Gérard de Nerval: la ricerca impossibile

La novella del 1853 “Sylvie” fa parte della raccolta di racconti “Les filles du feu” di Gérard de Nerval. Quest’opera, intrisa di malinconia e disillusione, è il manifesto del cinquantennio 1850-1900, segnato dalla cosiddetta “Scuola del disincanto”. Di fronte a un mondo industrializzato e spersonalizzante, disperso tra una folla talmente estesa da dare le vertigini, Gérard de Nerval sentì la necessità di raccontare di un personaggio senza nome che, sentendosi perduto nel presente, ricerca sé stesso nel proprio passato. È così che una sera, dopo essere stato a teatro per veder esibirsi la bella Aurélie, decide di recarsi a Loisy, intraprendendo un viaggio effettivo ma, soprattutto, interiore. Durante la notte trascorsa in carrozza il protagonista sogna e ricorda simultaneamente: da subito si delineano le lunari fattezze della bella ma irraggiungibile Adrienne, giovane nobile destinata al noviziato, vista una sola volta ma il cui ricordo si perpetua nel cuore del narratore. Il suo contraltare, la solare Sylvie, viene da subito descritta come una ragazza felice di quella gioia che solo il saper vivere nel flusso del proprio tempo sa dare. Entrambe queste figure, opposte ma complementari, lasciano emergere i desideri e le aspirazioni del protagonista il quale si rende finalmente conto di aver provato sempre e solo un unico, vero amore, del quale Sylvie e Adrienne costituivano le due metà. Solo apparentemente, però, la terza figura femminile resta senza collocazione: l’amore per l’attrice teatrale Aurélie lascia affiorare la tendenza quasi ossessiva del protagonista, il quale aveva sempre ricercato -consciamente e inconsciamente- , in tutte le donne della sua vita, un riflesso della perduta Adrienne. Umberto Eco, autore di una Rilettura di questa struggente novella, afferma che Gérard de Nerval arrivò a descrivere tre amori differenti, ma tutti legati tra loro dall’indelebile fantasma di Adrienne. Per il protagonista, infatti, l’amore per Sylvie era possibile in virtù del fatto che Sylvie era presente quando anche Adrienne lo era, mentre quello nei confronti di Aurélie si delineava alla luce del simile ruolo ricoperto da quest’ultima e da Adrienne: entrambe, infatti, erano accomunate dall’arte recitativa, espressa dall’una nel familiare contesto dei balli infantili di Loisy; dall’altra, dal suo estro attoriale.

La consapevolezza che giustifica una tale interpretazione emerge solo alla fine, nell’ultimo capitolo: il narratore è ormai invecchiato, e con gli anni ha maturato il distacco necessario per interpretare correttamente i propri sentimenti, restati tutti senza compimento. Egli può finalmente ammettere che si era perduto mentre cercava, nei corpi di altre donne, le impossibili fattezze di Adrienne: nell’ultima riga della narrazione, infatti, scopriamo che era morta poco tempo dopo aver partecipato al ballo di Loisy. Un fantasma, il suo, che è emblema del sentimento proprio della seconda metà dell’Ottocento.

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