Teatro Arena del Sole,
via Indipendenza, 44 – Bologna
dal 16 al 19 gennaio – Sala Leo de Berardinis
giovedì e venerdì ore 21.00, sabato ore 19.30, domenica ore 16.00
Antigone
di Sofocle
uno spettacolo di Massimiliano Civica
con Oscar De Summa (Creonte)
Monica Demuru (Ismene, Tiresia, Euridice) Monica Piseddu (Antigone) Francesco Rotelli (Guardia, Emone) Marcello Sambati (Corifeo)
costumi Daniela Salernitano luci Gianni Staropoli
fantoccio realizzato da Paola Tintinelli
traduzione e adattamento Massimiliano Civica
assistente alla regia Elena Rosa
produzione Teatro Metastasio di Prato in collaborazione con Armunia residenze artistiche
e Manifatture Digitali Cinema Prato – Fondazione Sistema Toscana
durata 70 minuti
Massimiliano Civica mette in scena una nuova traduzione dell’Antigone di Sofocle, tragedia greca tra le più attuali, che porta alla luce dell’uomo contemporaneo fratture, dilemmi e problematiche ancora vive nella società odierna.
Lo spettacolo, che vede protagonisti Oscar De Summa, Monica Demuru, Monica Piseddu, Francesco Rotelli e Marcello Sambati, arriva sul palcoscenico del Teatro Arena del Sole, dal 16 al 19 gennaio.
Antigone, l’eroina che per aver compiuto un gesto di pietà, seppellire il fratello deceduto in guerra, viene condannata a morte dal tiranno Creonte, è una delle tragedie più conosciute della letteratura classica, che Massimiliano Civica traduce nuovamente e adatta fornendo una chiave di lettura che si concentra sulla debolezza e sui pregi dell’essere umano, sulle sue capacità e allo stesso tempo le sue meschinità.
L’opera mette in scena conflitti insanabili che non si possono sciogliere: i protagonisti della tragedia sono antagonisti ciecamente convinti di essere nel giusto, e la loro ostinazione conduce entrambi alla rovina.
Un’interpretazione che il regista affronta analizzando il periodo storico politico che Sofocle vive nel momento di scrittura. La tragedia mostrava agli abitanti dell’Atene del V sec. i rischi che avrebbe corso la città qualora si fosse spaccata in due schieramenti contrapposti, insensibili alle ragioni l’uno dell’altro.
Secondo Civica, Sofocle si sforza di mostrare le analogie che legano Antigone e Creonte, il loro condividere una stessa natura, l’ostinazione che è poi la loro “colpa”. Creonte e Antigone sbagliano in un esatto e identico
modo: le loro somiglianze “caratteriali” sembrano essere più importanti delle loro opposte posizioni ideali, entrambi esseri umani contraddittori nelle motivazioni, arroganti e spinti dalle loro passioni.
L’adattamento di Civica si sofferma sul carattere dei personaggi, deinós, come viene definito da Sofocle, termine che indica la sensazione che proviamo davanti a qualcosa o qualcuno che supera la norma, che eccede la misura, che è eccezionale.
«Ma proprio questa loro eccezionalità può essere la loro rovina – afferma il regista –, può essere pericolosa per gli altri, per chi sta loro intorno. Ce lo spiega il Coro, nel secondo stasimo, in uno dei brani più famosi di tutta la tragedia greca, generalmente conosciuto come l’Elogio dell’Uomo. Un elogio però ambiguo, perché l’uomo viene definito l’essere più deinós di tutti. In questo canto l’uomo viene magnificato per la sua attitudine ad andare oltre i limiti, per la sua capacità inventiva, per la sua abilità tecnica di costruire strumenti con cui sottomette gli animali e piega la natura tutta ai suoi bisogni. L’uomo è veramente deinós: un portento spaventoso, una meraviglia orribile, “un miracolo che fa paura” (come abbiamo deciso di tradurlo)».
Questa loro eccezionalità, il bisogno di spingersi oltre i limiti, la continua necessità di creare porta l’uomo a volte verso il bene, a volte verso il male. «L’uomo ha costruito aerei per volare nei cieli e per bombardare città, – continua Civica – ha inventato razzi per andare sulla luna e per distruggere intere nazioni, ha scoperto la penicillina e la bomba atomica: la straordinaria intelligenza, lo spirito di sacrificio e la voglia di compiere imprese eccezionali accomunano Nelson Mandela e Adolf Hitler.
Il carattere deinós di Antigone e Creonte, la coscienza che hanno della loro eccezionalità, li porta all’arroganza, alla superbia, a credersi autonomi, cioè, letteralmente, “a bastare a sé stessi” a considerare sé stessi “l’unica legge da seguire”. Tutti e due non ascoltano nessuno, vanno dritti per la propria strada, conviti di essere nel giusto.
È il messaggio più sconvolgente dell’Antigone: al di là delle nostre idee, che siano giuste o sbagliate, è l’atteggiamento con cui le perseguiamo che è fondamentale. Antigone e Creonte hanno tutti e due delle ragioni storiche logiche, comprensibili, “parzialmente” giuste, ma poiché sono arroganti, superbi, impermeabili alle ragioni degli altri, gli Dei li condannano».
Un conflitto tra esseri umani, tra questione di diritto e legge codificata che prende vita nel Novecento, perché, come spiega il regista, per rappresentare questa vicenda è necessaria una situazione di emergenza, una guerra civile appena conclusa, in cui l’umanità di chi ha lottato viene messa in discussione e la pietà viene a mancare.
I costumi di Daniela Salernitano infatti rimandano chiaramente a un preciso periodo della storia italiana, quello della caduta del fascismo: Creonte è un capo partigiano, Antigone e Ismene sono principesse della famiglia Reale italiana, e il cadavere di Polinice veste la divisa nazi-fascista. Ma il testo non è stato attualizzato, è la traduzione dell’originale greco, senza alcun rimando al periodo storico individuato attraverso i costumi.
«Non intendo, ambientando la vicenda nel periodo finale del fascismo e della lotta partigiana, esprimere alcun giudizio, di qualsivoglia tipo, sul tale periodo storico e sui suoi protagonisti – conclude Civica –. Ma, dopo lunga riflessione, non ho trovato null’altro che potesse scatenare e riproporre il potenziale tragico di quest’opera di Sofocle, in modo altrettanto chiaro.
Le divise storiche degli attori sono vestiti che servono per rivelare, paradossalmente, un animo umano universale. Proprio come Sofocle “riveste” i personaggi del mito di atteggiamenti, parole e opinioni dei protagonisti storici delle lotte politiche dell’Atene a lui contemporanea, al solo scopo di “andare oltre” e svolgere un discorso sull’essenza della natura umana».
Martedì 14 gennaio, ore 18.00 – Cinema Lumière
L’ARENA DEL SOLE IN CINETACA
Il diavolo in corpo
di Marco Bellocchio
introduce Sergio Lo Gatto
in collaborazione con Cineteca di Bologna
Sabato 18 gennaio, ore 16.00 – Foyer del Teatro Arena del Sole
CONVERSANDO DI TEATRO
Incontro con Massimiliano Civica e la compagnia
conduce Marzio Badalì
ingresso libero fino a esaurimento posti
Informazioni:
Teatro Arena del Sole, via Indipendenza 44 – Bologna
Prezzi dei biglietti Sala Leo de Berardinis: da €10 € a € 25 più prevendita biglietteria tel. 051 2910910 – biglietteria@arenadelsole.it, bologna.emiliaromagnateatro.com
Per la replica di sabato 18 gennaio lo spettacolo è audiodescritto per non vedenti e ipovedenti.