolata da una reale e diversa necessità meritevole di tutela, rischia di essere considerata priva di efficacia e opponibilità nei confronti dell’Amministrazione finanziaria.
Iniziando dall’inquadramento civilistico dell’istituto, necessario è il riferimento all’art. 2 della Convenzione dell’Aja che definisce il trust l’insieme di rapporti giuridici istituiti da una persona, il costituente (detto anche settlor o disponente), che con atto tra vivi o mortis causa (per diposizione testamentaria), pone alcuni beni sotto il controllo di un trustee nell’interesse di un beneficiario o per un fine specifico.
Il trust consente di separare – segregare – un patrimonio in vista del soddisfacimento di un interesse del beneficiario, oppure per il perseguimento di uno specifico fine, attraverso la separazione dei beni dal restante patrimonio del disponente e la loro intestazione ad altro soggetto – il trustee – rimanendo separato anche dal patrimonio di quest’ultimo.
Il trust ha dei confini ben definiti nei confronti dei vari soggetti interessati (disponente, trustee e beneficiari). Una sorta di cassaforte che protegge il patrimonio destinato al trust e ai beneficiari.
Lo schema, quindi, consente la separazione di una parte dei beni del disponente dal restante suo patrimonio andando a formare un patrimonio destinato a uno specifico scopo oppure ad alcuni beneficiari, amministrato dal trustee secondo quanto stabilito all’interno dell’atto istitutivo del trust. La duplice segregazione del patrimonio, sia rispetto al disponente sia rispetto al trustee, rende il patrimonio inattaccabile dai creditori particolari dei soggetti coinvolti (disponente e trustee), rimanendo esso segregato rispetto alle vicende che riguardano i singoli soggetti.
I beni del trust, per uscire dalla sfera patrimoniale del disponente, vengono intestati al trustee o a un soggetto da quest’ultimo designato, ma il disponente può riservarsi alcuni diritti in relazione al patrimonio del trust.
La gestione del trust può essere sottoposta al controllo di un altro soggetto detto guardiano (o protector). I soggetti principali coinvolti nel trust, quali il disponente e il trustee, possono anche coincidere senza che ciò comporti, di per se, la nullità del trust, ipotesi tra l’altro prevista dalla legge del Jersey non di rado utilizzata come legislazione applicabile al trust.
In tal caso si parlerà di trust auto-dichiarato la cui tenuta civilistica, in termini di autonomia patrimoniale dei beni destinati rispetto a quelli del disponente, richiede una maggiore attenzione in particolare circa l’effettiva divisione tra i beni del disponente e quelli dichiarati come facenti parti del trust. Il rapporto giuridico è considerato, invece nullo, in caso di coincidenza di tutte le figure interessate dal trust, quali disponente, trustee e beneficiario.
In relazione alle regole che disciplinano il trust, la Convenzione dell’Aja prevede che sia il costituente a scegliere la legislazione applicabile tra quelle che regolamentano il trust quale, per esempio, quella del Regno Unito, del Jersey, della Repubblica di San Marino, per citarne alcune comunemente utilizzate.
Le finalità del trust sono tutte quelle che, in presenza dei requisiti strutturali previsti dalla Convenzione dell’Aja, realizzano uno scopo lecito tra cui la separazione dei beni a tutela della famiglia da parte di liberi professionisti, imprenditori, amministratori di società, membri degli organi di controllo; la protezione dei beni destinati ai figli in caso di separazione coniugale; la tutela di soggetti incapaci, destinando un patrimonio alla loro cura amministrato professionalmente da un trustee; la realizzazione di particolari operazioni di business sia in caso di imprese in bonis sia in caso di imprese in situazioni di crisi per una più efficace ed efficiente liquidazione del patrimonio; favorire il passaggio generazionale.
In merito agli impieghi del trust per i passaggi generazionali, lo strumento giuridico risulta particolarmente efficace da un punto di vista civilistico, gestionale e di controllo, oltre che interessante da un punto di vista fiscale.
Le attività imprenditoriali sovente sono svolte attraverso diversi veicoli societari, di persone o di capitali, le cui partecipazioni vengono detenute da una holding. L’utilizzo della holding consente una serie di vantaggi, quali per esempio gestire in maniera strutturata le partecipazioni delle società del gruppo; gestire il gruppo secondo le linee guida del fondatore, che mantiene la maggioranza della holding; razionalizzare la struttura finanziaria del gruppo; seguire una politica nella distribuzione degli utili alla famiglia proprietaria del gruppo, per il tramite della holding, nonché affrontare i passaggi generazionali; tutelare l’integrità del gruppo, in quanto la cessione di una partecipazione viene decisa dalla holding e non dai singoli soci.
L’utilizzo del trust holding, oltre ai vantaggi propri della holding, consente la segregazione del patrimonio in esso conferito, costituito da partecipazioni in una o più società che non saranno aggredibili dai creditori del disponente.
Il patrimonio del trust potrebbe essere formato, oltre che dalle partecipazione nelle società operative, anche dalle quote o azioni della holding stessa, combinando così i benefici legati alla gestione di un gruppo attraverso la holding con quelli derivanti dall’impiego del trust, attraverso cui destinare il patrimonio a specifiche funzioni inclusa quella di attribuire l’attività imprenditoriale a coloro che meglio di altri saranno in grado di portare avanti l’impresa all’interno della famiglia o della compagine sociale.
Il trust pertanto permette di mettere al sicuro le partecipazioni nelle società operative o nella holding, rispetto al patrimonio del disponente, nonché di realizzare scopi propri del trust tra cui raggiungere obiettivi diversi da quelli propriamente imprenditoriali come, per esempio, destinare l’attività di impresa a soggetti che al momento del passaggio generazionale potrebbero non aver terminato gli studi, essere impiegati in altre attività lavorative, non aver raggiunto la maggiore età, affidando temporaneamente i compiti gestori della partecipazione a un soggetto di fiducia quale il trustee.
Dotare il trust delle quote o azioni delle società di un gruppo, quindi, rispetto all’uso della sola holding rende le quote destinate al trust non aggredibili da parte dei creditori del disponente, del trustee nonché dei beneficiari, questi ultimi potranno subire l’azione dei propri creditori soltanto nel momento in cui riceveranno quote o azioni. La struttura del trust, quindi, consente la conservazione e la protezione del patrimonio che la holding non può garantire, essendo la singola partecipazione della holding, posseduta direttamente dal socio, aggredibile da parte dei suoi creditori.
In merito alla forma giuridica della holding essa potrà essere una società di capitali oppure una società di persone. In quest’ultimo caso la partecipazione in una società in accomandata semplice (SAS) si presta maggiormente a essere destinata a un trust per la quota relativa al socio accomandante, ossia il soggetto che non partecipa alla gestione di impresa nella SAS e gode di responsabilità limitata. In questo modo il trustee non si troverebbe a gestire una quota di partecipazione in relazione alla quale vi sono obblighi gestionali, nonché la responsabilità illimitata per le obbligazioni della società.
Il trust può avere una durata particolarmente lunga, sembra pacifico considerare valido un trust con durata di 90 anni mentre si discute su durate superiori. In un arco temporale di 90 anni, dunque, il trust può garantire una prolungata stabilità nella gestione della partecipazione, senza che l’alternarsi dei singoli soci nel tempo produca ripercussioni sull’impresa familiare, rimanendo la gestione della partecipazione – in capo al trustee – vincolata a quanto previsto nell’atto istitutivo del trust.
Nel passaggio generazionale, il trust per esempio potrebbe consentire di saltare una generazione, permettendo ai nonni di destinare l’impresa di famiglia direttamente ai nipoti, oppure ad alcuni di essi insieme a altri soggetti facenti o meno parte della famiglia.
La richiamata stabilità nella detenzione della partecipazione, affidata al trustee, sarà ammessa purché non incida sulla quota di legittima dei singoli eredi che, in tal caso, potranno esperire azioni per il suo riconoscimento.
Il trust, che sul piano civilistico consente di raggiungere obiettivi difficilmente realizzabili con altri strumenti, dovrebbe ricevere impulso dal cambio di interpretazione in tema di tassazione indiretta da parte dell’Agenzia delle entrate, confermato nella bozza di circolare posta in consultazione pubblica il 10 agosto 2021. La nuova impostazione, in attesa di conferma una volta pubblicata la circolare in versione definitiva, esclude dall’imposta di successione e donazione l’atto di dotazione del trust che, in tale fase, sconta la sola imposta di registro in misura fissa. Pertanto, la destinazione di beni e diritti in trust, non considerata soggetta a tassazione indiretta ai fini dell’imposta di donazione, consente la costituzione del trust senza
dover affrontare i costi di tale imposta nella fase di istituzione; ciò dovrebbe dare slancio all’utilizzo dello strumento.
In tema di tassazione diretta, il trust holding presenta un regime che, in alcuni casi, può essere favorevole. Limitando l’esposizione al caso in cui il trust sia fiscalmente residente, la tassazione diretta riguarderà i dividendi che il trust holding ricevere in relazione alle partecipazioni in società o in una holding. La prima distinzione per la determinazione del regime fiscale dei dividendi è tra trust ente commerciale e ente non commerciale. In genere un trust che gestisce le partecipazioni attribuite al trustee, svolgendo le funzioni tipiche del socio, secondo le indicazioni dell’atto istitutivo, senza rendere servizi propri di un’attività imprenditoriale come, per esempio, quelli di carattere amministrativo attraverso una propria organizzazione, sarà considerato un ente non commerciale. Assunto l’inquadramento del trust holding tra gli enti non commerciali, risulta necessario effettuare una ulteriore distinzione fra il trust trasparente e il trust opaco.
Il trust trasparente è quello in cui i beneficiari risultano individuati. Tale fattispecie si presenta qualora i beneficiari, oltre ad essere specificati, risultino titolari del diritto di pretendere dal trustee l’assegnazione della parte di reddito che gli viene imputata per trasparenza, come chiarito nella Circ. AE 6 agosto 2007 n. 48/E. I redditi prodotti dal trust in tal caso sono imputati ai beneficiari indipendentemente dalla effettiva percezione, secondo un criterio di trasparenza e per competenza, come stabilito dall’art. 73, co. 2, del TUIR. I redditi attribuiti ai beneficiari, pari ai dividendi percepiti dal trust, sconteranno l’imposizione IRPEF progressiva applicabile al singolo. L’avvenuta tassazione per trasparenza comporta la non imponibilità nel momento in cui i redditi vengono effettivamente corrisposti, essendo già stati tassati per competenza.
Il trust opaco, invece, si ha nel caso in cui non risultano individuati i beneficiari nel senso indiato in precedenza. Il reddito prodotto dal trust opaco risulta assoggettato a IRES direttamente ed esclusivamente nei confronti del trust, secondo le regole previste per gli enti non commerciali.
La risoluzione AE 5 novembre 2008 n. 425 fornisce utili indicazioni sul presupposto per la tassazione secondo il meccanismo di trasparenza limitando la sua applicazione al caso in cui il reddito sia immediatamente e originariamente riferibile ai beneficiari, precisando che “la riferibilità immediata dei redditi ai beneficiari esclude che vi sia discrezionalità alcuna in capo al trustee in ordine sia alla individuazione dei beneficiari sia alla eventuale imputazione del reddito ai beneficiari stessi. In sostanza, il diritto all’assegnazione del reddito deve nascere ab origine a favore di determinati beneficiari”.
In tema di tassazione diretta, interessante è il caso in cui il trust sia dotato di quote di una società di persone a sua volta impiegata come holding di un gruppo. Il caso ricorrente nella pratica prevede di dotare il trust della quota relativa alla partecipazione in qualità di socio accomandante in una società in accomandita semplice (SAS), in quanto il trustee, assumendo il ruolo di socio accomandante, godrebbe di una responsabilità limitata rispetto alle obbligazioni della società.
Nel seguente schema si presenta il caso di un trust socio accomandante di una “Holding SAS”, in quanto dotato della relativa partecipazione.
In merito alla tassazione dei dividendi corrisposti alla “Holding SAS” dalle società di capitali (Alfa e Beta), il DM 26.5.2017 prevede l’imponibilità sul 58,14% del loro valore, ma la tassazione dei redditi della “Holding SAS” avverrà in capo ai soci per trasparenza. Le società di persone, infatti, imputano i redditi a ciascun socio, indipendentemente dalla percezione, in maniera proporzionale alla quota di partecipazione agli utili, come stabilito dall’art. 5 del TUIR. Pertanto, il socio Trust dovrà tassare i dividendi della “Holding SAS” abbattuti al 58,14%. Il trust, a sua volta, dovrà imputare i redditi ai beneficiari, qualora sia trasparente, oppure applicherà la tassazione IRES al 24%, ma in entrambi i casi vi sarà l’abbattimento del reddito a monte.