LA SPLENDIDA CHIESA DI SAN CARLO ALLE QUATTRO FONTANE IN ROMA.

Sulla sommità del colle Quirinale si può contemplare una delle più grandi opere d’arte del Barocco romano, la Chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane, compiuta da uno dei più eccezionali architetti di questa età, Francesco Borromini.

Il nome di essa infatti, nasce poiché all’incrocio tra via del Quirinale che continua con la denominazione di via XX Settembre, con la via Felice, eseguita da Papa Sisto V, Felice Peretti, erano presenti quattro fontane con divinità pagane ai quattro angoli, riproducenti quattro fiumi.

Soltanto dopo molto tempo, furono realizzati gli edifici odierni, che inglobarono le quattro statue, in quattro nicchie, nei loro angoli. Tre fontane furono disegnate da Domenico Fontana, a cui si deve il progetto di tale strada, mentre la quarta fontana, che è rivolta verso nord, fu attuata da Pietro da Cortona.

La chiesa è intitolata a San Carlo Borromeo, cardinale milanese del Cinquecento canonizzato nel 1620, mentre il diminutivo Carlino si ha per le sue minuscole dimensioni, infatti si riporta “che sia grande quanto un pilastro della cupola di San Pietro a Roma”.

La struttura originaria di tale luogo di culto, ha origine da una piccola cappella dedicata alla S.S. Trinità ed appunto a San Carlo Borromeo, e fu edificata dai Trinitari Spagnoli su un terreno comprato nel 1611 dalla famiglia Mattei. Solo tempo dopo, nel 1635, con l’acquisto di alcune proprietà vicine, i Trinitari affidarono a Francesco Borromini la costruzione di una nuova chiesa e di un convento. Purtroppo, condizionato dallo spazio limitato, l’insigne artista creò comunque un organismo funzionale, dotato di tutti gli ambienti voluti dai religiosi. L’edificazione della chiesa necessitò di tanto tempo, fu finita infatti dal nipote Bernardo nel 1667, il medesimo anno in cui l’architetto si suicidò: per tale causa la piccola cappella collocata nella cripta, a lui destinata, rimase vuota poiché i Trinitari non vollero all’interno di essa un suicida e pertanto Francesco Borromini fu sepolto a San Giovanni dei Fiorentini. Il progetto di San Carlo alle Quattro Fontane con annesso convento, dopo molteplici trasformazioni, fu attuato fra il 1634 e il 1638. L’artista disegnò e realizzò il monastero attiguo ben quattro anni prima di cominciare il progetto del luogo di culto.

Il suo interno fu creato fra il 1638 e il 1639, e la facciata fu iniziata dopo circa 20 anni, nel 1655.

Nel momento in cui Francesco Borromini cessò di vivere nel 1667, come già citato, egli aveva terminato escludendo le sculture, il primo piano e aveva appena cominciato il piano superiore. Il prospetto fu completato invece da suo nipote Bernardo.

I lavori della chiesa iniziarono dal dormitorio e continuarono nel refettorio, attualmente sacrestia, successivamente fu fatto il chiostrino: in questo capolavoro, l’artista opera direttamente sulle strutture architettoniche variandone totalmente e dando prova della completa innovazione della sua arte.

La struttura quadrangolare dei cortili rinascimentali viene estremamente trasformata attraverso la realizzazione di un ambiente smussato agli angoli da curvature convesse, in cui l’apertura a serliana, generalmente adoperata per spazi ortogonali, favorisce le forme del chiostino.

Molto più innovativo è il progetto per l’interno della chiesa: l’architetto tramuta la struttura cruciforme della pianta originaria in un ellisse con intorno quattro grandi nicchie, che determinano un’incessante tensione e dilatazione dello spazio fra superfici concave e convesse.

Nella cupola ovale, che si collega mediante pennacchi alle arcate delle absidi, Francesco Borromini mostra la personale formazione da scalpellino, creando una decorazione modulare molto complessa e digradante verso il centro per allargare il ridotto ambiente.

Spiega l’architetto e storico dell’architettura italiana Paolo Portoghesi nel suo volume “Roma barocca”: “All’interno della chiesa l’intensità dell’immagine è ancora più forte, quasi ad affermare la priorità dell’esperienza religiosa rispetto a quella mondana. La polemica rinuncia nei temi dell’edilizia civile a quella complessità strutturale e a quella forza rivoluzionaria che è propria dei suoi organismi scolastici, dimostra come Borromini senta con particolare trasporto la possibilità dell’architettura di farsi elemento catalizzatore di un’esperienza di contemplazione indirizzandosi insieme alla sfera dei sentimenti e a quella della ragione”.

Nell’altare di destra di San Carlo alle Quattro Fontane c’è il quadro di Amalia de Angelis, rappresentazione dell’estasi del Beato Michele De Sanctis, 1847, il santo dona il suo cuore a Gesù mentre sull’altare maggiore, creazione di Pierre Mignard, è presente un dipinto seicentesco ritraente i Santissimi Carlo Borromeo, Felice di Valois, Giovanni De Mata adoranti la Trinità. L’Estasi di San Giovanni Battista della Concezione, si trova sull’altare di sinistra, di Prospero Mallerini, 1819 ed vi è ritratto il riformatore dei Trinitari. Tra l’altare di sinistra e l’altare maggiore si accede in una cappella a pianta esagonale, piena di minute ornamentazioni in stucco.

Il tabernacolo ed i confessionali furono attuati su disegni del Borromini. Nel centro del pavimento marmoreo domina lo stemma dei Trinitari. Una cantoria con l’organo è nella parete sopra l’ingresso, e la sacrestia ha la volta decorata di stucchi e le pareti con grandi armadi.

Nel prospetto in travertino, condizionato dal contesto urbano della città e soprattutto dalle diagonali composte dagli smussi corrispondenti alle Quattro Fontane, l’architetto adopera due ordini, uno superiore e uno inferiore. La parete inferiore è determinata da una sequenza di superfici concava-convessa-concava, mentre la superiore è distinta da tre parti concave di cui la centrale contiene un’edicola. Egli tramite le pareti crea una facciata dinamica e ricca di movimento, ma anche mediante le scenografiche decorazioni quali la nicchia ubicata sopra al portale d’ingresso in cui le colonne sono due cherubini le cui ali si uniscono compiendo una copertura alla statua. Il prospetto termina con un medaglione ovale a superficie concava sostenuto da angeli in volo, di Ercole Antonio Raggi.

Il portone nella parte centrale convessa del primo piano è legato alla incorniciatura della finestra convessa del piano superiore.

E’ però guardando in su che arriva l’incanto: la cupola ovale in laterizio con disegno a cassettoni ottagonali e cruciformi, si apre su un piccolo lanternino con finestre su ciascun lato. E’ in questo modo che l’artista evidenziò la luminosità creata dall’omogeneo colore bianco dell’edificio. Il collegamento fra la cupola e il luogo di culto è attuato in virtù della esistenza di quattro pennacchi che poggiano sulla trabeazione.

Il campanile, composizione dell’architetto, poggia su coppie di colonne con la cuspide a pagoda.

Un’altra opera rilevante è il chiostrino borrominiano adiacente alla chiesa, prodotto artistico semplice e armonico. I due ordini sovrapposti, tramite gli angoli smussati e convessi, tramutano la pianta rettangolare in un ottagono allungato. Colonne abbinate sorreggono gli archi su cui poggia il loggiato superiore ornato di altrettante colonne di ridotte dimensioni. La struttura movimentata e la balaustra sono i soli elementi barocchi che rompono la rigorosità dello spazio.

Nel centro, un piccolo pozzo ottagonale con sostegno in ferro battuto arricchisce l’incantevole immagine.

La cripta, riproducendo la medesima pianta della chiesa superiore, possiede una volta a otto spicchi basata su pilastri e due cappelle, misurata ed essenziale, tale parte del complesso di San Carlo alle Quattro Fontane si rifà al linguaggio architettonico del Maestro.

Accanto alla chiesa è ubicato il convento, con facciata in stile neosettecentesco, avente un portale d’ingresso dotato di un serafino di marmo collocato tra il timpano e l’architrave, in cui è situato il seicentesco mosaico di Fabio Cristofari, rappresentante “Cristo tra due schiavi liberati”.

Sopra il portale vi è un finestrone sormontato a sua volta dal grande simbolo dei Trinitari, in cui è presente la croce rossa e blu, sorretta da due angeli; ai lati si avvicendano tre finestre cieche rettangolari collegate da un oblò centrale.

Nel 1999, l’architetto Mario Botta ha progettato un monumento provvisorio per il lungolago di Lugano in Svizzera, per una esposizione in città su Francesco Borromini, nato appunto nel Canton Ticino. Esso era un’opera lignea di San Carlino, sezionata longitudinalmente, smontata poi sempre longitudinalmente nel 2003.

Filippo Baldinucci, il suo biografo, testimonia che l’artista barocco era un “uomo di grande e bello aspetto, di grosse e robuste membra, di forte animo e d’alti e nobili concetti. Fu sobrio nel cibarsi e visse castamente. Stimò molto l’arte sua, per amor della quale non perdonò a fatica”. Conservava le proprie opere con cura e attenzione, pertanto: “non fu mai possibile il farlo disegnare a concorrenza di ciascun altro artefice. Diceva che i disegni erano i suoi propri figliuoli e non voler che eglino andasser mendicando la lode per lo mondo, con pericolo di non averla, come talora vedeva a quei degli altri addivenire”.

Era così geloso dei propri lavori, che prima di morire bruciò tutti i suoi disegni affinchè i suoi nemici non potessero impossessarsi di essi. Il Maestro aveva un carattere insofferente e taciturno, quasi scostante. La sua indole particolare non aiutò la sua arte; era infatti contraddistinto da scatti d’ira anche molto intensi e inflessibile sulla propria professione con committenti e dipendenti.

Per l’intera vita lavorativa fu condizionato da Gian Lorenzo Bernini, tale competizione si affievolì solo con il pontificato di Innocenzo X, quando il suo rivale ebbe un’eclissi.

Le caratteristiche dello stile dell’artista sono l’utilizzo di materiali poveri, la predilezione per i ritmi relativi alla curva, il gusto del piccolo contrapposto al grande e la precisione dei dettagli. Le sue realizzazioni furono determinate dal ritmo fluttuante e plastico delle pareti ondulate, movimentate da una successione ritmica di linee concave e convesse, di rientranze e sporgenze, di grande effetto scenografico, tutti elementi del movimento artistico del Barocco.

“L’occhio dello spettatore non afferra un misurato equilibrio di masse, un’ampia distribuzione di spazi articolati, ma segue la nervosa indicazione di moto delle strutture”. Scrive lo storico e critico d’arte Giulio Argan.

Francesco Borromini, appunto, nelle sue composizioni non usava i materiali nobili molto amati invece da Gian Lorenzo Bernini, egli utilizzava le murature in mattoni, l’intonaco bianco, le decorazioni a stucco. La sua architettura si qualifica non nell’utilizzo di materiali di pregio, ma nella genialità delle tecniche strutturali e formali, il suo stile perciò è esaltato da caratteristiche ricercate, eleganti e intellettualistiche, per una platea contenuta e colta.

Egli infatti fu molto ricercato dalle confraternite e dagli ordini monastici, contrapponendosi a Gian Lorenzo Bernini che era invece l’artista preferito della corte pontificia.

Ricordiamo solo alcune delle opere più significative dell’insigne architetto: la Facciata dell’Oratorio dei Filippini, e la colonnata di Palazzo Spada a Roma. Nella chiesa di Santa Lucia in Selci decora la cappella della Trinità e cura i lavori generali di decorazione, poi a Napoli realizza l’altare per la cappella dell’Annunziata nella chiesa dei S.S. Apostoli e l’abside e un ciborio nella chiesa di Santa Maria a Cappella Nuova. Dal 1643 al 1662 si occupa della costruzione interna al cortile del Palazzo di Sant’Ivo alla Sapienza, e ancora si dedica all’interno di San Giovanni in Laterano e alla chiesa di Sant’Agnese in piazza Navona, sempre a Roma. Inoltre crea il prospetto di Propaganda Fide, la cappella Spada all’interno della chiesa di San Girolamo della Carità e altro ancora.

La chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane, mediante le sue linee ondulate, concave e convesse è necessariamente da considerarsi uno dei più eminenti esempi di architettura barocca del Seicento in Italia.

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