Luce, natura, spazio ed eleganza delle forme. Sono questi gli ingredienti che nelle mani di Maria Savino si trasformano nelle singolari ed esclusive opere di Percorsi luminosi, la mostra che dal 22 settembre al 14 ottobre 2016 arricchisce gli spazi della Sala Giubileo presso il Complesso del Vittoriano – Ala Brasini diRoma.
Con 23 opere – alcune delle quali realizzate appositamente per l’esposizione romana come quelle della serieFrammenti -, la mostra racconta gli aspetti più significativi dell’evoluzione stilistica e della ricerca artistica in continua trasformazione di Maria Savino (1971, Vimercate), artista poliedrica che ha scelto la luce come medium espressivo principale del suo lavoro.
Elemento in grado di valicare confini e barriere spaziali, scevro di alcun limite di intensità e manifestazione emblematica della vita, è la luce che viene qui adoperata come relazione di idee, collegamento tra gli oggetti e amplificatore di concetti.
Attraverso un affascinate e onirico percorso ideato come un gioco infinito, la mostra Percorsi luminosi trova il suo fulcro nell’opera Torre di Babele. Ruota della preghiera (2012): “Ho plasmato l’argilla creando tanti mattoni. – racconta l’artista Maria Savino – Mattone sopra mattone ho realizzato questa torre rossa, un muro, un cilindro che gira e rigira, abbatte la barriera, apre un varco. Ci sorprende. Una luce abbagliante arricchita da molteplici colori. Giallo, blu, rosso, verde, bianco. Palpita rivelando ogni sfumatura, ogni preziosa diversità (come madre natura ci insegna, la diversità è un dono da sostenere, da difendere). La luce li unisce, si anima, creando una danza di colori infiniti, come fa l’arcobaleno.”
Ad aprire il percorso espositivo, una sequenza dei primi lavori realizzati con lastre in acciaio di forte impatto visivo (come in Percorsi luminosi Rosa e Percorsi luminosi Celeste del 2015), possenti e sinuose forme attraversate da fili di vari colori che si riflettono sulla superficie specchiante dando vita a visioni e sensazioni differenti per l’osservatore.
In questo continuum cronologico ed evolutivo, l’artista presenta poi installazioni tridimensionali luminose monocrome, che amplificano le tematiche già evidenziando il percorso di sinaptici collegamenti per un do ut des: lavori realizzati con materiali e tecnologia semplici (materiali come fili, lampadine led, sfere in plexiglass, smalti, foto, quotidiani, radiografie e altro ancora), che si presentano al visitatore con sfere luminose su basi uniformi di vari colori, come satelliti dai quali partono fili opachi, come rami di vegetazione, segnali di vita. Appartengono a questa sezione opere delle serie Frammenti e Filo conduttore. Fili radicati sorgono e viaggiano su tragitti liberi per relazionare “Mondi” (sfere) e realtà differenti (nell’opera Filo conduttore 6 le sfere, come nel sistema Copernicano, orbitano nell’immenso giallo solare come pianeti culturali relazionati da “fili conduttori”).
La sfericità rende più limpido il linguaggio eliminando angoli chiusi e reconditi, in cui ogni singolo spazio acquisisce pari dignità indipendentemente da ciò che lo anima e dall’energia che lo fa pulsare. Il cangiante alternarsi di colori determina, infine, la dialettica (dei fili) tra opposti (Filo conduttore 8, 2016).
La mostra si conclude con la sua produzione più recente – testimonianza di un percorso reale e/o mentale -, che trae ispirazione dalla ricerca dell’essenza di un vissuto allo stesso tempo individuale e sociale, estrapolando dal caos l’essenza positiva che, come un faro, indica nuovi percorsi luminosi (fanno parte di questo periodo opere come Frammenti fanciulleschi e Frammenti di verità del 2016).
È così che, in alcune installazioni tridimensionali, le sfere diventano trasparenti e riempite con frammenti di radiografie (Frammenti. Introspezione materna del 2016) o di mappe geografiche di territori visitati, input trasudanti di tradizioni e culture differenti che permettono di individuare ed esprimere nuovi stimoli (Frammenti. Percorsi mentali del 2016).