Da qualche settimana a questa parte, l’Italia è un Paese che vive nel timore. Ben lungi, per carità, da uno stato di guerra totale o dal rischio di morte ogni volta che si esce di casa. Ma è di certo un Paese colpito duramente dall’allarme Coronavirus – più sul piano emotivo che non su quello, comunque importante, dell’emergenza stessa.
Il fattore emergenziale è sì grave e meritevole dell’attenzione che sta ricevendo – escludendo gli allarmismi da fine del mondo, s’intende – ma il piano emotivo è altrettanto non trascurabile. La paura del Coronavirus non deve regnare sovrana: i rischi per la tenuta della società e dell’economia sono troppo forti, più del virus in sé.
Le misure propugnate dal Governo negli ultimi giorni, inclusa la chiusura delle scuole per due settimane e forse più, vanno a complementare un quadro che già nelle precedenti settimane aveva visto una serie di atti politici volti a limitare l’epidemia locale e la pandemia globale. Si può parlare di esagerazione? Forse sì, ma il rischio opposto sarebbe quello di sovraccaricare il sistema sanitario nazionale al punto che, con un’epidemia a macchia d’olio sul territorio, non si riuscirebbe più a curare nessuno nelle strutture ospedaliere.
Su ciò ha riflettuto certamente il Governo, e non sulla paura, al momento di organizzare le modalità di combattimento al nemico invisibile che ha già reso paranoico più d’un Paese. Eppure, come si accennava, combattere la paura è altrettanto importante.
Mercoledì in serata, il premier Giuseppe Conte è comparso in diretta sulla RAI, annunciando la già vociferata chiusura delle scuole e invitando gli italiani all’unità, alla calma e alla positività in questo momento difficile, facendo riferimento a un “modello Genova” per come è stata affrontata dal suo precedente esecutivo la questione del ponte Morandi. Ha anche rincuorato chi necessitava di risposte sull’economia, promettendo un intervento da parte dell’Unione Europea – che difficilmente potrà rifiutarsi – in termini di flessibilità sul bilancio e conseguente rilascio della pressione fiscale sul piano nazionale.
Ha fatto un certo effetto, peraltro, vedere un Presidente del Consiglio in diretta nazionale per spiegare come ci si soffia il naso o si starnutisce nella piega del gomito.
Di simile portata immaginifica, ma di diverso stampo come al solito, il discorso rilasciato invece dal Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Difendendo l’operato del Governo, col suo stile tipicamente istituzionale Mattarella ha invitato a seguire le pubbliche direttive per evitare il contagio, appellandosi al senso di responsabilità degli italiani e ringraziando per la pazienza e la virtù d’animo i cittadini residenti nelle zone rosse.
C’è anche chi rema contro, però: il leader leghista Salvini è stato additato come irresponsabile per aver affidato alle righe di El Pais, fra i maggiori quotidiani spagnoli, un’intervista in cui affermava che il «Governo italiano è incapace di gestire l’emergenza». Una sorta di sciacallaggio politico per recuperare i consensi persi, che va a sommarsi alla richiesta di trenta miliardi “sull’unghia”, successivamente avanzata come misura alternativa per l’emergenza attuale. Ma c’è poco spazio per la pubblicità, in questo momento di trasmissione non-stop.