Le nuove disposizioni intendono arginare i fenomeni di pianificazione fiscale aggressiva, neutralizzando la localizzazione dei redditi in Paesi a fiscalità privilegiata.
Il BEPS Pillar 2 ha il precipuo scopo di introdurre, a livello mondiale, l’applicazione di un’aliquota minima sul reddito delle società (c.d. Global Minimum Tax), per evitare perniciosi fenomeni di pianificazione fiscale infragruppo. Per tale motivo, le aziende ad ampio respiro internazionale, dovranno rivedere la propria organizzazione finalizzata a individuare le politiche di transfer price, adeguandosi così al rinnovato scenario internazionale derivante dalle raccomandazioni Ocse.
Con l’espressione transfer pricing si intende, come noto, la pratica elusiva adottata all’interno di un Gruppo di imprese ad ampio respiro internazionale, attraverso la quale si realizza un trasferimento di quote di reddito tra consociate (c.d. travaso di utili), mediante l’effettuazione di cessioni di beni o prestazioni di servizi ad un valore diverso da quello che sarebbe stato pattuito tra entità indipendenti.
Tale fenomeno, che si concretizza con la manipolazione dei prezzi di trasferimento infragruppo, è finalizzato ad ottenere un indebito risparmio fiscale: l’impresa del Gruppo multinazionale destinataria di maggiori utili beneficia infatti di un trattamento tributario più favorevole rispetto a quella originariamente titolare del reddito medesimo.
Ciò può verificarsi, ad esempio, perché il soggetto economico verso il quale viene indirizzato il reddito è localizzato in un’area nella quale vige un regime fiscale meno oneroso – il che può accadere con riferimento a determinati Stati esteri o, anche all’interno del territorio dello stesso Paese, nel caso in cui specifiche zone geografiche beneficino di sgravi tributari – o per altre ragioni di natura contingente, come nell’ipotesi in cui l’entità percettrice dei maggiori utili possa procedere ad una loro compensazione attraverso perdite fiscali pregresse, annullando, di fatto, il carico impositivo a livello di Gruppo (cfr. Comando Generale della Guardia di Finanza, III Reparto Operazioni – Ufficio Tutela Entrate – Circolare n. 1/2018, volume III, pagina n. 367).
Per tale motivo, in chiave marcatamente antielusiva, con il dichiarato scopo di garantire la corretta determinazione della base imponibile tra entità appartenenti allo stesso Gruppo, i singoli Stati membri dell’OCSE hanno adottato il noto “principio di libera concorrenza”, che tende ad azzerare gli effetti risultanti da condizioni speciali praticate tra imprese correlate, che inevitabilmente condizionano l’utile della transazione economica intercompany.
Ciò significa che i rapporti economici e commerciali intercorsi tra imprese consociate dovranno essere valorizzati secondo le regole dettate dal citato “principio di libera concorrenza” (conosciuto, nella letteratura internazionale tributaria come arm’s length principle), sancito espressamente dall’articolo 9, paragrafo 1, del modello Ocse di convenzione.
In buona sostanza, il prezzo/valore della transazione commerciale (scambio di beni e/o di servizi) che coinvolge le imprese appartenenti allo stesso Gruppo multinazionale, deve necessariamente corrispondere al prezzo che sarebbe stato convenuto tra imprese indipendenti per transazioni identiche o similari sul libero mercato.
Seguendo tali principi di diritto derivanti dalla prassi internazionale, il nostro ordinamento,
all’articolo 110, comma 7, Tuir, prevede che: “I componenti del reddito derivanti da operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, che direttamente o indirettamente controllano l’impresa, ne sono controllate o sono controllate dalla stessa società che controlla l’impresa, sono determinati con riferimento alle condizioni e ai prezzi che sarebbero stati pattuiti tra soggetti indipendenti operanti in condizioni di libera concorrenza e in circostanze comparabili se ne deriva un aumento del reddito. La medesima disposizione si applica anche se ne deriva una diminuzione del reddito, secondo le modalità e
alle condizioni di cui all’articolo 31-quater del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600”.
In un’accezione di più ampio respiro, senza necessariamente ricondursi a pratiche di tipo abusivo/elusivo, il transfer pricing può anche naturalmente essere diretto a sviluppare politiche di Gruppo esclusivamente per finalità strettamente economiche. Nella normale logica commerciale, infatti, il trasferimento di beni o di servizi a valori più bassi rispetto a quelli normalmente applicati sul mercato, può avvenire con la finalità di consentire all’impresa consociata estera di conquistare porzioni di mercato, attraverso la successiva vendita di prodotti a prezzi altamente competitivi.
Per contrastare la pratica in esame, il nostro ordinamento, al pari di quelli degli altri Stati ad economia avanzata, si è dotato di strumenti normativi volti a stabilire il valore al quale dovrebbero correttamente avvenire le transazioni ed a disconoscere gli effetti fiscali delle operazioni tra consociate, per la parte che genera indebiti trasferimenti di utili all’interno dei gruppi.
L’analisi di comparabilità è un processo logico – procedurale – giuridico che riveste fondamentale importanza nell’ambito del transfer pricing e, in particolare, per la scelta del metodo di determinazione del prezzo Intercompany. Come affermato dalla prassi operativa (cfr. Comando Generale della Guardia di Finanza, III Reparto Operazioni – Ufficio Tutela Entrate – Circolare n. 1/2018, volume III, pagina n. 370), la stessa viene effettuata con lo scopo di valutare le modalità con le quali vengono realizzate le transazioni Intercompany oggetto di esame; dimostrare il rispetto del prezzo di libera concorrenza da parte della tested party, mediante la comparazione con transazioni similari poste in essere da parti indipendenti.
La comparazione può infatti ritenersi affidabile solo qualora funzioni, rischi e assets impiegati dai terzi indipendenti (selezionati come soggetti comparabili), risultino similari a quelli impiegati dalle entità coinvolte nella transazione in verifica. In buona sostanza, l’individuazione e selezione di transazioni comparabili con quella in verifica non possono prescindere da un’indagine accurata di funzioni (effettivamente) svolte, rischi realmente assunti e assets in concreto utilizzati dalle parti nel processo produttivo.
A livello operativo, per valutare la congruità dei valori attribuiti allo scambio di beni o servizi intercompany, sarà necessario scegliere il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento ritenuto più idoneo valutando che, sulla base delle raccomandazioni internazionali diramate dall’Ocse, non esiste più una stretta gerarchia tra i vari metodi, ma deve essere individuato il metodo ritenuto più appropriato alle circostanze del caso (c.d. “Most Appropriate Method”).
La Guardia di Finanza e l’Agenzia delle Entrate svolgono una costante azione di contrasto all’evasione fiscale internazionale, operando mirate verifiche fiscali anche in tema dei prezzi di trasferimento infragruppo praticati dalle multinazionali, che scambiano beni e servizi con imprese consociate estere.
Sulla base delle linee guida Ocse, per scegliere una tested party occorre individuare la società del gruppo multinazionale che presenta un profilo funzionale più semplice che permette di operare, con maggiore precisione, un’accurata analisi di comparabilità rispetto ai soggetti terzi indipendenti.
Per tale motivo, occorre individuare il soggetto economico del Gruppo, che svolge attività “rutinarie”, ossia non connotate da “unicità” nel peculiare settore merceologico ove l’impresa opera; che non utilizza beni immateriali unici (es. brevetti industriali, know how) o altri fattori produttivi tipici di un’impresa nell’ambito delle operazioni attuate.
Le linee guida OCSE §§ 3.18 – 3.19, ispirate alle US Treas. Reg. Sec. 1.482-5 (b) (2) (i), forniscono una precisa definizione di tested party: “As a general rule, the tested party is the one to which a transfer pricing method can be applied in the most reliable manner and for which the most reliable comparables can be found, i.e. it will most often be the one that has the less complex functional analysis”.
In estrema sitesi, la tested party è il soggetto economico del singolo Gruppo multinazionale, che consente di applicare il metodo di determinazione dei prezzi di trasferimento in maniera maggiormente affidabile, confrontando le caratteristiche della singola impresa (analisi delle funzioni e dei rischi assunti), rispetto a quelle dei soggetti “terzi indipendenti”, individuati come comparabili.
La Direttiva UE 2022/2523 ha lo scopo di “istituire un quadro di riferimento efficiente e coerente per un livello di imposizione minimo globale a livello dell’Unione”. Le raccomandazioni internazionali intendono far recepire, ai vari Paesi che vi hanno aderito, la direttiva comunitaria conosciuta come “Global Minimum Tax”, introdotta sulla base dei principi di derivazione internazionale scaturenti dal progetto BEPS Pillar 2 [Global anti-base erosion rules (GloBE rules)], recante le nuove modalità di tassazione a livello consolidato.
Gli elementi caratterizzanti il Pillar 2 prevedono, per le società del Gruppo che operano a livello internazionale in vari mercati dislocati nel mondo, che presentano un livello di tassazione effettiva inferiore al 15%, un sistema di “tassazione compensativo” che colpisce la società holding che opera come controllante (c.d. Income Inclusion Rule o IIR).
Il Pillar 2 (c.d. Pillar Two) intende quindi perseguire una duplice finalità. Da un lato contrastare i potenziali fenomeni di erosione della base imponibile derivanti, a livello consolidato, dagli scambi di beni o servizi tra imprese del gruppo multinazionale che operano nel mercato globalizzato; dall’altro evitare fenomeni di concorrenza sleale tra differenti Stati introducendo un’aliquota minima di tassazione del 15% sul reddito delle società, fissata dallo Statement OCSE datato luglio 2021. Ulteriori informazioni possono essere rinvenute nel documento denominato “OCSE – Programme of Work to Develop a Consensus Solution to the Tax Challenges Arising from the Digitalisation of the Economy”.
A livello operativo, l’imposta integrativa (c.d. GloBE), sarà determinata sulla base di un test finalizzato a determinare il livello di tassazione effettiva (ETR) consentendo, successivamente, con aggiustamenti compensativi, di conseguire un livello di tassazione globale almeno pari al 15%. Il Pillar 2 vuole quindi assoggettare a “prelievo fiscale compensativo” la quota di redditi relativi alle attività artatamente veicolate in giurisdizioni a bassa fiscalità (c.d. “LTJ”) con il precipuo scopo di scoraggiare, nel medio – lungo periodo, la localizzazione di società in Paesi a regime fiscale privilegiato. Il meccanismo applicativo prevede di elevare forzatamente il livello impositivo di Gruppo, mediante compensazione e armonizzazione della tassazione, che andrà poi a colpire, nello Stato di localizzazione, la società controllante.
La normativa prevista in tema di corretta determinazione dei prezzi di trasferimento infragruppo, conosciuta tra gli addetti ai lavori come “transfer price” intende perseguire, in chiave antielusiva, una mirata strategia volta a contrastare gli arbitraggi fiscali, contrastando specifiche politiche di travaso di utili e di pianificazione tributaria intercompany, con conseguente erosione di base imponibile tra l’Italia e l’estero.
Recentemente, la comunità internazionale ha rafforzato gli strumenti di contrasto all’evasione fiscale internazionale, con l’introduzione di un livello di tassazione effettiva consolidata almeno pari al 15%. La finalità perseguita è chiaramente quella di armonizzare il livello impositivo a livello mondiale e, simmetricamente, scongiurare fenomeni di concorrenza sleale sul mercato.