Quali sono i prospetti dell’Ucraina?

A fronte della rielezione di Trump e degli aggiornamenti dal fronte il governo ucraino è nuovamente messo a dura prova

La quotidianità di Kiev alle porte del terzo inverno di guerra prosegue incessantemente, ma senza che gli ultimi sviluppi lascino presagire tempi migliori: non mancano le difficoltà nè sul campo dimplomatico nè su quello bellico. Con il ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump si fa sempre più reale lo spettro di una diminuzione del supporto internazionale all’Ucraina, già claudicante sotto il suo predecessore Biden. Molti, infatti, sono stati i paletti che si è imposto ai militari ucraini per l’utilizzo degli armamenti occidentali, i quali sono stati in varietà e in quantità minori rispetto a quelli auspicati da Zelensky e i suoi generali.

La seconda presidenza repubblicana apre una nuova stagione di dialogo fra le cancellerie di Russia e Stati Uniti, fra le quali le comunicazioni si erano cessate a seguito del vertice di Ginevra fra Biden e Putin agli albori del mandato democratico. Trump, che in campagna elettorale ha promesso la fine alla guerra in 24 ore in caso di sua rielezione, ha iniziato a lavorare in maniera informale ai disegni di piani di pace. Tutti si fondano su tre pilastri: congelamento del fronte (probabilmente con l’arrivo di una forza militare a fare da peacekeeper), rinvio dell’ingresso dell’Ucraina nella Nato per una ventina d’anni e l’invio di aiuti militari a Kiev per scoraggiare una nuova aggressione da parte di Mosca.

Tali disegni non incontrano, però, i favori della Russia. Putin infatti porrebbe il veto a ogni soluzione diplomatica al conflitto che veda l’ingresso dell’Ucraina nella sfera geopolitica occidentale e la prosecuzione degli aiuti militari in suo favore. Inoltre, continua ad auspicare a un governo filorusso nel seguito di quanto sta accadendo in Georgia dove la Presidente europeista Zourabichvili lotta ogni giorno contro il Primo Ministro K’obakhidze e il suo partito Sogno Georgiano.

Un altro elemento che scaccia gli scenari di pace è quello per cui il Cremlino al momento vede un cospicuo vantaggio militare in suo favore. I russi sono pronti a lanciare un’offensiva con più di 50.000 uomini, stando alle informazioni del Pentagono, per riprendersi la regione di Kursk che al momento è sotto il controllo ucraino. Fra questi numeri sono presenti anche i rinforzi nord coreani su cui i comandanti di Mosca fanno molto affidamento.

Allo stesso tempo l’avanzata ai danni di Kiev avviene anche sul fronte orientale, dove gli ucraini stanno vivendo un periodo di carenza sia di mezzi che di personale. Gli ucraini tentano di rinforzare le proprie difese ma con estrema fatica. Trincee, denti di drago e fossati anticarro vengono costruiti in massa anche nell’oblast di Dnipropetrovsk dal lavoro incessante delle scavatrici. Tuttavia, soffrono la carenza di droni e di personale specializzato che sappia operarli e piazzare gli esplosivi.

Nel frattempo gli scontri si fanno sempre più veloci e imprevedibili. Se precedentemente il raggio della prima era di massimo quindici chilometri, ora i bombardamenti con i droni possono estendersi anche a venticinque chilometri di distanza. Gli ucraini utilizzano tutto quello che hanno per difensersi, dalle reti anti-drone fino alle matasse di filo spinato, passando per sistemi di disturbo delle frequenze. Tuttavia, i russi sono meglio equipaggiati e i risultati di questa disparità si fanno vedere sul campo di battaglia e spesso la vera difesa consiste nel movimento, specialmente contro le temute KAB (ordigni aerei a guida laser).

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