Paolo Pitti

C’è bisogno di dolcezza!

Tanta, ma soprattutto dolcezza di buona qualità.

Come quella della pasticceria Pitti.

Paolo Pitti è un pasticcere che ha iniziato da giovanissimo. Prima la scuola alberghiera, poi il diploma di cuoco e, last but not least, la passione per la pasticceria.

Finito il servizio militare entra in laboratorio e fa “la gavetta”: dai biscotti fino ai prodotti più complessi. Come dice lui stesso: “La base di tutto sta nella semplicità”.

Nel 2000 coglie l’occasione di mettersi in proprio, a soli 22 anni, e apre la sua pasticceria, con un piccolissimo laboratorio preso in gestione (35 mq in tutto).

Partire da zero vuol dire non avere niente e avere anche un filo di pazzia, rinunciando anche a ingaggi discreti. Ho avuto l’opportunità di entrare in un laboratorio attrezzato, senza negozio: dovevo andare io in giro a vendere”, racconta a proposito del suo esordio.

Inizia con piccoli negozi di alimentari, panettieri, qualche torta per un ristorante. Sono loro i suoi primi clienti: “non mi conosceva nessuno e si dovevano fidare. Ho faticato molto e questo mi ha dato la possibilità di diventare più solido per il futuro”.

Dopo due anni avevo messo su un bel giro e anche i miei genitori, papà Germano e mamma Lillia, mi aiutavano nelle consegne o nel fare qualche dolce semplice.

Sono riuscito a prendere i muri di un laboratorio che ho allestito da zero, ma che aveva anche un punto vendita che si è andato ad aggiungere ai clienti già acquisiti. Macchina del caffè, croissant e colazioni, si univano a tutto il resto”, ci dice.

A oggi, sono 18 anni di laboratorio, con un’attività che è cresciuta nel tempo. Poi, due anni fa, ha comprato un immobile e vi ha trasferito l’azienda. Da piccolissimo laboratorio, a negozio in affitto, fino ad una attività di cui è totalmente proprietario nella città di Montalto Dora in provincia di Torino (https://pasticceriapitti.it).

Ho sempre investito per far crescere il mio laboratorio e perfezionare il mio metodo di lavoro. Ora abbiamo un bel banco di presentazione, un angolo caffetteria, 24 tavoli e facciamo anche aperitivi” racconta (giustamente) con orgoglio.

Sono stati impiegati anche i terreni di famiglia, trasformati in terreni agricoli, dove si coltiva mais che poi si macina con un mulino a pietra, sempre di proprietà, per fare i biscotti. È stato creato un orto, piantando mirtilli, piante da frutta, etc. Tutte materie prime che alimentano il laboratorio. “Almeno, se dobbiamo fare una torta di mele, la facciamo con le nostre mele”. E questo aspetto è fondamentale per il/la cliente che si reca in pasticceria. Biscotti a base mais e frutti di bosco sono solo un esempio di valorizzazione dei prodotti del territorio

E poi il cioccolato e le nocciole che sono importantissimi da queste parti: il gianduia si ritrova in molte ricette.

Ma fra i molti dolci che confeziona, qual è il suo preferito?

Un dolce su tutti o “l’”ingrediente più importante.

Paolo Pitti si schernisce e non fa torto a nessuna specialità: “Ci sono talmente tante cose che non saprei identificarmi solo con una. Usiamo molto la farina di mais rosso, da noi macinata: un mais non ibridato, molto antico, che si raccoglie, pulisce, monda a mano, con cui fare tortine di mais, chiamate “polentine di Ivrea”, con uvetta e marmellata, oltre alle paste di meliga (mais in piemontese): un biscotto con farina di mais, burro, uova e zucchero”.

Le qualità di mais, ci spiega, Sono molte. In totale 8, e il suo laboratorio ha una di queste tipologie.

Ma quel è l’obiettivo di Paolo per questo 2021?

Sicuramente, perfezionare e modernizzare ancora di più i processi produttivi. Sempre più prodotti del territorio, rivisitati in chiave moderna.

Come la produzione interna del caffè: “ho comprato un tostino e ora vogliamo prendere i chicchi di caffè verde, per fare le nostre miscele, tostate in casa”.

Quindi, fra i “buoni propositi” dell’anno nuovo, vi è quello di aumentare costantemente la qualità ed essere sempre propositivi. “Voglio essere performante ed esclusivo!”

Faccio quello che mi piace e non ho rimpianti. Ciò che mi è sempre piaciuto è realizzare quello che mi passa per la testa: dare concretezza alle mie idee” soggiunge Paolo.

Un tratto non di poco conto per un artigiano che ama appassionatamente il proprio lavoro.

Ma quali sono gli ostacoli lungo la strada?

La burocrazia e il relativo habitus mentale a risolvere i problemi, in primis, poi la capacità di correre qualche rischio e di non pensare troppo al denaro. L’importante è costruire qualcosa e reinvestire costantemente. La famiglia è molto importante: “mi hanno aiutato quando nessun altro lo avrebbe fatto”, dice con gratitudine.

Perché, di momenti difficili, ce ne sono stati nel corso degli anni!!!

Momenti difficili perché era giovane e poco conosciuto, e ha avuto bisogno di tempo per affermarsi e per lavorare con ambizione e pazienza. E i risultati sono arrivati.

Questo mondo ha subìto delle alterazioni a opere della televisione, grazie ai grandi pasticceri e chef che hanno portato ila lavoro di pasticceria in televisione, mostrandolo agli occhi di tutto. Gli è stata data così una nuova nobiltà. Anche se, purtroppo, è passato anche un messaggio sbagliato ai giovani, nel senso che occorre incominciare, “con umiltà”: dal lavare i piatti, dopo un mese di apprendistato si comincerà a sporcare di meno, si rispetterà di più il lavoro degli altri e delle altre. Qualsiasi scuola alberghiera ha tanti studenti e studentesse, ma solo circa il 5%, forse, arriva al successo. Non è un lavoro che possono fare tutti e tutte e questo crea un distacco sociale non indifferente. Il rovescio della medaglia, però, è che ti circondi solo di persone vere, disposte a sacrifici pur di stare in tua compagnia. Chi è con me ora, mi apprezza per quello che sono e quello che do”, racconta di sé Paolo e delle persone con le quali lavora.

E chissà che, in un prossimo futuro, non approdi anche lui in televisione per offrire un modello alternativo di pasticcere e di pasticceria. Sarebbe…la ciliegina sulla torta!

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