Prodotto dalla grande versatilità e dalla bontà unica che risulta vincente da solo come antipasto e spuntino o valorizzando come ingrediente, numerose ricette non solo liguri, ma della tradizione italiana tutta grazie al suo olio che riesce a caratterizzare ogni piatto. Parliamo della mitica eccellenza dell’oliva taggiasca dove “taggiasco” e “taggiasca” sono gli aggettivi di Taggia, un piccolo Comune marittimo della Riviera di Ponente, e indicano cose e persone che da lì provengono. E’ a Taggia, infatti, che inizia la nostra storia: siamo agli inizi del medioevo e la Liguria è da poco caduta in mano ai Longobardi. Lo stabilizzarsi della situazione politica favorì l’insediamento degli ordini monastici, che fondarono monasteri nella valle Argentina, la valle ligure che nasce dal monte Saccarello e termina a Taggia. Furono proprio i monaci di San Colombano, provenienti dal monastero di Lerins, un piccolo arcipelago di fronte alla Costa Azzurra, che trapiantarono nelle campagne di Taggia gli ulivi della loro terra di origine. Gli olivi di Lerins, adattati al clima e al suolo delle Alpi Liguri, diedero vita a una nuova varietà, che presto si diffuse in tutta la Liguria: la taggiasca, appunto. La zona di origine delle olive e dell’olio taggiaschi è dunque Taggia, ma nel tempo la cultivar ha varcato i confini della Liguria, diffondendosi a macchia di leopardo lungo la penisola fino ad arrivare in California: c’è da sottolineare però che solo le olive prodotte nella provincia di Imperia possono fregiarsi del marchio DOP. In generale, le olive utilizzate per produrre olio sono tipicamente più piccole delle olive da tavola ma l’oliva taggiasca, pur prestandosi meravigliosamente ad entrambi gli usi, è molto piccola, anche solo rispetto alle olive da molitura. L’area di coltivazione tradizionale va da Albenga al Principato di Monaco, e trova spazio nell’entroterra imperiese fino ai 700 m di altitudine. La pianta nel tempo si è adattata perfettamente all’ambiente di queste spettacolari valli che, protette a nord dalle alpi, si estendono fino al mare aprendosi alle vedute mozzafiato della terra ligure. Le condizioni climatiche qui sono sempre temperate, miti d’inverno e mantenute fresche dal vento in estate e, grazie a queste particolari condizioni climatiche, l’ulivo taggiasco cresce rigoglioso nei terrazzamenti sulle pendici di queste valli. Nonostante la dimensione ridotta come dicevamo, l’oliva taggiasca è tuttavia anche molto carnosa: caratteristica questa che, insieme al sapore, la rende gradevolissima al palato se mangiata intera e denocciolata. Osservandola dall’esterno poi, questa piccola oliva si presenta di un colore scuro con sfumature che variano dal verde al violaceo, fino al marrone intenso ed hanno una superficie grinzosa: grazie a queste caratteristiche, anche un occhio poco allenato può riconoscere le taggiasche in mezzo alle altre olive. Uno degli utilizzi più frequenti di questi piccoli gioielli gastronomici, è quello della produzione di olio e certamente, a dispetto della loro piccola dimensione, si può parlare di un frutto estremamente “generoso” che contiene infatti fino al 26% di pregiato olio con un tasso di acidità notevolmente contenuto che non supera lo 0,4/0.5% di acidità: dato eccezionale questo se raffrontato agli altri olii extravergini che di frequente possono sfiorare lo 0,8%. Ma il loro sapore? Beh, ora arriva il bello. Si riconosce all’oliva taggiasca un sapore tendente al fruttato unita ad una sensazione decisamente tendente al dolce con sfumature di piccante (che, a discapito del pensiero spesso comune dei non addetti ai lavori, mi piace ricordare essere una caratteristica di qualità nell’olio!) e sentori di mandorla e pinoli che la rende condimento unico per il mitico pesto. Se le piccole dimensioni premiano la qualità ed il sapore, tuttavia, sono uno svantaggio dal punto di vista numerico della produttività: mentre da un ettaro di ulivi di altre qualità si ricavano da 60 a 100 quintali di olive all’anno, da un uliveto 100% taggiasco se ne raccolgono non più di 20 quintali! Piccole dimensioni e poca resa per l’olio, dunque, ma è sempre dalla qualità e non dalla quantità che ci si imbatte nelle eccellenze, e questa perla ligure ne raffigura uno dei massimi esempi in grado di caratterizzare la Tavola di tutto il mondo.
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di
Carlo Attisano
11 Dicembre 2022