L’antipasto antipatico

Antitetico, anticamera, antisettico, antistante, antifurto, antibagno, antimateria… Che cosa hanno in comune questi termini? Ovvio, il prefisso “anti”. Tale prefisso, però, non sempre determina lo stesso effetto sulla parola che lo segue. Escludendo dalla trattazione il significato scientifico (antigene, antiprotone, anticiclone, antirotazione…), possiamo notare che il lemma assume un significato diverso a seconda dell’etimologia: se deriva dal greco antico, άντί, determinerà un’opposizione al termine successivo (antifurto = contro il furto); se invece deriva dal latino, ante, determinerà invece una precedenza nel tempo o nello spazio (antidiluviano = prima del diluvio universale).

Esiste però una parola composta che riunisce ambedue i significati: “antipasto”. Se scorriamo le pagine (WEB) di un qualunque dizionario, leggiamo: “cibi serviti in tavola prima del pasto”. Secondo questo uso, il prefisso in questione determinerà una precedenza temporale e funzionale a un evento che si terrà di lì a poco, cioè il pranzo o la cena.

In concreto, siamo soliti mangiare piccole porzioni di cibi che non presentino un particolare apporto calorico al fine di far secernere al nostro stomaco succhi che stimolino l’appetito. Si suole persino scegliere, al ristorante, tra antipasto di terra e di mare, suddivisione, però, ormai superata, secondo le ultime tendenze di una cucina integrata e spettacolare.

Seduto di recente al tavolo di un ristorante in compagnia di amici, mi sono trovato, al momento delle ordinazioni, a riflettere su tale opportunità. Notavo che molti commensali si sperticavano nella ricerca della portata che più stimolasse l’acquolina non solo nelle fauci ma anche negli occhi. Fritti vari (fiori di zucca, mozzarelline, olive all’ascolana, patate, persino frutta…), affettati (salumi, prosciutto, lonza, mortadella, salsicce…), latticini (ricotta, di nuovo mozzarelle, scamorze, pecorino, caciotta…) per non parlare degli antipasti di pesce… e le salse variopinte (pesti, marmellate, miele, maionese…). Non oso ora immaginare le conseguenze della lettura delle righe sovrastanti sui miei tre lettori, che potrebbero arrivare alla strage improvvida dei cibi conservati in frigorifero o, agli antipodi, all’antipatica repulsione fino a data da destinarsi verso qualunque forma di alimentazione. Ebbene, sul momento, mi sono sentito strattonato da una parte dall’antica fame che mi caratterizzava dal primo vagito, confortata da una complicità di gruppo che neppure le peggiori gang malavitose vantano; dall’altra, dal buon senso che mi anticipava che non mi sarei goduto la successiva “amatriciana”, ammirata in anteprima sul menù fotografico….

Nonostante avessi capito l’antifona, mi ero lasciato coinvolgere nella follia collettiva ordinando, e consumando, ogni ben di Dio prima dell’agognata pasta. Non avevo tenuto fede al mio anticonformismo innato, cedendo agli inopportuni fritti che mi chiamavano a gran voce: “Robertoooooo…, Robertoooooo…, vieni, siam qui!”. E a differenza di Ulisse, che si era fatto legare per resistere alle voraci e suadenti Sirene, il sottoscritto aveva ceduto senza remore, divorando sì egli con grande avidità le croccanti, profumate e bionde delizie. Il perverso e atteso gusto dei rigatoni all’amatriciana era svanito, consumandoli più per dovere morale (“tanti bambini muoiono di fame”, diceva mia mamma al figlio grassottello) che per edonistica esigenza.

Il seguito è cronaca. Un’altra minima dose di proteine – “E che fai lasci la carne?” – e il dolce per completare il trionfo dell’adipe, salvo poi ricorrere ad antiacidi, antiemetici e antiulcerosi… Ovviamente l’antieconomico conto, elencante ogni singolo pezzo dell’antipasto come fosse monile da gioielleria, si sorbiva per amaro…

L’antipasto?”

No grazie…”

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