TREND nuove frontiere della scena britannica – XIX edizione

TREND
nuove frontiere della scena britannica – XIX edizione

festival a cura di Rodolfo di Giammarco

23 ottobre – 21 dicembre 2020

orario spettacoli ore 21

Teatro Belli

23 ottobre

WALL

di David Hare

cura e interpretazione di Valter Malosti

produzione TPE – Teatro Piemonte Europa

dal 29 ottobre all’1 novembre

HOME, I’M DARLING

di Laura Wade

con Valentina Valsania, Roberto Turchetta, Laura Nardi, Luchino Giordana, Elena Callegari e Roberta Mattei
regia Luchino Giordana ed Ester Tatangelo

produzione pupilunari / Hermit Crab

coprodotto con Teatro del Carro e Compagnia Dracma

9 novembre

THE NIGHTS

di Henry Naylor

lettura in musica

di Elena Bucci e Marco Sgrosso

produzione Le Belle Bandiere

con il sostegno della

Regione Emilia Romagna

dal 19 al 22 novembre

ANGRY ALAN

di Penelope Skinner

diretto e interpretato

da Marco M. Casazza

produzione La Contrada –

Teatro Stabile di Trieste

26 / 27 ottobre

SLEEPLESS.

TRE NOTTI INSONNI

di Caryl Churchill

con Elena Callegari e Mario Sala

regia Lorenzo Loris

produzione Teatro Out Off

con il contributo di NEXT 2019 – Regione Lombardia

dal 2 all’8 novembre

MOUTHPIECE

di Kieran Hurley

con Paola Minaccioni

e Edoardo Purgatori

regia Maurizio Mario Pepe

produzione

Khora.Teatro / Compagnia Mauri-Sturno

in collaborazione con La Forma dell’Acqua

dal 13 al 16 novembre

THE EARLY BIRD /

L’UCCELLINO DEL MATTINO

di Leo Butler

con Valentina Corrao e Roberto Marra
regia Massimo Di Michele

produzione SmartIt

dal 26 al 29 novembre

HEISENBERG

di Simon Stephens

con Antonio Salines e Francesca Bianco

regia Carlo Emilio Lerici

produzione Teatro Belli

1 / 2 / 3 dicembre

BLUE THUNDER

di Padraic Walsh

con Marco Cavalcoli, Mauro Lamanna, Gianmarco Saurino

regia Mauro Lamanna

produzione Divina Mania

dal 10 al 13 dicembre

THE COLLECTOR

di Mark Healy

dal romanzo di John Fowles

con Giorgio Lupano e Beatrice Arnera

regia Francesco Bonomo

produzione a.ArtistiAssociati

dal 16 al 19 dicembre

BOBBY & AMY

di Emily Jenkins

con Petra Valentini e Mauro Lamantia

regia Silvio Peroni

produzione

Khora.Teatro / Compagnia Mauri-Sturno

4 / 5 dicembre

HOLD YOUR OWN/Tiresias, B side

lettura scenica a cura di Bluemotion dal testo di Kate Tempest

regia Giorgina Pi

con Gabriele Portoghese e Giulia Weber

produzione 369gradi/

Angelo Mai/Bluemotion

14 dicembre

ST.NICHOLAS

di Conor McPherson

reading agìto e a cura di Valerio Binasco

Trilly Produzioni

20 / 21 dicembre

MY BRILLIANT DIVORCE

di Geraldine Aron

con Francesca Bianco

regia Carlo Emilio Lerici

produzione Teatro Belli

CICLO PROIEZIONI “TREND LIVE”

24 ottobre ore 18.00 – MEN IN THE CITIES di Chris Goode

10 novembre ore 18.00 – YELLOW MOON di David Greig

11 novembre ore 18.00 – I <3 ALICE <3 I di Amy Conroy

11 novembre ore 21.00 – A GIRL IS A HALF-FORMED THING di Eimar McBride

17 novembre ore 18.00 – THE MATCH BOX di Frank McGuinness

17 novembre ore 21.00 – A GAMBLER’S GUIDE TO DYING di Gary McNair

6 dicembre ore 18.00 – REVOLT SHE SAID. REVOLT AGAIN di Alice Birch

6 dicembre ore 21.00 IN THE NIGHT TIME (BEFORE THE SUN RISES) di Nina Segal

8 dicembre ore 18.00 – EN ATTENDANT BECKETT percorso multimediale ideato da

Glauco Mauri e Roberto Sturno

TREND nuove frontiere della scena britannica

Nell’agosto 2019 ho fatto all’Edinburgh International Festival le prove dei nostri odierni schemi di distanziazione. Per assistere al testo di e con Tim Crouch, “Total Immediate Collective Imminent Terrestrial Salvation”, si era disposti su due file concentriche di sedie tutte ben separate, e si scopriva una scissione tra dimensione quotidiana e mondo parallelo. Ora chi occuperà le poltrone in sicurezza del Teatro Belli per il XIX ‘Trend. Nuove frontiere della scena britannica’ conoscerà altrettanto un allontanamento di postazioni, uno scorporo di contatti: risultato di pareti e di ragionevoli ostacoli post-Covid, e d’una condizione più centrifuga dello spettatore. Questo concetto divisorio è anche il filo irregolare ma presente nei 14 testi che proponiamo. A cominciare esplicitamente dal monologo “Wall” di David Hare, cui si presta Valter Malosti: un muro innalzato per dividere ebrei e palestinesi. A fare da checkpoint è poi, nella storia umana, il letto: rifugio e sede di ostilità in “Sleepless” (Tra notti insonni) di Caryl Churchill, regia di Lorenzo Loris. Una muraglia virtuale è quella tra dimensione contemporanea e adozione artefatta d’un immaginario da anni ‘50 in “Home, I’m Darling” di Laura Wade per Luchino Giordana e Ester Tatangelo. La separatezza può essere data da differenza sociale e plagio narrativo: eccoci a “Mouthpiece” di Kieran Hurley, per Maurizio Mario Pepe. Un muro che s’oppone a far chiarezza su violenze è in “The Nights” di Henry Naylor, lettura per due voci di Elena Bucci e Marco Sgrosso. Uno spartiacque tra i genitori di una bambina scomparsa e la memoria della figlia è in “The Early Bird” di Leo Butler per Massimo Di Michele. Altra parete verticale, in “Angry Alan” di Penelope Skinner per Marco M. Casazza, incombe sull’uomo stufo di sentirsi sbagliato perché uomo. Un muro si frappone tra due età e due caratteri in “Heisenberg” di Simon Stephens per Carlo Emilio Lerici. Un muro c’è fra figli ubriachi e padre tassista in “Blue Thunder” di Padraic Walsh per Mauro Lamanna. Un muro di scarti dolorosi scandisce “Hold Your Own/ Tiresias” di Kate Tempest per Giorgina Pi. Un muro divide sequestratore e segregata in “The Collector” di Mark Healy per Francesco Bonomo. Un muro tra realtà e irrealtà s’insinua in “St.Nicholas” di Conor McPherson per Valerio Binasco. Un muro di due solitudini aleggia in “Bobby & Amy” di Emily Jenkins per Silvio Peroni. Un muro di visioni da donna single gremisce “My Brilliant Divorce” di Geraldine Aron, per Lerici. Nessuna barriera, invece, tra noi e il sostegno del Ministero dei Beni Culturali e della Regione Lazio.

                                                       rodolfo di giammarco

23 ottobre

WALL

di David Hare

traduzione Andrea Peghinelli

cura e interpretazione di Valter Malosti

produzione TPE – Teatro Piemonte Europa

Si parla tanto di muri fisici e mentali e quello che separa Israele dalla Palestina è oggetto di discussione accesa e contraddittoria.

Dopo il viaggio compiuto per scrivere Via Dolorosa, David Hare è spesso tornato in Israele e in Palestina. Con Wall (Muro), ha voluto offrire uno studio penetrante sulle questioni che la barriera di separazione innalzata tra israeliani e palestinesi fa deflagrare, per analizzare ciò che succede sia da una parte sia dall’altra di quel muro. “Come in Via Dolorosa”, ha scritto Billington, “il testo è interpretato da Hare stesso ed è un esempio altrettanto avvincente di reportage, carico di umanità, nella tradizione di James Cameron”, e ha concluso la sua recensione con l’affermazione che “in un affascinante ribaltamento di valori, guardiamo sempre più al teatro, una volta visto come fonte di evasione, per avere questo genere di riflessioni, ampiamente documentate, sullo stato del mondo”.

Si denota in Wall una scelta ben precisa: non insistere sulla violenza, ma raccontare come il muro ha violentemente modificato la regione e la quotidianità di chi abita quella terra. Partendo dall’attentato alla discoteca a Tel Aviv nel 2001 – che portò alla decisione di erigere questa lunga linea di separazione. Hare compie un vero e proprio viaggio (e di riflesso noi con lui) tra i vari check point, incontrando, tra gli altri, lo scrittore David Grossman. Assistiamo alla sua conversazione con amici israeliani sul significato e il senso di questo «recinto di separazione», così lo chiamano gli israeliani, oppure del «muro di segregazione razziale», così lo chiamano i palestinesi. Il punto di forza di Wall è che con delicatezza e incisività emerge come non ci sia nessun vincitore, da nessuna parte, anzi che il muro è «il crimine perfetto perché crea violenza» facendolo passare per un’arma di sicurezza.

Wall di David Hare è più di una conferenza ma meno di un testo drammatico, ha luogo in un teatro […] eppure non è un dramma convenzionale, un interessante ibrido dunque, che si è ulteriormente sviluppato come progetto particolare, attraverso la particolarissima versione filmica in motion capture (si tratta di un film d’animazione) realizzata da Cam Christiansen.

Il mondo non è scontato”, sostiene David Hare, “le nostre reazioni al mondo non sono scontate. Ciò che diviene scontato è la mortale abitudine delle nostre descrizioni del mondo”.

26 / 27 ottobre

SLEEPLESS.

TRE NOTTI INSONNI

di Caryl Churchill

traduzione Paola Bono

con Elena Callegari e Mario Sala

video Davide Pinardi

scena e decorazioni Daniela Gardinazzi, costumi Nicoletta Ceccolini

intervento pittorico Giovanni Franzi

luci e fonica Luigi Chiaromonte, collaborazione ai movimenti Barbara Geiger

spettacolo inserito nel Palinsesto del Comune di Milano “I talenti delle donne”

regia Lorenzo Loris

produzione Teatro Out Off

con il contributo di NEXT 2019 – Regione Lombardia

Lo spettacolo ha debuttato a Milano al Teatro Out Off il 14 gennaio 2020.

Tre coppie a letto. Tre brevi atti di conversazione che, con l’irresistibile, estro tragicomico di Caryl Churchill si sviluppano abilmente intorno alla paura di affrontare la vita. Tre esempi di relazioni sentimentali che testimoniano una fase di cambiamento non solo nell’ambito della vita privata ma che finiscono poi per ripercuotersi di riflesso sulle nostre attitudini sociali. La grande scrittrice con sorprendente abilità introspettiva, affidandosi a una buona dose di humor nero, riesce a ritrarre le caratteristiche che condizionano l’essere umano contemporaneo nell’ambito della coppia, che si riflettono di conseguenza sulle condizioni di vita e sulle prospettive di cambiamento sociale. Caryl Churchill ci presenta, con toni grotteschi e molto divertenti, tre coppie che sono lo specchio di una evidente difficoltà di orientamento dell’uomo e della donna del nostro tempo.

Note di Regia

C’è una didascalia iniziale brevissima della Churchill che accomuna i tre episodi dopo averli differenziati dal punto di vista dello spazio. Tutte e tre le scene si svolgono intorno a un letto matrimoniale è come se assistessimo dal buco della serratura, spiando all’interno di una stanza, avendo come punto di riferimento il letto matrimoniale che ritorna in tutte e tre le  vicende. Proprio il letto che dovrebbe rappresentare per la coppia il rifugio ultimo, il luogo di estrema intimità, di compartecipazione, di massima corrispondenza affettiva e spirituale, diventa il luogo più insidioso entro cui i corpi e le menti dei protagonisti finiscono per sfidarsi senza esclusione di colpi, ferendosi senza via di scampo: quasi una prigione, ovvero l’opposto del luogo sicuro e protetto. Lo spazio sembra mutare di volta in volta, sino a restringersi, e a diventare, nell’ultima scena, totalmente privo di profondità prospettica, quasi schiacciato a ridosso degli spettatori. Tre situazioni distinte anche nel linguaggio: la prima, violenta istintiva carica di frasi volgari dove i personaggi non dandosi tregua, sovrappongono le reciproche battute che arrivano ad essere comiche ed esilaranti e cadono come fendenti una sull’altra, generate dalle viscere più profonde dei propri brutali istinti. La seconda scena, in totale contrasto con la precedente, sospesa invece su atmosfere dilatate, anche buffe, in cui i due protagonisti sembrano fantasmi generati dal sogno di due sonnambuli. E infine la terza che inizialmente ci appare una sarcastica dichiarazione di intenti fatta da due protagonisti che affermano di essere cambiati ma riprecipitano nel gorgo della loro incomunicabilità, scivolando di nuovo nei loro errori di sempre, gli stessi da cui pensavano di essersi liberati. Tre atmosfere diverse, tre notti illuminate prima in modo crudo, spietato e poi onirico, fantastico, per arrivare, nonostante sia notte buia e fonda, all’estrema verità di luci violente e abbaglianti che inondano lo spazio con la luce accecante di una giornata in pieno sole.

Lorenzo Loris

dal 29 ottobre al 1 novembre

HOME, I’M DARLING

di Laura Wade

traduzione Andrea Peghinelli

con Valentina Valsania, Roberto Turchetta, Laura Nardi,

Luchino Giordana, Elena Callegari e Roberta Mattei

assistente alla regia Elena Lunghi

musiche Marco Vidino

coreografie jive Marco Pitorri

light designer Diego Labonia

scene Francesco Ghisu

costumi Ilaria Capanna

video e post produzione Michele Bevilacqua

comunicazione Francesca Melucci
regia Luchino Giordana ed Ester Tatangelo

compagnia pupilunari / produzione Hermit Crab

coprodotto con Teatro del Carro e Compagnia Dracma

prodotto grazie al contributo del Nuovo Imaie

testo Vincitore del Laurence Olivier Award 2019

Judy e Johnny vivono in una deliziosa villetta anni ’50, completa di tutti i comfort che l’epoca può concedere. Judy volteggia per la casa con le sue splendide gonne a ruota dalle fantasie sgargianti, mentre si occupa delle pulizie e dei fantastici manicaretti che prepara per il suo Johnny. Siamo nei magnifici anni ’50! Ma poi, da un cassetto Judy tira fuori un laptop e così scopriamo che la casa, i vestiti e quella vita perfetta sono una messa in scena. Piano piano la carta da parati si scolla, rivelando la realtà delle cose: Judy, manager di successo, ha deciso di abbandonare il competitivo mondo della finanza per diventare una casalinga perfetta anni ’50, trascinando il consapevole Johnny in un gioco che precipita entrambi in un’anacronistica divisione dei ruoli, uomo/donna, confinati in un piano di realtà immaginario. Home, I’m darling ci racconta un estremo rifiuto del mondo contemporaneo, ci riporta all’origine di quella fuga, e alla sua evoluzione, illustrando la forsennata calibratura degli equilibri che regolano il rapporto tra uomo e donna, al ritmo di un jive.

Note di regia

Gli uomini e le donne dei ’50 nell’immaginario comune hanno i volti del cinema hollywoodiano, si aggirano in ambienti glam, dal design curato e le maniglie tirate a lucido. Elettrodomestici di ultima generazione sono presenti in tutte le case, sembra non esistere la povertà nei favolosi anni ’50. Ma dietro i sorrisi smaglianti, i nastri colorati tra i capelli freschi di shampoo e le automobili ultimo grido, si nasconde la disperazione dei sopravvissuti. Gli anni ’50 sono la reazione alla Seconda Guerra Mondiale, la reazione di un Occidente segnato da una ferita così distruttiva e recente da dover essere rimossa. Si guarda avanti, ci si abbandona alla vita, per scuotere via le sanguinose macerie della Guerra, nella certezza che qualcosa d’incredibile arriverà a cambiare in meglio le vite di tutti. Ma questi sono anche gli anni in cui si acuisce il conflitto razziale e cresce la paura per l’altro, inteso come straniero o semplicemente diverso, sono gli anni della Guerra Fredda. Sotto la patina del paradiso domestico, si muove un’inquietudine esistenziale, collera, sfiducia nel futuro. Perché Judy e Johnny, figli del XXI secolo, scelgono gli anni ’50 come ambientazione della loro fuga dalla contemporaneità? Judy, manager qualificata, abbandona il mondo della finanza perchè non sopporta le gerarchie, la competizione sfrenata, il sessismo del mondo del lavoro. E sceglie come rifugio un’epoca che ha fatto di questi precetti un codice sociale, che fonda i suoi cardini sul ruolo della casalinga perfetta. C’è un’inquietudine profonda che attraversa il salotto di Home, I’m darling: sotto le vesti di Doris Day, Judy nasconde una donna inquieta che rimanda all’autodistruzione di Blanche DuBois (Un tram che si chiama desiderio). E Johnny la segue. Questa è la grande invenzione di Laura Wade: una storia di complicità domestica, rappresentata sotto la lente della commedia, ci permette di osservare, attraverso la distanza temporale, l’angoscia che emerge dal divario di genere, tutt’ora irrisolto, ieri come oggi. Home, I’m Darling riesce a porre domande inattese su ciò che le donne, e gli uomini, desiderano nel XXI secolo, sulla natura dell’equilibrio da instaurare per azzerare il gap tra i sessi, e su come alcuni desideri, quelli più profondi di dialogo e integrazione, potrebbero essere realizzati.

Ester Tatangelo e Luchino Giordana

Spettacolo prodotto in Italia grazie al contributo del Nuovo Imaie

Home, I’m darling di Laura Wade è stata co-prodotta dal Theatr Clwyd e dal National Theatre e ha debuttato il 25 giugno 2018, regia di Tamara Harvey al Theatr Clwyd. L’opera è stata poi trasferita al Duke of York’s Theatre di Londra il 26 gennaio 2019. “

dal 2 all’8 novembre

MOUTHPIECE

di Kieran Hurley

traduzione Natalia di Giammarco

con Paola Minaccioni e Edoardo Purgatori

scene e costumi Nicola Civinini

sound design Lorenzo Benassi

foto di scena e video Manuela Giusto
regia Maurizio Mario Pepe

produzione Khora.Teatro / Compagnia Mauri-Sturno

in collaborazione con La Forma dell’Acqua

Perché sicuramente è nobile voler essere una voce per chi non ne ha una, eh. Finché non scoprirai che i senza voce, ce l’hanno una cazzo di voce e potrebbero volerla usare.”

Edimburgo.
Salisbury Crags. Crepuscolo.
Una donna fa un passo nel vuoto. Un ragazzo la tira indietro.
Due vite sono cambiate per sempre.

Libby trascorre le sue giornate nei caffè di New Town e si definisce ancora una scrittrice. Declan è un giovane artista di talento, alle prese con una vita familiare instabile. Mentre creano un’amicizia scomoda, complicata dalle loro differenze sociali e culturali, Libby riconosce l’opportunità di rimettersi in carreggiata e fare davvero la differenza.

Lei ha bisogno della storia di Declan. Ma ha il diritto di appropriarsene?”

Schietto, deciso e intriso di un umorismo inaspettato, Mouthpiece esplora due parti diverse della stessa città, che coesistono l’una all’insaputa dell’altra. L’urgenza narrativa di Mouthpiece si rispecchia nell’attualità dei conflitti che i due personaggi vivono, ponendoci inevitabilmente di fronte a una domanda: è possibile raccontare la storia di qualcun altro senza però sfruttarlo allo stesso tempo?

Dal pluripremiato autore scozzese di Beats (Soho Theatre e film per il cinema), Kieran Hurley torna a teatro con l’acclamato Mouthpiece. Lo spettacolo debutta al Traverse Theatre durante il Festival di Edimburgo (2018) e poi al Soho Theatre di Londra nel 2019.

La compagnia la forma dell’acqua torna per il quarto anno consecutivo a TREND dopo i successi di pubblico e critica Killology (2018), Furniture (2019) e Fuorigioco| The Pass (2017) in scena anche al Piccolo Eliseo nella stagione 2018/2019.

Note di Regia

Il testo di Kieran Hurley affronta due temi: la disuguaglianza sociale e la responsabilità artistica.
Che responsabilità ha un artista nei confronti delle persone reali di cui racconta la storia?
È una vecchia domanda, ma sempre attuale soprattutto nella società di oggi abituata a consumare storie di vario genere, come in un fastfood: dai gossip dei vip, ai reality per finire con i collegamenti tv in zone difficili, il tutto diretto a tempo di pubblicità da mandare in onda quando il climax è al massimo.

Il gioco intelligente e compassionevole di Kieran Hurley va al cuore della questione. Questa è la storia di Libby, una drammaturga scozzese di mezza età, depressa, di classe media, che supera il blocco dello scrittore appropriandosi della voce di Declan, un giovane della classe operaia, infestato da ansie, povero e con un talento per il disegno. Declan è sottile come un guscio d’uovo, è fragile come un pulcino ed è sempre presente il rischio che la vita lo schiacci in un attimo.

Libby sembra offrirgli la salvezza attraverso l’arte, nutrendo il suo talento artistico per il disegno e attraverso l’opera che lei inizia a scrivere su di lui. Ma l’Autore non si limita a renderla un’ovvia, tragica storia di sfruttamento: in tutto, Mouthpiece ricorda esplicitamente al pubblico la struttura e i tempi previsti, e necessari, della narrazione teatrale. Libby si rivolge spesso al pubblico, impartendo piccole lezioni sulle regole della scrittura – dove hai bisogno di conflitto, quando dovrebbe esserci un capovolgimento di fronte. Quindi, mentre la storia si muove attraverso i suoi inevitabili alti e bassi, siamo preparati per quanto accadrà e diventiamo più circospetti.

Mouthpiece è commovente, cupamente esilarante – e ci conduce verso l’appetitoso epilogo che bramiamo – e allo stesso tempo ci chiede in modo intelligente perché vogliamo quel finale…
La vita non ci dà mai finali netti; le persone sono infinitamente più complicate e inaspettate, ci ricorda Hurley.

Maurizio Mario Pepe

9 novembre

THE NIGHTS

una lettura in musica per due voci

di Henry Naylor

traduzione Natalia di Giammarco

drammaturgia sonora Raffaele Bassetti

lettura in musica

di Elena Bucci e Marco Sgrosso

produzione Le Belle Bandiere

con il sostegno della Regione Emilia Romagna

Mi guardi negli occhi. Chi è lei?”

Premiato all’Adelaide Fringe, Naylor si conferma con quest’opera capace di una scrittura graffiante, che in un crescendo di suspense evoca risvolti di una denuncia che non lascia spiragli all’ambiguità.

In occasione del dibattuto caso della sposa dell’Isis Shamina Begun, come da un buco nella memoria del passato emergono contrapposte le figure di Jane Fitz Carter, intraprendente giornalista islamofobica, e del Capitano Kane, mercante di memorabilia militari reduce da un passato avvolto in un omertoso buio.

Decisa a sfruttare l’opinione di un ex-eroe di guerra contro “un’estremista jihadista che odia l’Ovest, la giustizia liberale e la stampa libera”, Carter si impegna in un’intervista da cui affioreranno scenari inquietanti che riguardano valori come identità, idealismo, eroismo, patria e l’incidenza del pensiero etico nella gestione della propria esistenza, mentre si aprono domande che ci riguardano tutti: la violenza va combattuta con una violenza gemella? la vendetta è una soluzione al male? si può credere alla limpidezza del mito? è possibile sfuggire a ciò che si è? In uno spazio disegnato da luci essenziali, due leggii diventano i luoghi di Carter e di Kane, ma anche di testimoni assenti e di fantasmi presenti, nello scorrere di una partitura nella quale le voci si intrecciano alla musica e dove la concretezza della parola sfiora per qualche attimo la poesia segreta che scorre in ogni vita.

Elena Bucci e Marco Sgrosso

SINOSSI:

Come da un buco nella memoria, emergono le figure di Jane Carter, giornalista islamofobica, e del Capitano Kane, mercante di memorabilia militari reduce da un passato avvolto in un omertoso buio. Carter si impegna in un’intervista da cui affiorano scenari inquietanti che riguardano valori come identità, idealismo, eroismo e patria, mentre si aprono domande che riguardano tutti noi: la violenza va combattuta con la violenza? la vendetta è una soluzione al male? si può credere alla limpidezza del mito? è possibile sfuggire a ciò che si è?

dal 13 al 16 novembre

THE EARLY BIRD / L’UCCELLINO DEL MATTINO

di Leo Butler

traduzione Enrico Luttmann

con Valentina Corrao e Roberto Marra

scrittura Gestuale Dario La Ferla

canto a cura di Elena Polic Greco

disegno luci Emanuele Lepore

 assistente alla regia Daniel Pistoni

regia, scene e costumi Massimo Di Michele

produzione SmartIt

Si ringrazia ADDA – Accademia D’Arte del Dramma Antico, Siracusa

Nel mondo spariscono 8 milioni di bambini ogni anno, 22 mila al giorno, 1 milione i bambini che scompaiono in Europa. In Italia scompare un bambino ogni 7 giorni.

È questo il terreno, doloroso e difficile, in cui Leo Butler si addentra con L’uccellino del mattino, in cui l’attualità viene rielaborata e studiata attraverso i canoni della ricerca artistica. Basato su un testo scarno e allo stesso tempo lirico, lo spettacolo è imperniato sul dialogo tra Debby e Jack, genitori di una bambina scomparsa. Più che un dialogo, un flusso di coscienza che scorre magmatico sullo sfondo di un tempo immobile, paralizzato da un dolore totalizzante, in cui tra brusche virate di registro e scambi tra personaggi, i due protagonisti si rincorrono, litigano, si trasformano in altro, accecati dal bisogno e dal dovere di trovare un possibile colpevole.

Butler seziona l’argomento declinandolo in mille prospettive, offrendo al pubblico una visuale ricchissima, popolata da una moltitudine di situazioni e personaggi impersonati dai due genitori. Amore e rancori si mescolano fino ad essere indistinguibili, in questo unicum emotivo morso da varie rabbie. Che toglie il respiro.

Come in un ingranaggio rotto, il tempo è bloccato, ha annichilito ogni possibile futuro. Sì è fermato sul volto dei due giovani interpreti, entrambi ventenni, in quel giorno da cui non si può più scappare, prigionieri di un circolo vizioso di domande che non troveranno risposte.

dal 19 al 22 novembre

ANGRY ALAN

di Penelope Skinner

traduzione Marco M. Casazza

diretto e interpretato da Marco M.Casazza

assistente alla regia Barbara Enna

produzione La Contrada – Teatro Stabile di Trieste

“…Ok nel pomeriggio c’è la sessione sugli uomini vittime di violenza domestica e a seguire il secondo intervento di Angry Alan: false accuse di stupro

poi pausa caffè

e a fine giornata una sessione di gruppo sul riappropriarsi del proprio potere maschile!”

Roger è stufo marcio di sentirsi sbagliato in quanto maschio. Il suo matrimonio è andato a rotoli. La multinazionale per cui lavorava come dirigente lo ha messo in esubero senza tanti complimenti. Sul sito web di Angry Alan, leader del Movimento per la Difesa dei Diritti degli Uomini trova risposte semplici alle questioni complicate che gli affollano il cervello.

Al maschio americano tartassato dalle statistiche sugli stupri e da quella che definisce una Società Gino-centrica, Alan “l’incazzato” offre finalmente messaggi positivi, una riscossa fiera e rabbiosa.

Ma per Roger il destino ha in serbo un ennesimo, ironico colpo basso…

Related Posts

di
Previous Post Next Post

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

0 shares