Refendum Atac: fra bene pubblico e privatizzazioni

Oggi 11 novembre 2018 i cittadini di Roma sono chiamati a votare in un referendum consultivo per la messa in gara del trasporto pubblico comunale. Il referendum, promosso per tutto il 2017 dal comitato “Mobilitiamo Roma” e dai Radicali, nella persona del loro segretario Riccardo Magi, attraverso banchetti in molti luoghi di interesse di Roma, presenta due quesiti:

1) “Volete voi che Roma Capitale affidi tutti i servizi relativi al trasporto pubblico locale di superficie e sotterraneo ovvero su gomma e rotaia mediante gare pubbliche, anche ad una pluralità di gestori e garantendo forme di concorrenza comparativa, nel rispetto della disciplina vigente a tutela della salvaguardia e della ricollocazione dei lavoratori nella fase di ristrutturazione del servizio?”

2) “Volete voi che Roma Capitale, fermi restando i servizi relativi al trasporto pubblico locale di superficie e sotterraneo ovvero su gomma e rotaia comunque affidati, favorisca e promuova altresì l’esercizio di trasporti collettivi non di linea in ambito locale a imprese operanti in concorrenza?”

In sostanza, i cittadini della Capitale sono chiamati a scegliere il destino del trasporto pubblico cittadino. Se è vero da una parte che un servizio pubblico dovrebbe essere, per definizione, controllato dal Comune dove opera, dall’altra le cronache degli ultimi anni hanno testimoniato come la municipalizzata Atac sia un corpo malato, martoriato dall’assenteismo, dagli scioperi selvaggi delle infinite sigle sindacali che rappresentano i propri autisti, dagli incendi dei mezzi, usato come parcheggio per parenti di ogni ordine e grado dai politici di turno. Una messa a gara del trasporto pubblico, con le dovute garanzie e tutele, potrebbe spezzare il giogo di questa catena che ogni giorno provoca disagi e disservizi alla cittadinanza, anche se i risultati dell’esperimento della privatizzazione delle linee periferiche con TPL non ha portato miglioramenti significativi alla viabilità della città.

D’altro canto, con una privatizzazione il Comune di Roma (principale azionista della società) si toglierebbe una spesa a dir poco cospicua: basti pensare che, secondo un’indagine di Andrea Gurincin del Foglio, “negli ultimi nove anni l’azienda pubblica è costata al contribuente circa 7 miliardi di euro fra sussidi e perdite”. Il Comune sostiene inoltre delle spese molto elevate per mantenere sulla strada dei mezzi obsoleti e fatiscenti, con risorse estremamente limitate per l’acquisto di nuove vetture.

Il referendum, oltre a essere meramente consultivo, prevede un quorum del 33% in virtù delle regole previste dal vecchio statuto del Comune di Roma, oggi non più in vigore ma considerato valido in quanto operativo al momento della raccolta firme per il referendum.

Si può votare fino alle ore 20 di oggi nei seggi normalmente utilizzati per le elezioni. A prescindere dalle intenzioni di voto, presentarsi al seggio per dire la propria è un esercizio di democrazia da non mancare. Andate a votare!

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