“Le persone sono stanche”, “gli Italiani non ce la fanno più”, “l’Europa non funziona”, “l’economia non va”, “tutti a casa”, “basta migranti”, “basta corrotti”, “basta criminalità” e così via. È da un bel po’ che si denuncia, ci si indigna, che “c’è chi dice no”. Sembrerà banale, ma ad una semplice e forse ingenua analisi generale della comunicazione politica odierna sembrerebbe che la pars destruens abbia inghiottito qualsiasi discorso politico, o quantomeno abbia la priorità su qualsiasi proposta e pars construens. Le politiche migratorie e socio-economiche dell’attuale governo ad esempio si presentano come la mera attuazione degli annunci per la “riduzione dei migranti” e la “sconfitta della povertà”: la protesta conserva la priorità. Altro esempio: il provvedimento “spazza corrotti” è esplicitamente una legge “contro” qualcosa e qualcuno. Si potrebbero chiamare leggi “contra personam”. Sembrerà semplicistico rilevarlo, ma lo strano schieramento politico che è al governo sembra coalizzarsi in modo più o meno coordinato, anzi in una gara a chi è più agguerrito, “contro” alcune categorie, alcuni nemici, più o meno concreti. L’elenco si è già suggerito: insieme a migranti clandestini, “povertà” e corrotti, troviamo micro-criminalità e criminalità organizzata, l’Europa, i mercati… ma anche i governi precedenti che hanno rovinato l’Italia, la Fornero, e così via. Poi, una volta che si è trasformato un problema che faccia notizia in un’offesa recataci da uno di questi nemici, la soluzione appare semplice: combattere con più forza. Il ruolo della politica sembra essere quello di lottare e vincere, che si giochi in attacco colpendo alcune categorie (chiusura dei porti ed altre politiche migratorie, inasprimento pene per corrotti e criminali, allargamento legittima difesa, diminuzione numero rappresentanti) o in difesa, in un certo senso “riparando” a torti subiti (quota 100, reddito di cittadinanza, aumento fondi per vittime di crimini e forze dell’ordine). Si tratta sempre di una competizione, lo Stato, dalla tua parte, contro gli altri. E si tratta solo di sapere tu da che parte stai.
A ben vedere però il problema non è solo l’attuale governo, e questa logica agonico-dicotomica ha contagiato l’intero contesto della comunicazione politica italiana. L’opposizione ad esempio oggi fatica a trovare parole “sue”, si divide, balbetta, e si rifugia spesso nello stesso stile dell’avversario. Uno stile antico, molto italiano, quello dei guelfi e ghibellini, repubblicani e monarchici, fascisti e antifascisti, berlusconiani e antiberlusconiani, insomma buoni e cattivi. Il governo è “sovranista” e “populista”, e l’opposizione vorrebbe ripristinare un governo “responsabile”. Seppure si giochi solo in difesa, si resta nel gioco di cui sopra.
Cosa manca a questo gioco? Semplicemente, la proposta. La regia, la visione d’insieme di dove si va, al di là di come si compete. E non si tratta semplicemente di programmi e contratti di governo (che è un elenco di promesse definibili come risarcimenti contro i passati governi), ma di narrazione e prospettiva di fondo. Cosa spera la politica italiana? Quale è la sua proposta di fondo e a lungo termine, la sua visione dell’Italia? Al di la di cosa combattono, cosa propongono i politici ai cittadini? Il paese ha da tempo bisogno di una stagione politica davvero coraggiosa (e non avventuriero-propagandistica), che proponga seriamente una stagione di proposte, cioè di riforme e rinnovamento strutturale dell’amministrazione, della giustizia, degli organi rappresentativi, delle autonomie locali, della scuola, dei sindacati e dei corpi intermedi: Insomma c’è bisogno di cambiare veramente e concretamente, al di là dello scontro mediatico e dei facili proclami. Quando lo si capirà?