“Vivere ad Akamasoa è innanzitutto azione, non parole: qui non nascondiamo mai la verità, cerchiamo di essere chiari quando affrontiamo problemi e non li aggiriamo ma li guardiamo in faccia: questa è sincerità”. A parlare è Padre Pedro Opeka CM, classe 1948, entrato in seminario a 15 anni nella sua Buenos Aires dove è nato da genitori di origine slovena. Mis-sionario della Congregazione della Missione, Padre Pedro ha scelto da oltre 40 anni di ope-rare in Madagascar in mezzo ai più poveri della terra. Akamasoa che nella lingua locale vuol dire “buon amico”, così si chiama questa incredibile avventura da lui intrapresa 29 anni fa, non è un sogno, ma una realtà concreta.
Una realtà i cui numeri parlano chiaro:
25.000 persone beneficiano del progetto sociale e vivono nei villaggi di Akamasoa. Ognuno di questi villaggi comprende scuole, un dispensario e luoghi di lavoro per adulti: cava, mu-ratura, falegnameria, agricoltura, artigianato.
30.000 poveri ogni anno vengono ad Akamasoa per aiuti specifici: cibo, medicine e vestiti.
13.000 bambini accedono ad un percorso scolastico grazie alle scuole edificate.
3.000 case sono state costruite
Nel 2004 Akamasoa è stato riconosciuto dallo Stato come progetto di pubblica utilità, il che conferma la necessità della sua presenza e della sua azione nel funzionamento sociale generale dell’isola.
Alla base del progetto sociale di Padre Pedro è l’idea di aiutare le persone ad aiutare se stesse.
Tutto nasce nel 1989, nella discarica di Tananarive, la capitale del Madagascar. I poveri, che vedono la discarica come ultimo rifugio dopo essere stati cacciati da città e paesi, sca-vano tra i rifiuti per trovare sostentamento. I bambini dormono coperti dalle mosche. Vi sono morti, giovani e vecchi, senza che vi sia qualcuno che abbia cura di seppellirli. La prosti-tuzione dilagata. Questa immagine, il vedere uomini, donne e bambini che vivono in con-dizioni così disumane, spezza il cuore di Padre Opeka che inizia così a cercare un modo per aiutare questi poveri. Grazie ai primi piccoli aiuti e donazioni ricevute da parte delle
comunità religiose locali, Padre Pedro poté sviluppare la sua idea di come aiutare le persone ad aiutare se stesse. Vicino alla discarica c’era una cava di granito: chiunque fosse disposto a lavorare poteva produrre mattoni, ciottoli, lastre e ghiaia da vendere alle imprese edili, e sarebbe stato pagato, un piccolo salario con cui comprare il riso e nutrire le famiglie. E così, sotto la direzione di Padre Pedro, gli abitanti della discarica si unirono, iniziando a vedere, attraverso il loro lavoro, un piccolo barlume di speranza. Oggi questa realtà, resa possibile grazie all’aiuto di tutti, vuole essere un monito per far sì che Akamasoa non sia un progetto isolato, bensì un esempio da replicare in altre parti del mondo (per informazioni e modalità di sostegno dell’opera di Padre Pedro cliccare al seguente link: http://www.perepedro-aka-masoa.net/).
La Congregazione della Missione che, come vedrete nella infografica inserita in cartella stampa, ha al suo attivo molte missioni in diverse parti del mondo vuole lanciare oggi, in occasione di questa conferenza stampa, un’esortazione molto forte. E lo fa insieme ai rap-presentanti delle Ambasciate presso la Santa Sede di Argentina, Principato di Monaco e Slovenia che sono state da sempre, insieme ai rispettivi governi, sostenitrici di Akamasoa. Questa iniziativa odierna vuole dunque essere l’incipit di un percorso ben più ambizioso che desidera “Fare di un sogno una realtà” . Questo è lo slogan che fa da filo conduttore alla “rete” solidale che nasce oggi, 29 maggio, alla presenza di altri Ambasciatori presso la Santa Sede e che vogliamo coinvolgere nell’obiettivo di far sorgere tante “Akamasoa” in quelle realtà del mondo dove la povertà è ancora un male da sconfiggere. Alla base di questa “rete” solidale contro la povertà mondiale che nasce oggi e che vede come soci fondatori la Con-gregazione della Missione e le Ambasciate presso la Santa Sede di Argentina, Principato di Monaco e Slovenia la globalizzazione della carità, la sfida lanciata lo scorso anno dalla Famiglia Vincenziana, all’indomani dei 400 anni del carisma fondato da San Vincenzo de’ Paoli.
Mai come oggi la carità è chiamata a modellare il presente, come ha ricordato Papa Fran-cesco alla Famiglia Vincenziana in occasione del Messaggio inviato lo scorso ottobre nella ricorrenza del quarto centenario del Carisma: “Questo è tanto più necessario oggi, nella mutevole complessità della società globalizzata, dove certe forme di elemosina e di aiuto, pur motivate da generose intenzioni, rischiano di alimentare forme di sfruttamento e di ille-galità e di non portare benefici reali e duraturi. Per questo pensare la carità, organizzare la prossimità e investire sulla formazione sono insegnamenti attuali che da San Vincenzo giun-gono a noi. Ma il suo esempio ci stimola, al tempo stesso, a dare spazio e tempo ai poveri, ai nuovi poveri di oggi, ai troppi poveri di oggi, a fare nostri i loro pensieri e i loro disagi, perché un cristianesimo senza contatto con chi soffre diventa un cristianesimo disincarnato, incapace di toccare la carne di Cristo. Incontrare i poveri, prediligere i poveri, dar voce ai poveri, perché la loro presenza non sia zittita dalla cultura dell’effimero”.
La “Rete contro la povertà” che lanciamo oggi vuol essere dunque un modo per fare sinergia tra istituzioni di prestigio che possano in un futuro prossimo mettere in atto con opere con-crete una strategia efficace e mirata per contribuire alla globalizzazione della carità.