É una trama intima e drammatica, che trascina il lettore nell’incostanza della natura, nel mistero del destino, nella consolazione delle piccole cose, quella del primo romanzo del giornalista Giuseppe Caffulli, collaboratore di quotidiani e periodici. Dopo avere scritto saggi su argomenti diversi e racconti per l’infanzia, l’autore si rivolge con questo libro ad un pubblico più adulto attraverso una storia di amicizia, che offre spunti di riflessione importanti e che non abbandona facilmente. La storia infatti coinvolge il lettore fin dalle prime pagine, che sono più di 200 ma scorrono fluide nell’opera pubblicata dalle Edizioni Terra Santa. Una giovane donna torna alla vecchia baita di montagna in cui ha trascorso le più belle ore della sua infanzia. L’odio per un padre, che l’ha allontanata senza motivo, si mescola ai ricordi lieti e all’apertura di un misterioso plico: una busta gialla contenente un quaderno nero, alcune microcassette e un vecchio registratore. Si dipana così la lunga e struggente confessione di un genitore alla propria figlia, che diventa occasione per riannodare i fili tagliati e riprendere discorsi interrotti, ma anche per riflettere – attraverso la passionale e codarda storia d’amore di un prete – sul proprio ruolo di marito, di padre, di amante. Il racconto disegna il profilo di due uomini contemporanei, le cui vicende si richiamano a specchio, due amici che si sono in qualche modo riconosciuti nei loro errori, nei loro devastanti sensi di colpa, nel loro bisogno di perdono. Una trama intima e drammatica, che attraverso una scrittura vivida trascina il lettore nell’incostanza della natura, nel mistero del destino, nella consolazione delle piccole cose. Sullo sfondo, le montagne della Valle d’Aosta – a volte partecipi, a volte indifferenti – a spiare le mutevoli sorti delle traversie umane. Sono due le vicende che si intersecano nel racconto, la prima è quella che si svolge a distanza, in un dialogo serrato e frammentato nel tempo, tra una figlia e un padre, da lei profondamente odiato, ma che in fondo non ha mai smesso di amare. La seconda è invece quella di un misterioso eremita morto in odore di santità. Due cammini di vita in apparenza lontani e paralleli, e invece composti in un’unica tela. In qualche modo, volendo riassumere e semplificare, senza anticipare troppo per non privare della scoperta della storia avvincente, si tratta della confessione di un genitore alla propria figlia, che diventa occasione per riannodare i fili tagliati e riprendere discorsi interrotti, ma anche per riflettere sul proprio ruolo di marito, di padre, di amante.
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di
Michela Altoviti
27 Giugno 2020