Perché dedicare una mostra a Carlo Dolci? Perché dedicarla proprio adesso?
A queste domande possiamo rispondere facendo il punto sullo stato degli studi sulla pittura del Seicento a Firenze, ormai da anni al centro di numerose indagini germinate, soprattutto, in seguito alla memorabile mostra antologica sull’arte del Seicento nel capoluogo toscano, curata da Mina Gregori e da Piero Bigongiari e allestita nel 1986 nelle sale di Palazzo Strozzi. A quasi trent’anni di distanza da quella “storica” esposizione dedicata alla pittura fiorentina nell’età barocca – argomento in quel momento ancora oscuro e trascurato da parte della critica dell’arte italiana – molti sono stati gli studi e le indagine rivolti ad artisti fiorentini operanti in quel secolo, che hanno portato alla realizzazione di numerose pubblicazioni a carattere monograf ico e ad esposizioni rivolte a singoli maestri, tra le quali ricordiamo quella dedicata a Francesco Furini (2007-2008). Visto un così intenso diffondersi di interesse per la pittura del Seicento a Firenze era doveroso dedicare una mostra a colui che ne fu protagonista indiscusso, Carlo Dolci.
Artista osannato dai critici e dai biografi del suo tempo per la realizzazione di opere uniche nel loro genere, eseguite con impeccabile diligenza e con un rigore descrittivo che potremmo dire “iperrealista”, Dolci, molto apprezzato anche dai più illustri membri di Casa Medici e della nobiltà europea, si distinse per l’esecuzione di dipinti apprezzabili per la magistrale definizione delle sue figure – spesso raccolte in pose estatiche e quasi baciate da un’avvolgente luce lunare che rende gli incarnati simili alla più pura porcellana – e per l’intrigante e quasi maniacale cura nella resa dei dettagli : dalle stoffe soffici e quasi palpabili delle vesti, agli splendidi gioielli, che, usando le parole del biografo Filippo Baldinucci, erano “imitati in modo sì stupendo (e vero), che, per molto che si toccasse e ritoccasse la tela per assicurarsi che essi fosser dipinti l’occhio ne rimaneva in dubbio”.
Per rendere degnamente omaggio a questo grande maestro sono state selezionate per la mostra quasi cento opere, che, tra dipinti e disegni, esprimono l’alto livello qualitativo raggiunto dall’artista nelle sue creazioni. A fare da cornice alle composizioni di Dolci sono esposti anche dipinti e sculture di altri artisti fiorentini del suo tempo o di poco precedenti e un piccolo ma interessante nucleo di pitture riferibili ai suoi allievi, che ebbero l’onore di preservare il linguaggio stilistico dell’artista fino al Settecento.
Per mettere in luce l’importanza e l’unicità del Dolci la mostra propone o pere di primo piano conservate oltre che nei più importanti musei di Firenze, in rinomate collezioni pubbliche e private straniere, come il British Museum a Londra, il Musée du Louvre a Parigi, gli Staatliche Museen a Berlino, il Nationalmuseum a Stoccolma, il Cleveland Museum of Art a Cleveland, l’Alte Pinakothek di Monaco di Baviera, il Fitzwilliam Museum a Cambridge, l’Ashmolean Museum a Oxford, la Burghley House a Stamford, il Musée des Beaux-Arts a Brest, la Collezione Thyssen Bornemisza a Madrid e ultima, ma non per importanza, la Royal Collection inglese, che, per l’occasione ha prestato la bellissima Salomè con la testa del Battista, mai esposta in Italia.
Ci preme dire che in occasione della mostra è stata avviata una importa nte campagna di restauri, che ha riguardato in particolare dipinti del Dolci provenienti dal territorio fiorentino, oltre ai quadri della Palatina e di altri musei del capoluogo toscano, per un totale di 33 fra restauri completi e revisioni. L’Opificio delle Pietre Dure ha curato poi in particolare il restauro e la campagna di approfondite indagini tecniche sul Sogno di San Giovannino (Galleria Palatina) e sul disegno con David e la testa di Golia, (Milano, Pinacoteca di Brera). E’ stata, questa, l’occasione per approfondire la conoscenza della particolarissima tecnica pittorica di Dolci, che si avvaleva di espedienti del tutto originali, come ad esempio l’uso dell’oro per le aureole, applicato in polvere leggera per ottenere l’effetto di sfumatura. Alcune analisi radiografiche hanno poi permesso di aggiungere notizie del tutto inaspettate alla conoscenza di dipinti anche noti del catalogo dolciano.
Dedicata a Mina Gregori, la mostra è curata da Sandro Bellesi e da Anna Bisceglia, così come il ricco catalogo edito da Sillabe che annovera scritti di rinomati studiosi della pittura fiorentina del Seicento. Attraverso questi studi, molti dei quali dedicati ad aspetti finora mai analizzati dell’attività dell’artista, è stato così possibile ricostruire l’“esatto” percorso operativo di Dolci, grazie anche all’acquisizione di nuovi documenti e alla corretta lettura delle date o delle iscrizioni poste su alcuni dipinti, trascritti negli studi recenti dedicati al pittore, a volte, in modo errato. L’intera revisione del catalogo di Dolci, oggi a volte oscurato da dipinti di dubbia autografia legati strettamente al mercato dell’arte e spesso privi di “storia”, ha portato anche alla scoperta di opere inedite o ritenute perdute, qui presentate per la prima volta.� �
Promotori della mostra il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo con il Segretariato regionale del Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del turismo della Toscana, la Ex Soprintendenza Speciale per il Patrimonio Storico, Artistico ed Etnoantropologico e per il Polo Museale della città di Firenze, la Galleria Palatina e gli Appartamenti Reali di Palazzo Pitti e Firenze Musei.
1616 – 1687
Galleria Palatina di Palazzo Pitti, Firenze
30 giugno – 15 novembre 2015