Il Teatro di Roma dedica un omaggio a Pier Paolo Pasolini:
TEATRO DEL LIDO, OSTIA _ 2 novembre
TEATRO INDIA, ROMA _ 3 novembre
TEATRO GIUSEPPE VERDI, PORDENONE _ 5 novembre
QUESTO È IL TEMPO IN CUI ATTENDO LA GRAZIA
da Pier Paolo Pasolini
drammaturgia e montaggio dei testi Fabio Condemi, Gabriele Portoghese
regia Fabio Condemi
con Gabriele Portoghese
drammaturgia dell’immagine Fabio Cherstich
filmati Igor Renzetti, Fabio Condemi
assistente alla regia Consuelo Bartolucci
Produzione Teatro Comunale Giuseppe Verdi – Pordenone
in collaborazione con Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Teatro del Lido di Ostia,
Centro Studi Pier Paolo Pasolini di Casarsa
Si ringrazia Graziella Chiarcossi
Apre l’omaggio a Pasolini UN SALUTO A PIER PAOLO, sabato 2 novembre (ore 11) all’Idroscalo di Ostia,
con Gabriele Portoghese che leggerà le poesie Una disperata vitalità e Un affetto e la vita.
Il Teatro di Roma dedica un omaggio a Pier Paolo Pasolini con QUESTO È IL TEMPO IN CUI ATTENDO LA GRAZIA, tre tappe di uno spettacolo a firma di Fabio Condemi e Gabriele Portoghese, che ci portano nei luoghi che hanno segnato l’esistenza del poeta friulano. Un viaggio a ritroso che parte da Ostia (al Teatro del Lido il 2 novembre ore 20), passando per Roma, (al Teatro India il 3 novembre ore 21), per terminare nella regione della sua infanzia friulana (al Verdi di Pordenone il 5 novembre).
L’omaggio a Pasolini si apre con UN SALUTO A PIER PAOLO, sabato 2 novembre (ore 11) al Parlo Letterario Pier Paolo Pasolini di Ostia (in Via dell’Idroscalo 170), un appuntamento emozionante con la memoria e il ricordo del grande poeta, per riscoprirne anche alcuni versi con Gabriele Portoghese che leggerà le poesie Una disperata vitalità e Un affetto e la vita.
Lo spettacolo QUESTO È IL TEMPO IN CUI ATTENDO LA GRAZIA propone una biografia onirica e poetica di Pasolini attraverso le sue sceneggiature pensata da Gabriele Portoghese, interprete della pièce e drammaturgo insieme a Fabio Condemi, anche regista. «Sfogliando una sceneggiatura di Pasolini entriamo immediatamente nella sua officina poetica. Lo sguardo su un mondo (quello contadino e preindustriale) che sta scomparendo, le periferie come luoghi di disperata e ultima ricerca della grazia, le “folgorazioni figurative” per i pittori medievali e manieristi studiati sotto la guida di Roberto Longhi, i corpi e la sessualità. Questo è il materiale col quale ci vogliamo confrontare: non il suo cinema (cioè il prodotto definitivo delle sceneggiature) ma il suo sguardo sempre lucido e sorprendente. – raccontano insieme Fabio Condemi e Gabriele Portoghese – Uno sguardo in continuo movimento, pieno di echi antichissimi e sempre pronto a cogliere attorno a sé autentici momenti di grazia e di vita anche se annidati in luoghi pieni di miseria. Uno sguardo che ci riguarda, sempre».
Il tema dello sguardo è un punto centrale dello spettacolo, così come riflettono ancora Fabio Condemi e Gabriele Portoghese: «Si comincia col bambino che vede il mondo, la luce, la natura, sua mamma per la prima volta (Edipo) e si prosegue con lo sguardo antico e religioso sul mondo del Centauro (Medea) e si arriva fino allo sguardo su un’Italia imbruttita dal nuovo fascismo consumista (la forma della città) passando per il tema della sessualità e della “disperata vitalità” presente nel fiore delle Mille e una notte e per la scena della Ricotta nel quale il regista viene intervistato e recita “io sono una forza del passato”. I termini “vede”, “come visto da”, “vediamo”, “guarda”, “Attraverso gli occhi di…” compaiono molto spesso in tutti i testi scelti e creano questo filo rosso sul tema del vedere che è molto importante in un periodo nel quale la capacità di guardare le cose si è atrofizzata. Per questo il materiale letterario che abbiamo scelto è tratto dalle sceneggiature dove, a nostro parere, questa capacità di guardare noi stessi e la realtà raggiunge livelli di chiarezza e di bellezza letteraria».
Il titolo dello spettacolo è tratto da un verso della poesia di Pasolini, Le nuvole si sprofondano lucide, inserita nella raccolta Dal diario (1945-1947), Salvatore Sciascia, Caltanissetta maggio 1954.