Luna che vieni, luna che vai

Nel II sec a.C., uno scrittore siriano racconta il viaggio immaginario del filosofo Menippo sulla luna. È Luciano di Samosata, caleidoscopico creatore di mondi che ancora oggi sono in grado di catturarci, poiché risuonano profondamente con il desiderio, che abbiamo innato in quanto uomini, di elevarci -fisicamente e metaforicamente- per guardarci attraverso. “Infatti, un giorno, esaminando le vicende umane, mi accorsi di quanto esse siano piccole e ridicole e povere […] Cercai allora di alzare gli occhi al cielo e contemplare il cosmo nella sua interezza”, racconta il filosofo a un amico all’inizio del dialogo.

Tale necessità di astrarsi dalla contingenza della corporeità terrestre porta Icaromenippo ad appropriarsi di due ali per intraprendere il proprio volo liberatore. Il viaggio si rivela sin da subito come un racconto di consapevolezza, volto a far emergere le aporie di un mondo che dall’alto appare quale confuso e frenetico formicaio, in cui uno “si libera dell’immondizia”, un altro “mette da parte un chicco di grano”: tutte attività umili che rivelano la semplicità dell’esistere al mondo. Questa visione provoca il sorriso nel nostro protagonista, il quale decide che il suo viaggio può concludersi: ha ormai appreso il segreto della luna, quindi il suo più intimo. Accade allora qualcosa di veramente commovente: come per dimostrare che la vulnerabilità è l’attributo essenziale dell’essere vivi, la Luna parla a Icaromenippo “con voce di donna”, chiedendogli di farsi portavoce presso Zeus di un’ambasceria volta ad interrompere le illazioni dei filosofi sul suo conto. Mantenuta la promessa, finalmente l’intrepido esploratore torna a casa.

Ma Luciano fu soprattutto un sognatore e, molti secoli dopo, il suo stesso desiderio di raccontare l’essere umani con il disincanto che appartiene solo agli artisti fu raccolto da altri poeti altrettanto vivaci: uno tra tutti Georges Méliès, che nel 1898 realizzò il cortometraggio “La lune à une mètre”. Quest’ultimo narra l’avventura di un mago che, mentre tentava di studiare la luna per mezzo di un telescopio -e dopo aver combattuto con essa per farla tornare in cielo dopo che ha aveva fatto irruzione nel suo studio, divorando tutto- vede apparire un’incantevole donna velata, adagiata su un finissimo spicchio di luna calante. Essa entra nella stanza, bellissima ed eterea: il mago, insieme affascinato e intimorito dalla sua presenza tenta di abbracciarla, ma lei scompare trasformando la grande finestra in un muro di pietra.

In questo movimento speculare della luna -che ora viene a cercare l’astronomo, ora si lascia conoscere e aiutare da un curioso avventore- riconosciamo la stessa vulnerabilità dell’astro narrato da Luciano e Méliès che, da donna, parla -a gesti o parole- al mago come ad Icaromenippo. In una danza di partenze e di ritorni, l’immaginazione di questi due autori ci restituisce la magia dell’essere fragili e, insieme, irriducibili sognatori.

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