Ma si è mai sentito dire che le regioni storiche di un Paese, quelle cioè che esistono da sempre, spesso nate prima degli stati nazionali medesimi, si possano cancellare e sopprimere ex abrupto, di punto in bianco, con riga e squadra? E’ come dire che la Germania decida di rimuovere dalla carta geografica dall’oggi al domani la Baviera o la Turingia sia come territori sia come identità oppure la Francia con la Borgogna o la Normandia, aggregandone un pezzetto a sud, uno a nord, uno a ecc. abrogando i rispettivi nomi storici. Non esiste intellettualmente una tale evenienza. Si possono cambiare i nomi, per esempio di Dacia, di Rodesia, di Siam, di Indocina, di Persia, si possono spezzettare o riunire i territori, si possono aggregare ad altre nazioni, ma non dissolvere o far scomparire come se mai esistiti, come un copia-incolla in internet! Se così è, siamo di fronte ad atti di imperio, di ukase, di tribunale speciale, di dogma. La Persia si è trasformata in Iran, il Siam in Thailandia ma è stato solo un cambiamento di identità, pur se storicamente e culturalmente per certi aspetti traumatico.
E da noi invece che deve succedere? Una legge presentata al Parlamento a proposito del riordinamento e ridimensionamento del numero delle regioni italiane, prevede la cancellazione ed eliminazione del Lazio dalla carta geografica dell’Italia! Cioè secondo i relatori di detto progetto governativo il Lazio non conta, si può sopprimere o frantumare a piacimento, cancellarne allo stesso tempo la identità e memoria. Naturalmente siamo convinti che tale proposta susciterà non la indignazione bensì le risa della maggior parte dei parlamentari: è come se si volesse accorpare la Sicilia di Taormina e di Siracusa all’Egitto o quella di Trapani e Palermo alla Libia e, in conclusione, eliminarla come regione e come nome, oppure accorpare il Veneto alla Lombardia, al Friuli, ecc. Qualcuno dirà: nel nostro Paese tutto è possibile. E’ vero, tutto è possibile. Ma nella terra dei barbari e dei fondamentalisti. In realtà desta timore ed apprensione a dir poco che i politici e amministratori delle quattro province cancellate e soppresse stiano a guardare e che nessuno ancora sia sceso in piazza ad informare e a risvegliare.
Il progetto di legge presentato, come già ricordato in altra occasione, prevede che la provincia di Viterbo vada ad essere aggregata ad una macroregione tirrenica con capitale Firenze, Rieti ad una macroregione adriatica con capitale Ancona/Pescara, le province ciociare di Latina e di Frosinone aggregate ad una macroregione campana con capitale Napoli: di conseguenza il Lazio viene ad essere abrogato e cassato, restando in essere la cosiddetta Roma Metropolitana. Il fatto della bontà generale o meno di tale proposta, lo sforzo cioè di risparmiare e di meglio gestire, non viene qui messo in discussione: quanto invece è impensabile a valutare è che si possa ritenere concepibile, da due parlamentari, la fine della regione chiamata Lazio: è come dire: mettiamo una bomba sotto la Torre di Pisa o un kamikaze umano nella Cappella Sistina oppure trasferiamo il Vaticano a Malindi: in effetti tutto è possibile, si dirà, a certi livelli culturali e intellettuali. Ma fortunatamente c’è il Parlamento. E’ da esser certi che tale proposta quando verrà sottoposta all’attenzione dei detentori del potere politico, susciterà a dir poco, ripeto, ilarità. Ma comunque il pericolo sussiste. E allora la iniziativa della riconversione e della contestazione a tale proposta può venire solamente dai sindaci delle quattro province e altrettanto efficacemente dalle associazioni e sodalizi dei cittadini che scendono in piazza e affiancano i sindaci.
Il Lazio è la regione storica dove si è svolta la storia d’Italia, dai suoi inizi, e non fine a sé stessa, ma coinvolgente sia il Paese e sia l’Occidente: i Latini, Roma, il Monachesimo, la Chiesa Cattolica, sono la pietra fondativa della civiltà e della cultura sia in Italia e sia in Europa e l’humus ne è stato il Lazio. Il Patrimonio di San Pietro, la Tuscia, la Sabina, la Campagna di Roma, i Volsci, gli Etruschi, Enea non sono certamente un paio di calzini da cambiare e buttare.
Esiste la Grande Londra, la grande New York, la grande Calcutta: che si costituisca anche normalmente pure la Grande Roma, senza ricorrere a paroloni quali metropolitana: cioè che le quattro province vengano unite e accorpate a Roma che è il più naturale e normale provvedimento e si avrà la Grande Roma o, se così piace, Roma Metropolitana: è pur sempre la capitale d’Italia, si può ben accettare se del caso, che possa avere qualche metro quadrato di più in superficie. Seconda soluzione, anche essa normale e naturale, rispettosa della storia e della tradizione: che resti in essere il Lazio, quale esso si è conservato fino ad oggi, amministrato, è possibile, autonomamente dalle sue province o se del caso, da Roma Metropolitana oppure in extremis rimanga in essere l’organismo regionale.
E’ indispensabile che ci si muova, che si discuta e contesti la proposta governativa: abbiamo ricordato sopra che tutto è possibile! Che non si spranghi la porta quando le vacche sono scappate.
- i grandi personaggi della Ciociaria
Michele Santulli