Recanati, Giacomo Leopardi e L’infinito nell’arte
Fino al 3 novembre un viaggio sensazionale dall’epoca romantica ad oggi: “La fuggevole bellezza. Da Giuseppe De Nittis a Pellizza da Volpedo” a cura di Emanuela Angiuli e “Interminati spazi e sovrumani silenzi. Giovanni Anselmo e Michelangelo Pistoletto” a cura di Marcello Smarrelli.
In mostra grandi artisti comeGiuseppe De Nittis, Emile René Ménard, Plinio Nomellini, Gaetano Previati, Amedeo Bocchi, Ettore Tito, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Giovanni Anselmo e Michelangelo Pistoletto.
A Recanati proseguono le celebrazioni per il bicentenario dalla stesura de L’Infinito di Giacomo Leopardi. A Villa Colloredo Mels, fino a 3 novembre, due mostre che ruotano intorno all’espressione dell’infinito nell’arte in un percorso sensazionale dall’epoca romantica ad oggi: “La fuggevole bellezza. Da Giuseppe De Nittis a Pellizza da Volpedo” a cura di Emanuela Angiuli e “Interminati spazi e sovrumani silenzi. Giovanni Anselmo e Michelangelo Pistoletto” a cura di Marcello Smarrelli. Dopo la fotografia di Mario Giacomelli e la poesia, con l’esposizione straordinaria del manoscritto del 1819 de L’Infinito, l’arte torna ad essere protagonista a Villa Colloredo Mels, aprendo una porta dopo l’altra verso un mondo visibile e infinito. In mostra grandi artisti, come Giuseppe De Nittis, Emile René Ménard, Plinio Nomellini, Gaetano Previati, Amedeo Bocchi, Ettore Tito, Giuseppe Pellizza da Volpedo, Giovanni Anselmo e Michelangelo Pistoletto.
L’indagine sull’infinito comincia in età romantica con la pittura del paesaggio che riflette lo stato emotivo dell’artista osservatore e torna di relativa attualità nell’arte contemporanea, seguendo la necessità di staccarsi dalla quotidianità alla ricerca della propria spiritualità. A duecento anni dalla stesura de L’infinito di Leopardi la mostra vuole essere una riflessione sull’infinitezza nell’arte, un viaggio attraverso opere straordinarie con lo sguardo “al di là della siepe”.
“Infinito Leopardi” è un progetto promosso dal Comitato Nazionale per le celebrazioni del bicentenario de L’Infinito di Giacomo Leopardi, istituito dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali (MIBAC), con la partecipazione di Regione Marche, Comune di Recanati, Centro Nazionale Studi Leopardiani, Casa Leopardi, Centro Mondiale della Poesia e della Cultura, Università degli Studi di Macerata e Sistema Museo.
Le mostre
“La fuggevole bellezza. Da Giuseppe De Nittis a Pellizza da Volpedo”
Nella sezione a cura di Emanuela Angiuli “La fuggevole bellezza. Da Giuseppe De Nittis a Pellizza da Volpedo” il percorso della mostra si svolge nella rappresentazione della natura, disegnata nei luoghi della campagna, sulle rocce, lungo il mare, nei giardini, paesaggi come scenari di molteplici e variegate espressioni. Vestendosi sempre più di note liriche, le vibrazioni dei colori e della luce diventano stati d’animo, spesso luoghi di sogni densi di simboli.
La pittura del sublime, scaturita dalla creatività della cultura romantica che in Giacomo Leopardi trova un’eco nei versi dell’Infinito, nel corso dell’Ottocento cede ad una sensibilità che ha perso il senso del divino perché nuovo è il sentimento del tempo, nella narrazione letteraria come nell’arte.
L’infinito è diventato tempo dell’istante. La natura si fa paesaggio, nasce ormai dal “carpe diem” di un mondo secolarizzato: il divino è in ogni attimo dell’esistenza, nella mutevole bellezza del giorno e delle stagioni. I pensieri della natura nascono dal sentimento della campagna lungo le vie della pittura en plein air che in questa mostra tenta di rintracciare, per strade diverse di luoghi e figure, movimenti e tendenze, una sorta di infanzia invasa di luce e d’aria viva, un mosaico del mondo come palcoscenico di comunità all’aperto.
L’infinito si è fatto luce. La luce che segna il farsi e il disfarsi del giorno, ne cadenza il ritmo, fissa i gesti, accompagnando bambini nel gioco dell’infanzia, le donne nei campi, la bella borghesia di fine secolo nei giardini e sui prati dove l’incontro si fa malinconia, sogno, attesa, breve felicità.
Le opere di Giuseppe De Nittis, Emile René Ménard, Plinio Nomellini, Gaetano Previati, Amedeo Bocchi, Ettore Tito e molti altri pittori presenti è natura stessa in cui sulla scena dell’arte, fino al primo Novecento con Giuseppe Pellizza da Volpedo, scorrono nel «fiume della vita» come in un racconto che trasforma paesaggi e ritratti in un teatro delle emozioni in cui realtà, colore e immaginazione concorrono all’espressività pittorica dei sentimenti.
“Interminati spazi e sovrumani silenzi. Giovanni Anselmo e Michelangelo Pistoletto”
La mostra “Interminati spazi e sovrumani silenzi. Giovanni Anselmo e Michelangelo Pistoletto”, a cura di Marcello Smarrelli, si propone di sondare alcuni riflessi che la questione dell’infinito ha prodotto nell’arte contemporanea, attraverso due protagonisti assoluti della scena artistica italiana e internazionale: Giovanni Anselmo (Borgofranco d’Ivrea, 1934) e Michelangelo Pistoletto (Biella, 1933). Alla fine degli anni Sessanta del Novecento, i due artisti sono stati riuniti dal critico Germano Celant, insieme ad altri artisti oggi molto noti come Mario Merz o Giuseppe Penone, nell’ambito dell’Arte Povera. Praticando un atteggiamento di totale apertura, questa tendenza artistica ha rinnovato l’attenzione nei confronti del mondo naturale e di determinati aspetti come i fenomeni fisici, l’energia, i processi di crescita naturale, i mutamenti chimici della materia. All’interno di questa vasta gamma d’interessi, l’infinito ha rappresentato una delle questioni che hanno maggiormente sollecitato il lavoro dei poveristi. Invitati a rinnovare la riflessione sul tema per questa occasione così speciale, Anselmo e Pistoletto presentano alcune delle opere realizzate nel decennio a cavallo fra gli anni Sessanta e Settanta.
La mostra prende avvio da “Metro cubo d’infinito in stanza specchiante” di Pistoletto. L’installazione, realizzata specificamente per gli spazi di Villa Colloredo Mels, propone una nuova lettura di un’opera storica dell’autore, “Metro cubo d’infinito” (1966). Parte degli Oggetti in meno – una serie di lavori concepiti fra il 1965-66 e caratterizzati da grande eterogeneità – consiste in un cubo formato da sei lastre specchianti la cui superficie riflettente è rivolta verso l’interno, producendo un effetto di rispecchiamento infinito. «Un corpo finito che contiene l’infinito». Nell’ultimo decennio, in rare occasioni, Pistoletto ha riallestito l’opera all’interno di un ambiente specchiante che ne moltiplica all’infinito i riflessi, coinvolgendo il visitatore in un’esperienza percettiva che sfida i limiti umani.
L’infinito è uno dei temi centrali nella poetica di Anselmo, che presenta tre fra le maggiori opere del suo corpus di lavori, dedicate all’argomento. Riflessione che, dalla fine degli anni Sessanta, si è declinata in un ampio catalogo di materiali e soluzioni formali. Parte di una serie condotta dal 1969 al 1975, “Particolare di Infinito” si compone di numerosi disegni a grafite che riproducono frammenti della parola “infinito”, tentativo utopistico di conferire visibilità e misurabilità al concetto. I due successivi lavori impiegano una delle tecniche più note nella produzione dell’artista, la proiezione. In “Infinito” (1971), una diapositiva recante la scritta “infinito” è proiettata da un apparecchio collocato a terra di fronte alla parete: il proiettore ha tuttavia impostato la messa a fuoco a infinito, rendendo la scritta illeggibile. Sull’altare della cappella del palazzo verrà allestita una delle opere più celebri di Anselmo, “Particolare” (1972). Anche questa si serve della proiezione che, in questo caso, interessa la scritta del titolo: la parola “particolare” sarà leggibile sul corpo dello spettatore che avvicinandosi sarà investito dal fascio di luce, conferendogli una qualifica che ne interroga la sua dimensione cognitiva, facendolo diventare parte di un tutto universale.