Ravello Lab 2024
Nuove frontiere della Cultura: l’Intelligenza Artificiale
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Tre giorni, oltre 100 partecipanti in tre tavoli di lavoro. Cultura e digitalizzazione tra limiti e opportunità: nelle prossime settimane i lavori dei laboratori saranno condensati nelle ‘Raccomandazioni’ al Governo e agli stakeholder pubblici e privati
COMUNICATO STAMPA
Ravello, 26 ottobre 2024: Si è conclusa la diciannovesima edizione di Ravello Lab – Colloqui Internazionali, il forum europeo promosso da Federculture, dal Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali e dalla Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali.
Le nuove frontiere della cultura: l’Intelligenza Artificiale questo il core dell’evento, in una proposta di approfondimento, confronto, ascolto e conoscenza. Partire dalla rivoluzione attuata dalle tecnologie digitali sul settore dei beni culturali per delinearne limiti, ostacoli e opportunità. Individuare nuovi spunti e visioni, favorire lo scambio di relazioni e consolidarsi quale intelligenza connettiva e collettiva capace di esprimere nuove proposte e ‘Raccomandazioni’ in grado di generare una strategia per un settore culturale, nell’era digitale, sempre più efficace, innovativo e sostenibile.
“Nasce una nuova grande responsabilità per le Istituzioni, gli amministratori locali e le Associazioni impegnate nel mondo della cultura che possono e devono avvertire il dovere di guidare il processo di innovazione promuovendo un uso positivo dell’IA – ha spiegato Alfonso Andria, Presidente del Centro Europeo e del Comitato Ravello Lab -. Le nuove sfide della tecnologia obbligano a elaborazioni come quelle prodotte in questi giorni. Del resto, la radice fondativa di Ravello Lab è da sempre la stretta relazione tra cultura e sviluppo”.
La digitalizzazione sta travolgendo la nostra società: l’indicatore che misura la maturità digitale degli stati membri dell’UE cresce del 20% annuo, trainato dalla banda larga, dall’integrazione dei servizi digitali nella PA, dall’integrazione dei servizi delle imprese.
C’è solo un dato che cresce molto lentamente ed è quello delle competenze digitali. Questo indicatore cresce del 2% annuo e l’Italia è il terzultimo paese europeo per livello di competenze digitali. Il settore dei musei e della cultura arranca in questi processi: se è vero che il 76% dei musei usa almeno uno strumento digitale, ma solo il 20% lo fa nell’ambito di una vera e propria strategia digitale. Solo il 20% ha una biglietteria on line e solo il 5% adotta tecnologie digitali per i processi di conservazione.
Da una ricerca lanciata dalla Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali, che ha già visto più di 1.100 professionisti della cultura rispondere sul loro rapporto con l’IA, emergono luci e ombre: metà del campione ritiene che la IA non interesserà il loro lavoro, mentre l’altro 50% vede opportunità. Due su tre ritengono però di avere bisogno di formazione ma il 75% dei rispondenti ritiene che la IA avrà un impatto significativo nel migliorare le condizioni di accesso ai contenuti culturali.
L’IA è sicuramente una delle più grandi rivoluzioni tecnologiche che l’uomo abbia mai sperimentato, una sfida avvincente e affascinante che ha offerto al laboratorio di idee e proposte svoltosi in Villa Rufolo, numerosi elementi e spunti di analisi, sperimentazioni e riflessioni per impiegare le tecniche di intelligenza artificiale sul patrimonio culturale.
“La diciannovesima edizione di Ravello Lab segna un momento di svolta nella nostra storia, con un tema di grande attualità: l’intelligenza artificiale e la sua applicazione al patrimonio culturale materiale e immateriale – ha continuato Andria -. Il tema portante di quest’anno è stato sviluppato attraverso tre canali tematici ideati in collaborazione con i partner Federculture, la Fondazione Scuola dei Beni e delle Attività Culturali e il Centro Universitario Europeo di Ravello. È stata un’edizione particolarmente stimolante, arricchita dall’intervento del professor Mario De Caro, ordinario di Filosofia Morale all’Università Roma Tre e visiting professor negli Stati Uniti che ha esplorato le luci e le ombre dell’intelligenza artificiale, affrontando complessità e opportunità che derivano da un suo utilizzo responsabile e consapevole. Quest’anno abbiamo avuto il piacere di coinvolgere attivamente giovani studenti delle scuole del territorio: non solo hanno ascoltato, ma hanno partecipato al dibattito, ponendo domande intelligenti e talvolta provocatorie, dialogando direttamente con accademici, esperti e stakeholder. Credo che questo impegno rappresenti un segnale di crescita civile e culturale, espressione di una partecipazione responsabile e significativa per il nostro futuro”.
Il direttore di Federculture, Umberto Croppi: “Ravello Lab che raggiunge il traguardo dei diciannove anni di attività conferma la sua capacità di evolversi, grazie a una leadership tenace e a collaboratori straordinari. Ravello Lab non è solo tenacia organizzativa; è anche la capacità di intuire e intercettare le esigenze di un settore in costante trasformazione. Se oggi rivedessimo tutte le Raccomandazioni formulate in questi anni, vedremmo un resoconto delle trasformazioni fondamentali che hanno attraversato il mondo culturale. I temi affrontati in queste giornate – dall’intelligenza artificiale alla sostenibilità – riflettono le nuove sfide di cambiamento globale su cui ci confrontiamo come professionisti che intrecciano ricerca accademica, gestione e innovazione. È chiaro che non possiamo rispondere alle sfide attuali, come l’intelligenza artificiale, con strumenti e norme di ieri. Oltre a formare, il nostro dovere è anche quello di aggiornarci e imparare continuamente, e Ravello Lab è diventato per molti di noi una vera “università”. Concludo, dunque, anche a nome del presidente Cancellato, ringraziando il presidente Andria, i collaboratori e tutti i partecipanti. Tra due mesi concluderò il mio mandato da direttore di Federculture, ma continuerò a sostenere e alimentare questo splendido progetto”.
Il Commissario Straordinario della Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali, Onofrio Cutaia: “Il tema del digitale è allo stesso tempo acceleratore di complessità e facilitatore di processi. La Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali ha portato a Ravello Lab 2024 una riflessione sulle competenze per abitare e governare la grande sfida della digitalizzazione del settore culturale. È essenziale che le agenzie e gli operatori culturali non restino confinati in modelli obsoleti, ma sappiano adattarsi e innovare, anche nei settori più tradizionali. In questa direzione, occasioni come Ravello Lab sono preziose perché alimentano gli spazio di confronto e di crescita”.
Essere in grado di “dominare” l’intelligenza artificiale utilizzare appieno gli strumenti e le potenzialità che offre, limitando i rischi che invece comporta. Utilizzarla al meglio per migliorare la fruizione culturale, la divulgazione e l’accessibilità, ampliando conoscenza e partecipazione. L’era digitale sta prospettando un profondo cambiamento anche sul lavoro culturale, comprendere questa sfida così rivoluzionaria appare un’esigenza necessaria quanto delicata: articolare così su tre panel i focus portanti è sembrato funzionale per riuscire a restituire risposte concrete e ben strutturate.
Fabio Pollice, Rettore dell’Università del Salento e chairman del panel 1 dal titolo La tecnologia per la cultura: “Le riflessioni si sono dapprima concentrate sul rapporto che lega tecnologia e cultura, sottolineando che tra di esse è opportuno che si sviluppi un rapporto di reciprocità, in quanto, se è vero che la tecnologia può supportare lo sviluppo del sistema culturale, è altrettanto vero che la cultura può e deve contribuire ad orientare e finalizzare l’innovazione tecnologica. Il rischio, infatti, è che ad indirizzare l’evoluzione tecnologica siano gli interessi economici e non le esigenze della collettività e, nello specifico, del sistema culturale. L’indirizzo politico non deve essere tuttavia quello di ostacolare l’innovazione, ma di indirizzarla, rendendola funzionale allo sviluppo della cultura nelle sue diverse espressioni; affinché tecnologia e cultura possano co-evolvere e beneficiare l’una dell’altra, l’innovazione tecnologica va dunque opportunamente governata. Principi guida di quest’azione di governo possono essere quelli di seguito elencati: rendere accessibile a tutti l’innovazione tecnologica per non creare o accrescere i divari sociali favorirne la diffusione geografica per evitare riflessi cumulativi sui divari territoriali. Orientare lo sviluppo tecnologico affinché sia funzionale allo sviluppo culturale. Favorire un’innovazione sostenibile e non speculativa, operando tanto sull’offerta quanto sulla domanda. Promuovere su base territoriale l’adozione di piani integrati di sviluppo tecnologico che vedano il coinvolgimento delle comunità locali. Divulgare “una cultura dell’innovazione” per sostenere l’innovazione della cultura. Orientare l’innovazione tecnologica affinché incrementi la creatività nelle sue diverse espressioni, formare competenze professionali che siano in grado di ridurre la dipendenza tecnologica dei territori e renderli protagonisti attivi dell’innovazione. Utilizzare la tecnologia per sviluppare una sinergia tra fruitori e produttori della cultura, promuovere la nascita e il rafforzamento competitivo di nuove imprese culturali e creative capaci di intercettare e sviluppare l’innovazione”.
Pierpaolo Forte, docente di Diritto Amministrativo all’Università del Sannio e chairman del panel 2 dal titolo Cultura e sostenibilità: “La relazione tra crescita economica e cultura è comprovata, ma il perseguimento della sostenibilità in campo culturale richiede consapevolezza e un approccio responsabile. La cultura non è solo un pilastro della sostenibilità: agisce trasversalmente, supportando altri obiettivi, seppur poco evidenziata nei goals dell’Agenda 2030. Gli operatori culturali devono misurare l’impatto del loro lavoro, anche con l’aiuto di risorse ESG, per orientare investimenti verso il settore culturale e stimolare un’innovazione sostenibile capace di valorizzare il patrimonio come risorsa economica e sociale. Il lavoro delle organizzazioni culturali, con la sua natura simbolica, è cruciale per supportare processi partecipativi e identitari nelle comunità, specie durante le transizioni. La concentrazione turistica in alcuni luoghi necessita di interventi urgenti per ridurre l’impatto sulle risorse e sulle comunità locali. È quindi essenziale adottare strumenti di governance innovativi che distribuiscano i flussi turistici e promuovano la rigenerazione delle città meno frequentate, contrastando le disuguaglianze. Strumenti capaci di riconoscere e, dove ci sono, preservare i beni di arte ed architettura recenti, che siano testimonianze di rilievo culturale, e di promuovere interventi, edilizi, urbanistici e territoriali, di qualità contemporanea, che possono essere importanti anche per la produzione di energie alternative, per agevolare la compatibilità paesaggistica, e costituire nuove forme di paesaggio. Di particolare rilievo innovativo, inoltre, è l’esigenza di prendere sul serio quelli che la letteratura definisce i Servizi ecosistemici culturali, come elementi del patrimonio culturale art. 9 cost., e valorizzare e rendere effettiva la legislazione già esistente al riguardo, sia in ambito europeo che nazionale, che aiuterebbe a comprendere come la sostenibilità non sia un peso, un costo, ma una vera e propria risorsa patrimoniale, che può essere trattata come un capitale economico, capace di generare rendimenti da distribuire”.
Marcello Minuti, Coordinatore Generale della Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali e chairman del panel 3 dal titolo Il lavoro culturale nell’era digitale: “Il tavolo ha discusso l’impatto del digitale e dell’IA sul lavoro culturale, evidenziando la necessità di formazione continua dei professionisti e degli operatori del settore, per accompagnare il processo di dialogo tra AI e professioni culturali. Appare sempre più imprescindibile il ruolo delle soft skills per gestire la complessità e la rapidità del cambiamento digitale. E la necessità di acquisire un mindset digitale adeguato, ossia la capacità di navigare tra i vari aspetti della tecnologia. La nostra riflessione ha toccato tutti i gradi dell’istruzione, fino al sistema dell’alta formazione universitaria, perché qualsiasi strategia per la digitalizzazione dei professionisti della cultura non può non prendere in considerazione la necessità di un intervento nei percorsi educativi. Dalla riflessione è emerso con chiarezza come l’IA possa semplificare i processi amministrativi legati alle attività di tutela e posso favorire l’interdisciplinarità e la comprensione tra discipline diverse. Da tutti è stato condiviso l’invito a favorire il rapporto pubblico-privato e l’inclusione delle aziende tecnologiche nella catena del valore culturale”.
Le riflessioni e i commenti della giornata conclusiva, poi, sono state affidate anche a Orazio Abbamonte, Presidente Fondazione Banco di Napoli, Francesco Caruso Ambasciatore, Valeria Fascione, Assessore Ricerca, Innovazione e Start up Regione Campania, Andrea Punzi, Direttore del Dipartimento di Giurisprudenza della LUISS, Marie-Paule Roudil Vicepresidente CUEBC, già Direttore Unesco Office in New York e The UNESCO Representative to the United Nations e Maurizio Sibilio Prorettore Università degli Studi di Salerno in una tavola rotonda coordinata dal Presidente Alfonso Andria.
I contenuti video dell’edizione 2024 sono consultabili gratuitamente sulla piattaforma di formazione a distanza della Fondazione Scuola dei beni e delle attività culturali all’indirizzo fad.fondazionescuolapatrimonio.it, sul canale YouTube e sulla pagina Facebook Ravello Lab
Ravello Lab 2024 si è svolto con la collaborazione del Comune di Ravello e della Fondazione Ravello e col sostegno del Ministero della Cultura, della Regione Campania, della Camera di Commercio di Salerno, della Fondazione Banco di Napoli, della Fondzione CHANGES, della Fondazione Brescia Musei, Audio Visual, PandA Foundation, Amuseapp, Antares Seduzioni Organizzative.