L’esposizione: “Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma” è ospitata nella Galleria Borghese fino al 18 febbraio 2024.
La nascita di una pittura europea, è un importante progetto realizzato in collaborazione con Fondazione Palazzo Te e Palazzo Ducale di Mantova, che descrive le relazioni tra la cultura italiana e l’Europa mediante lo sguardo dell’artista sulla pittura barocca che si integra anche in un ampio approfondimento della Galleria rivolto al tempo in cui Roma è stata, all’inizio del Seicento, una città cosmopolita.
Rapportandosi con le splendide opere della Galleria Borghese a cominciare dai famosissimi gruppi statuari giovanili di Gian Lorenzo Bernini, le composizioni in prestito per l’esposizione sono dipinti e disegni del medesimo Rubens, oltre alle statue antiche e sculture moderne di artisti di quegli anni, che sia al pittore e alla sua visione dell’antico sono stati debitori.
Il Pigmalione, il titolo della mostra, è un personaggio raccontato da Ovidio nelle sue Metamorfosi, un apprezzato scultore abitante sull’isola di Cipro. Rimasto per molto tempo solo per la sua sgradevole sensazione sulle donne considerate immorali, dissolute e non meritevoli del suo amore, Pigmalione si dedicò totalmente alla sua arte. Scolpì con abilità una statua di avorio, dandole l’aspetto di una donna bellissima, perfetta e virtuosa, rappresentazione della sua donna ideale. La somiglianza con la realtà era talmente evidente da far sembrare la statua viva, instaurando nel artista un intenso amore per la sua creazione. Nel giorno della festa di Venere, Pigmalione compì sacrifici per la dea, pregandola di dargli il potere che la statua d’avorio potesse tramutarsi in sua moglie. Venere colpita dalla profondità del suo sentimento, accolse la sua preghiera e la statua si trasformò in una donna vera. Si sposarono, condividendo un’esistenza felice, come spesso accade nelle fiabe.
La rassegna a cura di Francesca Cappelletti e Lucia Simonato esamina l’apporto stupefacente di Pieter Paul Rubens di quel periodo, esaminando i legami tra la cultura italiana e l’Europa, con peculiare interesse verso la Roma internazionale dei primi anni del Seicento.
Fu esattamente in virtù dei suoi viaggi in Italia infatti, e in particolare nella Capitale, che l’insigne pittore fiammingo diede un contributo eccezionale ad una nuova immagine dell’antico, delle idee di natura e di imitazione, divenendo un interprete massimo del Barocco. Durante il Seicento Rubens era infatti reputato dai suoi contemporanei uno dei più elevati esperti di antichità romane.
Nell’Urbe i suoi disegni esprimono movimento ed espressività nei personaggi riprodotti.
La presenza in città di pittori quali Van Dyck e Georg Petel, che avevano avuto la possibilità di formarsi con Rubens ad Anversa o avevano conosciuto i suoi lavori, come Duquesnoy e Sandrart, assicurò la comprensione dei suoi prototipi a una generazione di artisti italiani. Il primo è senza dubbio Gian Lorenzo Bernini, i suoi gruppi nella Galleria Borghese riprendono note statue del passato quali l’Apollo del Belvedere.
Rubens è stato quindi uno degli anticipatori dell’arte barocca perché ha determinato una nuova elaborazione dello spazio, del colore e dell’anatomia umana, un rinnovamento appunto che si fonda sulla rielaborazione dei modelli precedenti tramite una visione completamente inedita ed emozionale.
Presenti nelle sale della Galleria oltre 50 opere provenienti dai più celebri musei al mondo, tra cui il British Museum, il Louvre, il Met, la Morgan Library, la National Gallery di Londra, la National Gallery di Washington, il Prado, il Rijksmuseum di Amsterdam, soltanto per menzionarne alcuni.
La prima sezione: “Il mito del barocco” dell’itinerario, accompagna il visitatore alle origini ancora in un certo modo ambigue del termine, ed esamina l’influenza che il Maestro ha avuto sulla nascita di tale stile. Tra la riscoperta della Natura, nel Prometeo incatenato di Filadelfia, in collaborazione con Frans Snyders, e la riscoperta dell’Antico, numerosi sono i disegni nel percorso espositivo tra cui quello eseguito da Rubens a Roma del Centauro Borghese, al momento al Louvre. Ci si rivolge alla innovativa grammatica del corpo umano, focalizzandosi sull’intesa con alcuni importanti artisti della pittura italiana: Caravaggio, Leonardo e Tiziano.
La seconda sezione: “Rubens e la storia” guida gli spettatori nell’Urbe, in cui il pittore studia il così denominato Seneca morente, una scultura in marmo bigio, attualmente al Louvre, già in collezione della Galleria, per poi trasferire il suicidio del filosofo, descritto da Tacito, in quadri che modificano il marmo borghesiano in un corpo di carne ed ossa. Vicende raccontate dagli storici antichi sono tramutate dal Maestro in pitture e arazzi, realizzati con precisione antiquaria: armature, cimieri, scudi, calzari e insegne. Nell’Allegoria della guerra Liechtenstein, la Guerra dei Trent’anni rappresentata, una figura femminile all’antica in primo piano rivela la sua profonda sofferenza dinanzi ad una battaglia, probabilmente studiata dall’artista dal vero durante un viaggio da Anversa a Madrid.
Giungiamo poi nella III sezione: “Corpi drammatici”, in cui sono analizzati gli studi di Rubens sull’anatomia umana iniziando dai modelli degli Antichi fino agli eminenti Maestri del Rinascimento come: Michelangelo, Raffaello ma soprattutto Leonardo da Vinci. La straordinaria esecuzione del celebre Torso del Belvedere a matita rossa nel disegno del Metropolitan Museum, è generato dallo studio delle composizioni di Michelangelo Buonarroti e della conoscenza che il pittore fiammingo aveva della Volta Sistina. Nel suo Ercole che strangola il leone nemeo del Louvre, la potenza muscolare michelangiolesca dell’eroe è inconcepibile senza la lezione sulla forza di Leonardo, prologo alle torsioni di Gian Lorenzo Bernini.
Nei “Corpi statuari” della IV sezione è mostrata l’analisi della statuaria e dei rilievi antichi, non solo per la scoperta di temi mitologici, ma anche per dare forma ed energia al disegno sull’anatomia umana. Il San Sebastiano guarito dagli angeli della Galleria Corsini e il Cristo risorto di Palazzo Pitti, sono attuati plasticamente con un morbido chiaroscuro colmando lo spazio della superficie pittorica stretti in un energico close-up. L’artista tedesco Georg Petel con le delicate gradazioni tonali dell’avorio del piccolo San Sebastiano, si misura con gli incarnati perlacei dei personaggi rubensiani dai quali ha desunto palese influenza.
Arriviamo poi alla V sezione: “Rubens e Caravaggio”. A Roma il pittore è influenzato non solo dai più significativi esperti del passato ma anche da quelli contemporanei, soprattutto da Caravaggio e dalla sua Deposizione nel Sepolcro, la pala d’altare per la Cappella Vittrice nella Chiesa Nuova, oggi ai Musei Vaticani creata tra il 1601 e il 1602, e inoltre si può in tale luogo ammirare il disegno di Rubens la Deposizione, proveniente dal Rijksmuseum. Il suo Compianto sul Cristo morto è una tela colma di vitalità, un lavoro giovanile che è quasi certamente datata ai primi anni del secolo e forse reputata mantovana.
Ancora la VI sezione: “La nascita della scultura pittorica”, esplora il confronto fra l’artista fiammingo e Bernini, reciprocamente condizionati dalle proprie composizioni scultoree. In questa sfida fra le due arti, Rubens si manifestava allo scultore italiano come il rappresentante assoluto di un modo di espressione
pittorica estremo con cui rapportarsi mediante lo studio profondo della natura. Perfetti i suoi disegni di Leoni raffiguranti il movimento, i cavalli in levade nel San Giorgio del Louvre ed i suoi ritratti.
La VII sezione: “Il tocco di Pigmalione, illustra i metodi mediante i quali il Maestro riesce a trasferire in maniera eccellente le sculture su carta ed a infondere loro energia. In due pagine latine del suo trattato frammentario Sull’imitazione delle statue, Rubens espone come si ha questo processo “trasmediale” effettuato nelle sue realizzazioni, in cui per trasporre il marmo in carne insiste sulle così denominate “maccatture”, le morbide pieghe della pelle sia degli uomini sia degli animali. Probabilmente traendo spunto dallo Spinario, statua del tardo Cinquecento ora nella Galleria Borghese, la collocazione della Susanna Borghese propria del soggiorno giovanile dell’artista fiammingo nel nostro Paese, venne attuata al rientro da Anversa e determinata dal morbido incarnato del nudo femminile.
L’ultima sezione è denominata “Rubens e Tiziano” ed è nella sala che ha nel suo interno i capolavori di Tiziano Vecellio: Amor sacro e Amor profano e Venere che benda Amore. Tiziano è un fondamentale esempio per Rubens, infatti nel suo soggiorno alla corte spagnola, fra il 1628 e il 1629, il Maestro creò molteplici sue copie.
Il catalogo, motivo di approfondimento e studio, è edito da Electa.
“Attraverso gli occhi di un giovane pittore straniero come Peter Paul Rubens guardiamo ancora una volta all’esperienza dell’altrove, cerchiamo di ricostruire il ruolo del collezionismo, e della collezione Borghese in particolare, come motore del loro linguaggio del naturismo europeo, che unisce le ricerche di pittori e scultori nei primi decenni del secolo”. Afferma Francesca Cappelletti, direttrice della Galleria Borghese e curatrice della rassegna.
L’esposizione: “Il tocco di Pigmalione. Rubens e la scultura a Roma”, ha il potere di evidenziare l’arte del Rinascimento e di confrontarsi con quella contemporanea attraverso l’analisi di forme, prospettive e generi nuovi, riportando una visione d’insieme di quel periodo storico straordinario.