I RESTAURI DEGLI AFFRESCHI DELLA BASILICA DI SANT’AGOSTINO IN ROMA

Sant’Agostino è davvero un libro di storia dell’arte. Dalla facciata disegnata da Leon Battista Alberti alla pala d’altare del Caravaggio, all’Isaia di Raffaello, alle opere di Guercino, Lanfranco, Sansovino. Fino a Pietro Gagliardi, un grande dell’ottocento che si confronta con i giganti del Rinascimento”. Rivela la soprintendente di Roma Daniela Porro.

A due passi da piazza Navona a Roma, dietro il complesso dei palazzi del Senato, è situata la chiesa rinascimentale di Sant’Agostino in Campo Marzio, questo il suo nome completo, anche se in realtà, il rione storico in cui si erge è quello di Sant’Eustachio. Lo spazio fu donato agli Agostiniani nel 1286 e a partire dal 1296 fu realizzata una prima chiesa, in cui nel 1455 fu deposto il corpo di Santa Monica. Una nuova, più imponente chiesa, fu cominciata nel 1479, sotto il patrocinio del cardinale Guillaume d’Estouteville, chiesa velocemente ultimata nel 1483; il progetto fu dovuto a Jacopo da Pietrasanta architetto, ingegnere e scultore e a Sebastiano Fiorentino architetto. Ampiamente impreziosita tra cinquecento e seicento, subì una definitiva trasformazione tra il 1756 e il 1761 ad opera di Luigi Vanvitelli, che demolì, tra l’altro, la cupola rinascimentale, prima ad essere costruita in Roma e abbassò il campanile; parallelamente fu edificato il convento e la annessa sagrestia. L’ex convento, distinto da un armonioso atrio rettangolare su via della Scrofa, mantiene ancora diversi ambienti settecenteschi al piano nobile e oggi è sede dell’Avvocatura Generale dello Stato. Nella parte invece che si affaccia su piazza Sant’Agostino è presente la Biblioteca Angelica, fondata nel 1614 dal vescovo agostiniano Angelo Rocca, specializzata in letteratura e filologia, il cui salone fu progettato dal Borromini e poi modificato dal Vanvitelli. La maestosa facciata, ispirata alla chiesa fiorentina di Santa Maria Novella, rivestita con travertino che, secondo la tradizione, fu direttamente ricavato dal Colosseo, a due ordini con timpano triangolare è preceduta da una scalinata; l’interno è a tre navate con volta a crociera e cinque cappelle per parte. In fondo alla navata di destra è ubicata la cappella dedicata al santo patrono della chiesa: Sant’Agostino; posta all’interno la pala dipinta da Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino, bellissimo olio su tela che sovrasta l’altare; è Sant’Agostino tra San Giovanni Battista e San Paolo l’eremita. Per capire meglio l’importanza di questo quadro occorre sapere che questa cappella restaurata da Vincenzo della Greca nel 1636, è stata creata con il dichiarato scopo di celebrare il carattere eremitico della Regola agostiniana. Perciò in quest’opera del Guercino ad affiancare Agostino sono i due grandi eremiti della cristianità e lui stesso indica il cartiglio con la dicitura Eremi Cultores. Ammirando nella cappella Buongiovanni, la pala d’altare, le tele e i dipinti di Giovanni Lanfranco, nelle pareti della navata centrale vi sono gli affreschi che esaltano Maria e la sua vita di Pietro Gagliardi. Nella seconda metà dell’ottocento infatti la basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio fu nuovamente ripristinata, questa volta furono intrapresi però lavori esclusivamente decorativi, ricco progetto realizzato dall’architetto pittore romano. Egli affrescò quasi la totalità della superficie interna della chiesa, in particolare dipinse la cupola, la volta, l’abside, alcuni pilastri della navata centrale e le cappelle laterali del transetto, tra cui quella consacrata a Santa Monica, la madre di Sant’Agostino. Furono lavori in quel tempo molto apprezzati, al punto tale che lo stesso Pio IX volle congratularsi con il pittore per il lavoro eseguito. Collocato sul terzo pilastro di sinistra della navata centrale vi è il Profeta Isaia di Raffaello, l’affresco va letto nella sua interezza, tenendo presente, quindi, anche la scultura sottostante ovvero la Madonna col bambino e Sant’Anna di Andrea Sansovino. Le due opere componevano l’altare Goritz, dal nome del committente, il cardinale lussemburghese Johan Goritz, rilevante e ricercato umanista. Sono entrambi del 1512 e inizialmente costituivano l’altare dedicato a Sant’Anna, nel quale veniva commemorata la genealogia divina di Cristo annunciata proprio da Isaia. Il cardinale Goritz desiderava che il giorno di Sant’Anna tutti i poeti di Roma venissero ad appendere qui i loro componimenti poetici. Nel dipingere il profeta, Raffaello si ispirò, molto chiaramente, agli affreschi della volta della Cappella Sistina, in modo specifico ai personaggi dei profeti e dalle sibille. Come detto, strettamente collegato all’affresco è la scultura sottostante del Sansovino, inserita in una nicchia vera, l’opera ritrae Maria, con in grembo un sorridente Gesù e Sant’Anna, che abbraccia teneramente la figlia e il nipote. Ma nella chiesa di Sant’Agostino vi è anche un altro grande interprete della storia dell’arte: Gian Lorenzo Bernini. Sua, è infatti la progettazione dell’altare maggiore della cappella di Sant’Anna. Nella prima cappella della navata sinistra della chiesa, il quadro la Madonna dei Pellegrini eseguito nel 1604 da Michelangelo Merisi detto Caravaggio, commissionato dalla famiglia Cavalletti, rappresenta uno dei massimi capolavori dell’artista. Secondo una leggenda lo dipinse mentre era rifugiato qui a seguito di un omicidio commesso per ragioni di donne.

Nella prima cappella della chiesa di Sant’Agostino alla man manca, (il Caravaggio) fece una Madonna di Loreto ritratta dal naturale con due pellegrini, uno co’piedi fangosi, e l’altra con una cuffia sdrucita e sudicia; e per queste leggeriezze in riguardo delle parti che una gran pittura haver dee, da’ popolani ne fu fatto estremo schiamazzo”. Scrive Giovanni Baglione: pittore, critico d’arte e autore della prima raccolta edita di biografie d’artista nella Roma del secolo XVII.

La raffigurazione realistica della scena del dipinto suscitò all’epoca un putiferio poiché contrastava un preciso dettame del Concilio di Trento, che vietava esplicitamente di mostrare la Sacra Famiglia, gli apostoli e i santi impegnati in attività di tutti i giorni. In più all’epoca tutti identificarono nel volto della Madonna quello di Maddalena Antognetti, detta Lena, una cortigiana quasi certamente amante di Caravaggio. Una escort, si direbbe oggi. Lo scandalo fu grande e a scagliarsi contro il pittore lombardo furono specialmente, neanche a dirlo, quegli stessi che con Lena erano soliti procurarsi diletto, cardinali e monsignori compresi. A proposito di Madonna, dando le spalle all’abside berniniana, è situata in basso a sinistra della controfacciata una statua di Maria tutta agghindata. A tal punto adornata di brillanti e perle che il Belli in un suo sonetto scrisse:

Insomma, accusì rricca e accusì ciana Cuelle povera Vergine der Parto Nun è più una Madonna: è una puttana”

Un’espressione forte che rappresenta la Madonna del Parto, un riadattamento rinascimentale di un originale romano riproducente Agrippina e suo figlio Nerone. Certo un bel salto quello da Nerone e Agrippina a Gesù Cristo e Maria. Il merito è da ascrivere a Jacopo Tatti, che per omaggiare il suo maestro Andrea Sansovino, si fece chiamare lui stesso Sansovino. Inoltre come possiamo desumere dagli ex voto che la attorniano, essa è la Madonna protettrice delle partorienti.

E un complesso cantiere di restauro sta riguardando la chiesa di Sant’Agostino, scrigno di tanti capolavori, condotto dalla Soprintendenza all’Archeologia, Belle Arti e Paesaggio di Roma, attuato in piena emergenza covid, progetto pluriennale di ripristino dell’intera basilica iniziato nel 2017. Entrando nella basilica siamo travolti da un turbinio di luci e di colori, splendori rinati dell’intero ciclo di pitture murali della navata centrale, della controfacciata, delle Sibille, dei lunettoni e del ciclo mariano della basilica affrescate tra il 1858 – 1868, come già citato, da Pietro Gagliardi con le Storie di Maria e le figure del Vecchio Testamento. Un restauro difficile: 800 mq di decorazione pittorica su ponteggi alti quasi 20 metri. Oltre le pitture l’intervento, che ha riguardato anche le decorazioni a rilievo, gli stucchi, le dorature e le modanature, restituisce alla città un ciclo di affreschi straordinario. Stupiscono i volti delle figure femminili di Gagliardi, con poche pennellate corpose l’artista fa risaltare gli incarnati delicati e preziosi dando luce alle guance delle figure bibliche. Pietro Gagliardi allievo di Tommaso Minardi e Vincenzo Camuccini studia all’Accademia di San Luca. La sua preparazione è influenzata da diversi linguaggi culturali e stilistici propri dei suoi maestri: il recupero neoclassico dell’antico, le reminiscenze barocche e l’ausilio delle teorie nazarene dell’epoca, presupposti del purismo e la ripresa della pittura a fresco. Da qui la facilità nell’utilizzare sia modelli rinascimentali e del primo seicento sia schemi tardo barocchi, attraverso la pennellata chiara e precisa. “Il restauro ha rimesso in luce quella che era la tecnica esecutiva di questo artista: non a caso dalla pulitura delle pitture murali sono emerse le stesse modalità di esecuzione nell’affresco che utilizzavano Michelangelo e Raffaello “ precisa la responsabile del restauro Chiara Scioscia Santoro, “la figura di Rebecca racconta molto di questo pittore, qui sono venute alla luce le incisioni che evocano il sistema di divisione delle giornate di lavoro dell’artista come si usava nel Rinascimento. Si colgono la trasposizione del disegno attraverso l’incisione indiretta, la tecnica cosiddetta dello spolvero e l’applicazione della foglia d’oro. Qui abbiamo una profusione di oro zecchino che aumenta la preziosità di questa decorazione. Le foglie d’oro sono addirittura messe a goccia sul fondo dipinto di giallo chiaro. Una tecnica che rimanda a Melozzo da Forlì”.

Con le sue opere d’arte di grandissimo pregio e di straordinaria importanza, con gli affreschi e le decorazioni che caratterizzano la volta della navata centrale, la basilica di Sant’Agostino in Campo Marzio è tornata finalmente a risplendere, bellezza dello straordinario patrimonio culturale italiano.

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