FILOSOFE 2: RABIA, POETESSA DI LIBERTÀ

Nel 717, in Iraq, nacque una donna davvero speciale: si tratta di Rabia Al Adawiyya Al Qaysiyya, poetessa e filosofa dalla storia avventurosa ed estremamente toccante. La filosofa nacque in una famiglia povera, dalla quale fu rapita e venduta come schiava, ma riuscì a recuperare la propria libertà e a consacrarla, come aveva sempre desiderato, alla spiritualità e alla filosofia. Condusse una vita ascetica secondo le norme islamiche per avvicinarsi il più possibile alla divinità, con la quale coltivò un legame d’irripetibile intimità. Frutto privilegiato del suo misticismo sono le poesie che compose, che ancora oggi incantano lettori di ogni religione e provenienza: la definitiva conferma della trasversalità della sua esperienza, costellata di rinunce e di meraviglia. Punto focale del suo pensiero fu il totale abbandono a una volontà superiore e luminosa, elemento che influenzò molti altri pensatori Sufi, mistici e filosofi a lei contemporanei, come Al-Hallaj. Dei suoi componimenti colpiscono la semplicità e l’incanto di una vita dedicata alla cura della spiritualità, nonché il desiderio profondo e sincero di stabilire un rapporto significativo e viscerale con Dio, talmente sentito e disarmante da concepire, introdurre e contemplare un nuovo tipo di amore per la divinità, passionale ma irreprensibilmente devoto.

Talvolta il suo stile di vita incorruttibile e austero irritò le personalità più eminenti del suo tempo, tanto che restano testimonianze di una leggenda circa la sua scomparsa: pare che fu assassinata perché rifiutò delle nozze mondane, oppure a causa di tensioni politiche che contribuì a creare attraverso il proprio pensiero e le sue ferme convinzioni.

Ciò che è certo è che la sua eredità di filosofa e poetessa perennemente alla ricerca della trascendenza sopravvive ancora oggi: Rabia Al Adawiyya Al Qaysiyya resta l’icona del misticismo Sufi nella sua più integerrima volontà d’avvicinarsi alla divinità rinunciando, animata da un amore disinteressato e, per questo, purissimo.

Attraverso la sua esperienza, inoltre, prese parte a un importante percorso di parità tra uomini e donne: fu anche grazie a lei, infatti, che l’esperienza ascetica poté aprirsi alle religiose, le quali furono finalmente in grado di accedere a questo particolare rango precedentemente solo maschile, dal momento che con Rabia si convenne che, nella vita spirituale, non fosse tollerabile una disparità tra i sessi.

Ricordata tra cronaca e leggenda, questa grandissima filosofa continua ad avere un enorme impatto sulle filosofie orientali e sul sufismo: non a caso le fu dedicata l’intera opera Storie e detti di Rabi‘a del poeta medievale del XIII secolo Farid al-Din ‘Attar e viene ricordata ancora oggi con l’onorifico appellativo di “madre del sufismo”.

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