I due articoli che chiudono idealmente i Princìpi fondamentali della nostra Costituzione sono oggi di urticante attualità al pari dei primi tre. Emblematicamente gli articoli legati alla dimensione internazionale ‘proiettano’ il Paese nel mondo. Uno slancio ideale ed epocale, volto a ripensare il ruolo dello Stato nel contesto mondiale. Sulle macerie lasciate dalla politica di potenza degli Stati moderni i padri costituenti hanno disegnato un progetto e posto le fondamenta per una nuova architettura geopolitica della pace e della cooperazione internazionale. In quegli anni di metà secolo si è compiuta una scelta che ha fatto da spartiacque nella storia. L’articolo 10 sulla ricezione del diritto internazionale e sullo statuto di rifugiato si iscrive giuridicamente e politicamente in questa svolta storica (Cfr. Convenzione sullo status dei rifugiati, siglata a Ginevra il 28 luglio 1951 e ratificata dall’Italia con L. 24 luglio 1954, n. 722, e il Protocollo relativo allo status di rifugiati, adottato a New York il 31 gennaio 1967 e ratificato dall’Italia con L. 14 febbraio 1970, n. 95); così come l’articolo 11, secondo cui «L’Italia ripudia la guerra», è animato da quello spirito profetico e ricostruttivo di un mondo che usciva dall’ultima guerra mondiale con la precisa intenzione di evitarne una prossima. Lo spirito che ha costruito l’Europa.
A tele proposito, ricordare questi articoli, in questi giorni e anni di continua transizione e disorientamento dell’ideale europeista di fronte alle enormi sfide della crisi finanziaria e migratoria, serve a orientare la rotta. La storia e l’identità autenticamente repubblicane rifiutano scorciatoie nazionaliste e invitano ad un rilancio consapevole del ruolo dello Stato nel contesto europeo e internazionale come promotore attivo di pace, cooperazione e unità: «Il frazionamento dell’Europa è divenuto un assurdo anacronismo. Certamente non si tratta di annullare le frontiere etniche politiche…. le frontiere conservano la loro ragion d’essere se sanno riportare il loro ufficio a ciò che sarà d’ora innanzi la loro missione, direi, spiritualizzata. Invece di essere barriere che separano, dovranno diventare linea di contatto, dove si organizzano e si intensificano di scambi materiali e culturali» (Schuman R., Per l’Europa, 2017, AVE cit. in Lentini G., 2004,Alle radici cristiane dell’Unione Europea, Città Nuova, p. 44-45).