“Mater urbium, così per primo, in Ab urbe condita, Tito Livio definisce Roma, stigmatizzando per sempre la forma grammaticale femminile utilizzata per descrivere la città: una madre da amare e rispettare, senza altri precedenti. Sia che sia stata identificata con la venerata dea Roma, o nella lupa che ha allattato Romolo e Remo, la città che ha plasmato l’identità culturale dell’Occidente, rendendo ogni suo monumento una testimonianza vivente del passato, è donna”. Raffaella Morselli
Roma si attesta come ambiente principale di affermazione apprendistato. La città non è considerata solamente come luogo di pratica di formazione e mercato ma diviene anche personificazione delle tante artiste che, per nascita o scelta vi hanno operato, contribuendo a potenziare la notorietà di luogo cruciale per lo sviluppo delle loro carriere creative tramite l’epoca moderna.
Nella rassegna: “Roma pittrice. Artiste al lavoro tra il XVI e il XIX secolo”, sono esposti i lavori di 56 donne che hanno oltrepassato i severi limiti della loro epoca, non potendo disegnare dal vivo o uscire liberamente a Roma sono comunque riuscite a esprimere la loro abilità artistica.
Artiste che, provenienti da famiglie di pittori o chiuse all’interno di conventi si impongono in un mondo dominato da uomini che le volevano confinate ai margini e, attraverso la loro emancipazione e autodeterminazione, hanno avuto la volontà di lottare contro le convenzioni.
Una trasformazione complessa e articolata sotto il patrocinio di padri o di mariti, reputate fragili e vulnerabili anche moralmente e spesso obbligate a matrimoni prestabiliti. Le donne, in special modo quelle non aristocratiche erano infatti più esposte a violenze sessuali e al conseguente screditamento della loro reputazione o a rischio povertà.
Sono appunto 56, per un totale di 130 opere le artiste ritrovate, analizzate e commemorate in tale mostra, ospitata presso il Museo di Roma a Palazzo Braschi dal 25 ottobre al 23 marzo 2025, e curata da Ilaria Miarelli Mariani, direttrice della Direzione Musei Civici Sovrintendenza Capitolina e Raffaella Morselli, professoressa ordinaria della Sapienza Università di Roma, con la collaborazione di Ilaria Arcangeli, Ph.D dell’Università di Chieti Gabriele D’Annunzio.
L’esposizione è promossa da Roma Capitale e organizzata da Zètema Progetto Cultura.
Il percorso espositivo della mostra esalta i differenti linguaggi, generi e tecniche adoperati dalle artiste. Le composizioni presenti descrivono la graduale integrazione delle donne nel mercato artistico internazionale e la loro difficile percorrenza nella totale ammissione alla formazione, e alle istituzioni più rilevanti dell’Urbe come l’Accademia di San Luca e l’Accademia dei Virtuosi al Pantheon.
L’itinerario con i suoi capolavori inizia dalle collezioni del Musei Civici della Sovrintendenza Capitolina, vengono mostrate infatti circa 50 opere giunte dalla Galleria d’Arte Moderna, dal Museo Napoleonico, dalla Pinacoteca dei Musei Capitolini e soprattutto dal medesimo Museo di Roma, collegandosi poi con raccolte di altri musei nazionali e internazionali.
Ricordiamo l’Accademia di San Luca a Roma, l’Accademia di Brera a Milano, le Gallerie degli Uffizi a Firenze, la Pilotta di Parma, i Musei Reali di Torino, la National Portrait Gallery a Londra e il Museo Thorvaldsen a Copenaghen.
Nell’ingresso del percorso espositivo è collocato il ritratto di Pietro Paolini: “Ritratto di un’artista” di una enigmatica pittrice del III decennio del XVII secolo.
In un luogo interno spoglio viene riprodotta al centro una donna che rivolge lo sguardo intenso verso l’osservatore mentre si appresta a tracciare un disegno con una delle due estremità dello stilo. La fisionomia della giovane è in armonia con i molteplici personaggi di ritratti con scene allegoriche realizzati dal Maestro.
Recentemente ricomparso sul mercato antiquario e mostrato a New York all’esposizione Time Travel Italian Masters through a Contemporary Lens (2023) presso Petzel Gallery, il quadro è stato appunto attribuito a tale autore.
La prima sala è rivolta a Lavinia Fontana in cui si alternano opere inedite o mai presentate prima.
Il “Primo autoritratto alla spinetta” del 1575, è il più antico autoritratto di Lavinia e una delle tele più precoci di grande qualità pittorica e in ottimo stato conservativo. Il suo prototipo su rame viene dalla pittrice replicato su tela due anni dopo, nel 1577, nell’Autoritratto alla spinetta dell’Accademia di San Luca a Roma. Il successo di esso è dimostrato dalle tantissime copie seicentesche che circolavano in tutta Europa.
Il “Ritratto di giovane nobildonna”, 1590-1600 circa, è caratterizzato da un fondo scuro di un interno non definito dove si distingue il ritratto di una giovane donna leggermente di tre quarti, con un maestoso vestito con una cintura d’oro in vita. Il taglio compositivo è sull’esempio della ritrattistica tradizionale rinascimentale che l’artista aveva appreso nella bottega del padre Prospero.
Proseguiamo con Artemisia Gentileschi con tre opere: “Cleopatra”, “L’Aurora” e “Giuditta e la serva con la testa di Oloferne”.
Nel 1600 le donne pittrici non potevano creare soggetti che non fossero nature morte e ritratti e Artemisia manifesta la sua vena artistica sui modelli del padre che però, all’opposto del realismo idealista di stampo toscano di Orazio, ha uno stile realista e teatrale.
Nel quadro “Cleopatra”, 1620 circa, la regina è raffigurata di tre quarti, in primo piano, con una inquadratura tronica che ne esalta il corpo sensuale. Il suo volume nell’intero spazio si impone attraverso il fondo scuro illuminato dalla luce di sinistra, nuda e rivestita soltanto dall’abito rosso drappeggiato in basso. L’episodio è colmo di erotismo e contemporaneamente di tensione.
La tela “Aurora” ritrae la dea dell’alba dalle dita rosate. Aurora percorre a piedi nudi un campo al crepuscolo risvegliando la natura come una dea della fertilità, parte sottolineata dalle proporzioni matronali e dalle tracce di passate gravidanze sull’addome. Aurora potrebbe essere considerata come un idioma della tecnica caravaggesca dell’artista in cui le immagini sono costituite associando toni più chiari a una preparazione scura sottostante.
Artemisia ripropone la “Giuditta e la serva con la testa di Oloferne”. La tela della Giuditta è leggermente più piccola rispetto all’originale del padre con uno stile tenebroso e dai colori più scuri, caratteristico della sua fase napoletana.
Sostando ancora nel Seicento, una sala è interamente dedicata alla natura morta dove primeggiano Laura Bernasconi e Anna Stanchi.
Prestito eccezionale proveniente dall’Accademia di San Luca un prezioso album con minuziose miniature di piante, frutti, fiori e animali dell’ascolana Giovanna Garzoni. La donna con “Autoritratto come Apollo”, 1618-1620, si riproduce con il capo cinto da una corona di alloro e uno strumento a coda su cui vi è la sua firma.
Termina poi la sezione dei secoli XVI e XVII ed entriamo in altre due sale: quella del ritratto in cui è presente il lavoro di Claudia Del Bufalo che ritrae la sorella Faustina nel suo abito nunziale.
Ancora esposta una produzione di grafica, miniatura e le opere di una insigne architettrice, Plautilla Bricci, con alcuni prospetti ottocenteschi del suo progetto più importante “la Villa del Vascello”.
Mentre la sua “Madonna col Bambino”, 1640 circa, pone l’accento sull’aspetto miracoloso dell’icona, la giovane Plautilla si cimenta per la prima volta con la pittura di grande formato realizzando quella che attualmente costituisce la pala dell’altare maggiore dell’odierna chiesa di Santa Maria in Montesano.
Tramite cinque tele viene raccontato il percorso artistico di Angelika Kauffmann. Citiamo “Ritratto di giovinetta in veste di baccante” 1801, ambientato nella campagna romana, la protagonista è una giovane donna vestita all’antica in prossimità di un albero. In precedenza considerato un autoritratto dell’autrice per via della somiglianza fisica, l’identificazione del soggetto è oggi discussa.
Nell’itinerario è poi presente l’incisora Laura Piranesi e altre pittrici tra cui Elisabeth Vigée, Caterina Cherubini e Maria Felice Tibaldi.
La narrazione mediante il XIX secolo si articola con i molti volti di artiste autoritratte o ritratte da altri ma anche cantanti, autrici, salonnière che esprimono la vitalità e l’energia di tutte quelle donne che hanno partecipato alle tante trasformazioni della società.
Menzioniamo Emma Gacciotti con il “Ritratto di famiglia”, oltre alla “Venere degli Uffizi” e “la Sacra Famiglia dei Vaticani”, entrambe ubicate nei depositi e appena restaurate.
Il percorso termina attraverso le ultime tre sale suddivise per temi: soggetti religiosi e di storia, ritratto, e paesaggio e natura morta, con pittrici come Erminia De Sanctis e Virginia Barlocci.
La rassegna si conclude infine con una mappa, sia esposta che stampata in un essenziale depliant per proseguire la visita a Roma, con le indicazioni di tutte le opere di artiste mostrate in luoghi pubblici e accessibili.
Oltre all’allestimento un catalogo approfondisce il tema con saggi, biografie e due mappe dell’Urbe, prodotto da Officina Libraria.
Attuati poi un ciclo poi di incontri aperti agli spettatori in cui verranno indagati altri ambiti disciplinari con l’affermazione delle donne nel tempo. Saranno presenti ospiti internazionali, noti studiosi nel campo dei gender studies e non solo.
Con la esposizione “Roma Pittrice. Artiste al lavoro tra il XVI e XIX secolo” si rinnova l’impegno della Sovrintendenza Capitolina nel rendere accessibili le esposizioni temporanee. L’evento è infatti ideato per essere visitato dal più vasto pubblico.
E’ prevista infatti la possibilità di ascolto di approfondimenti audio e di fruizione tattile di alcune opere in originale e in riproduzione. Sono pertanto in programma appuntamenti sui dati accessibili a persone con disabilità visiva e uditiva.
“Con questa mostra vogliamo dare voce alle tante donne artiste che tra difficoltà e limitazioni lavoravano a Roma tra i secoli XVI e XIX, rivendicando il proprio spazio nella storia dell’arte. In esposizione vi sono composizioni di grandi protagoniste e di tante sconosciute che meritano di essere scoperte”, dichiara Ilaria Miarelli Mariani.
I capolavori presenti testimoniano il loro estro e genialità regalando uno spaccato della vita culturale e sociale della Capitale. Mediante i loro dipinti le pittrici hanno narrato avvenimenti ed emozioni contribuendo in maniera decisiva alla ricchezza del patrimonio artistico di Roma.
La rassegna si identifica come una significativa occasione per riscoprire e valorizzare il contributo delle donne nell’arte, attraverso un viaggio coinvolgente di secoli di storia e creatività femminile.