Il Neoplasticismo di Enzo Spanò

Il Neoplasticismo di Enzo Spanò

L’architetto, prof. Vincenzo Spanò (Reggio Calabria, 1947) già noto nella sua regione per la pregevole produzione artistica, è stato conosciuto dal grande pubblico nel 2009, in occasione della pubblicazione de La Via Annia-Popilia in Calabria – Rilievo e ricostruzione, (Laruffa editore), suo primo saggio.

La formazione di architetto, in particolare di cartografo, e la passione di escursionista gli hanno reso possibile individuare e scoprire, passo dopo passo, il tracciato dell’antica strada consolare romana (132-128 a.C.), limitatamente al tratto Reggio – Laino, estremità nord della regione Calabria.

L’impegnativa ricerca della via Popilia non distrasse però l’autore dalla sua originaria passione, la pittura, iniziata a coltivare nel 1965, anno della prima personale a Macerata.

Nell’ultimo ventennio, Spanò sperimentò sempre più nuove tecniche e nuovi materiali che elaborò in lavori esposti in numerose mostre tenute in varie località della Penisola, da Reggio Calabria a Cosenza, Roma, Padova e Napoli.

La prima tappa tangibile della sua evoluzione artistica trova riscontro nella mostra “Il Rovescio dell’apparenza” del 2013, tenutasi alla Casa della Cultura “Leonida Repaci” di Palmi.

Per quella occasione ha usato per la prima volta il cartoncino per i “profili”, ossia figure tecnicamente espresse tra astrattismo e geometrismo e simboleggianti un volto visto di profilo. Il materiale povero usato, poggiato su una base uniformemente colorata con pittura acrilica, ci rinvia alla vacuità e alla precarietà della vita dell’uomo moderno.

La forma geometrica utilizzata, un quadrilatero, un triangolo, un esagono, un rettangolo, tutti variamente colorati, presenta delle linee che vanno a confluire nella figura sottostante, quasi a legare la stessa.

Dalla rappresentazione statica dei “profili”, nell’arco del primo decennio del duemila, Spanò è passato a quella dinamica che dà il senso del movimento (“Giocatori del Tempo”, “Corridore disarticolato”, “Gioco sovrapposto” e “Corsa decorativa”). E’ questo il motivo caratterizzante i più recenti lavori della mostra “I Teatri sospesi” di Cosenza (2017) nei quali l’autore approda a un risultato che può definirsi post-astrattista.

Ne “I teatri sospesi” è messa in scena la vita preordinata da un’entità misteriosa ed è resa icasticamente mediante fili “metafisici” in sospensione, come di fatto avviene nel teatro dei pupi dove questi, legati a dei fili, si muovono attraverso la mano invisibile del burattinaio.

Il suo astrattismo è caratterizzato dall’uso di colori intensi, puri, che costituiscono il mezzo espressivo principale col quale si crea un’opposizione cromatica tra ocra e rosso, rosso e viola, ocra e azzurro, verde e bianco, che stanno in relazione con la forma.

Ogni colore ha un valore evocativo: Il rosso è ardente, passionale, il giallo è caldo, il verde è quieto, il bianco è un non colore. Oltre che dell’originale tocco del pennello, l’artista si serve della connessione tra forma e colore per accendere nello spettatore delle emozioni che provengono direttamente dal suo io più profondo.

Il nuovo linguaggio di Spanò può definirsi neoplasticismo, un stile in cui “l’equilibrio che neutralizza e annulla i mezzi plastici è raggiunto attraverso i loro rapporti di proporzione che generano il ritmo vivente.“(Alberto Busignani, Mondrian, Firenze, 1968

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