Marchel Duchamp torna a stupire il pubblico Italiano nella ri-presentazione delle sue opere storiche alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma dall’8 ottobre al 9 febbraio, in una sorta di ri-evocazione dell’esposizione che nel 1965 ne fece l’eclettico imprenditore bolognese Dino Gavina. Vi furono esposti i ‘ready-made’ del collezionista Arturo Schwarz, poi da questi donati alla GNAM nel 1998 e qui ripresentati ispirandosi nell’allestimento alle fotografie scattate il giorno dell’inaugurazione. La donazione Schwarz consta di oltre quattrocentosettanta opere, tra dipinti, sculture, grafiche e fotografie realizzate dall’eclettico artista tra il 1902 (quindicenne) al 1968 e le oltre settanta qui esposte ben ci mostrano il percorso artistico di Duchamp, ma soprattutto l’influenza che egli ebbe sugli artisti italiani, come Baj, Baruchello, Dangelo, Patella che con l’artista hanno avuto rapporti diretti e che daranno voce al Dada italiano.
Duchamp si occupa di pittura agli arbori della sua vita artistica, iniziando da quella sua prima opera eseguita all’età di 15 anni, ‘Paysage à Blainville’ di sapore impressionista, fino ai suoi 25 anni producendo non più di una cinquantina di quadri; nel momento in cui alla ‘pittuta-pittura’ sostituì la ‘pittura-idea’, il concetto stesso di pittura, ha inizio la sua vera opera. La sua è una ricerca tesa all’allontanamento dalla pittura tesa al solo piacere estetico, visivo (quella da lui chiamata la ‘pittura retinica’) verso una pittura al servizio della mente, come era stato fino a cent’anni prima. Così le sue opere del 1912, oltre ad essere i suoi ultimi dipinti, segnano un passaggio fondamentale verso lo studio del movimento, intrapreso dai cubisti e dai futuristi.
Con ‘Nudo che scende le scale’ del 1912 supera l’esperienza cubista scomponemdo il soggetto in frame di momenti successivi, grazie allo studio delle scoperte cinematografiche di quegli anni, e spalanca le porte alla ricerca astratta.
Dal 1915, trasferitosi a new York, Duchamp lavorò a quella che lui stesso definì la sua più importante opera singola, ‘Il grande vetro’ (‘La mariée mise à nu par ses célibataires, meme’): due lastre di vetro che racchiudono lamine di metallo, polvere e fili di piombo. Lasciata poi deliberatamente incompiuta nel 1923, l’opera è considerata tra le più affascinanti e complesse di tutta la storia dell’arte occidentale ed è descritta in dettaglio dallo stesso artista nei suoi appunti.; vi compaiono molti elementi già utilizzati, che ne fanno una sorta di opera antologica, un rompicapo con infinite chiavi di lettura.
E’ il periodo dell’invenzione del ready-made e del fruttuoso contatto/scambio con Man ray e Francis Picabia.
A 100 anni dunque dall’invenzione del primo ready-made, ‘Ruota di bicicletta’ 1913, questa splendida mostra ci racconta il percorso espositivo di Duchamp in Italia negli anni 1964-’65 e l’influenza che ebbe sugli artisti italiani (sezione curata da Carla Subrizi ed esposta in catalogo).
Molto interessante la sezione con i filmati dell’epoca in cui l’artista partecipò sia come attore che come regista, con la collaborazione di Man Ray, e in cui le sperimentazioni dei dischi ottici anticiperanno il concetto dell’optical art.
La riconcettualizzazione degli oggetti quotidiani nei ready-made, oltre ad un valore dissacrante avvicinabile almeno in parte agli intenti iconoclasti del movimento dadaista, al quale Duchamp fu vicino per diversi anni, (pensiamo all’orinatoio su piedistallo ad esempio) porta alla riflessione sulla pittura e fa volgere l’attenzione verso nuove forme di espressione, che portano fino all ‘Merda d’artista’ di Manzoni.
.Già nei suoi ultimi dipinti (‘nudo che scende le scale’) compaiono i segni di una ricerca che verrà poi sviluppata in forme molto differenti.
Nei ready made è possibile distinguere due tipologie: da una parte quelli in cui si scelgono oggetti, o immagini, che hanno un significato forte, sul quale Duchamp punta per ottenere l’effetto desiderato – la Gioconda di Leonardo, l’orinatoio; e dall’altra alla scelta di oggetti del tutto banali, neutri, comuni come lo scolabottiglie, il portacappelli, il cavatappi espressione del principio d’indifferenza visiva. Quindi potenzialmente, con la strategia del ready made ogni cosa può diventare arte e l’arte può a sua volta essere costituita da «qualsiasi cosa». S’aprono cioè le porte al regno del ‘n’importe quoi’, come lo definisce Thierry De Duve. Questo è il punto fondamentale che fa di Duchamp uno degli artisti più importanti nella storia dell’arte, come lo sono stati i geni che di volta in volta hanno ‘sconvolto’ e ‘ripensato’ il concetto di arte stessa, aprendo la strada a nuove ricerche e nuove soluzioni, rivoluzionando dall’interno l’oggetto artistico.
Ed infatti, nonostante sia passato quasi un secolo dalla loro prima apparizione (ed il pubblico dovrebbe essere ormai preparato), i ready made trasmettono ancora inevitabilmente quella sensazione di incomprensibile incongruenza; i ready made sono ancora oggi difficili da affrontare, appaiono in qual
che modo opere paradossali ancora piene della loro carica eplosiva, rivoluzionaria.
Box informazioni:
Duchamp. Re-made in Italy
8 ottobre 2013 – 9 febbraio 2014
GNAM Galleria nazionale d’arte moderna e contemporanea
Viale delle Belle Arti 131 – 00197 Roma
Silvia Andriuoli