La bellezza di un vino nasce da un concerto suonato da migliaia di viti diverse, e ognuna di esse interpreta in modo personale il sottosuolo. Un concetto che esprime quanto sia forte il legame tra la terra, le sue caratteristiche intrinseche ed il prodotto che da essa nutrendosi scaturisce. E nelle Langhe, dove oggi lavorano in modo molto artigianale Alfredo e Luca Roagna, i terreni sono di origine sedimentaria marina, con stratificazioni di argille calcaree alternate a marne grigio-bluastre e sabbie, dove i ceppi piantati nei vigneti derivano da legni di madri-viti. In questo modo viene garantita l’eterogeneità, fondamentale per un eco-sistema dove la biodiversità sia mantenuta il più possibile. Una biodiversità che è fondamentale per il funzionamento ed il sostentamento degli ecosistemi e per il benessere umano, poiché vengono garantiti la produzione di ossigeno, la regolazione del clima, il controllo delle malattie, la purificazione dell’acqua e la protezione del suolo. Ed è per queste ragioni importantissime che la Cantina Roagna, nei suoi vigneti fa di tutto affinché le viti entrino in simbiosi con erbe, microorganismi ed animali. Inoltre, rispettando la fioritura delle diverse tipologie di flora, Alfredo e Luca si pongono come obiettivo quello di non stravolgere i cicli naturali, lasciando, come accade in primavera che il vigneto si ricopra di una varietà di fiori senza intervenire in alcun modo. Nello specifico, poi, non viene neanche praticata la fertilizzazione del terreno, questo per evitare che le piante siano pigre e con radici solo superficiali.
La raccolta delle uve avviene a perfetta maturazione fisiologica dell’acino, evitando che la valutazione soggettiva possa dare una erronea stima del contenuto zuccherino. Invece, le vecchie viti, la selezione massale e le vigne naturalmente fertilizzate permettono di raccogliere l’uva a maturità fisiologica perfetta, con una componente alcolica potenziale moderata, tenori di acido malico prossimi allo zero e una buona acidità tartarica.
Con grande cura ed attenzione, la raccolta delle uve viene effettuata manualmente, e depositate in cassette da 10 Kg, per poi portare il tutto in cantina per essere diraspato ed ammostato.
L’uva che viene ammostata, dopo un paio di giorni subisce la fermentazione dei lieviti e normalmente nel volgere di una settimana il mosto raggiunge la piena fermentazione. Si passa così alla vendemmia del vigneto, dove l’uva viene pigiata e diraspata nel minor tempo possibile, per conservare la freschezza e l’integrità del frutto, per poi finire nelle tine troncoconiche di rovere.
Per la macerazione era tipico un tempo vinificare mettendo per mesi le bucce a contatto con il mosto e Giovanni Ragna lo faceva steccando le botti. E questa procedura, che ancora si esegue, si effettua riprendendo l’antica tecnica della steccatura o a cappello sommerso che si pratica chiudendo completamente l’apertura superiore dei tini di legno con assi di rovere disposti parallelamente. Si riempie poi completamente il tino, lasciando le bucce sommerse nel vino (si crea il così detto “cappello sommerso”). Questo procedimento, permette un passaggio molto delicato delle sostanze nobili presenti nelle bucce. Dopo di che la macerazione dei vini avviene tra i 60 e i 100 giorni circa.
E la maturazione, deve avvenire rispettando le peculiarità di ogni vigneto. Ad esempio Pira e Asili, che si basano sulla purezza e l’eleganza, di norma necessitano di 3-4 anni in botte grande di rovere per raggiungere la loro piena espressione. Crichet Pajé, Pajé e Montefico, vini in cui emergono purezza, struttura e complessità, necessitano di invecchiamenti più lunghi, da 4-5 sino a più di 10 anni in alcune particolari annate. Una modalità di lavorazione che nasce dalla
conoscenza della terra e dall’esperienza, che sa interpretare e riconoscere tutte le diverse caratteristiche delle viti.
Le menzioni geografiche escono sul mercato 5 anni dopo la vendemmia, in seguito a un lento affinamento in botti di rovere e cemento.
I vini, messi in legno per maturare, hanno ognuno una loro personale tempistica: il dolcetto circa un anno, i bianchi 2 anni, i Barbareschi e i Baroli almeno 5 anni.