Andrea Iacomini è un giornalista.
Un giornalista che lavora in prima linea sul fronte della protezione della vita di bambini e bambine.
Lavora, infatti, come portavoce dell’Unicef, su un progetto nato dopo oltre 2 anni e mezzo di incontri in scuole e piazze, per raccontare le storie di bambini e bambine che vivono guerre, fame e povertà.
Lui testimonia quello che vede, le storie di chi non ha voce o che è troppo lontano/a per essere sentito/a. Le storie che stanno dietro i viaggi e gli incontri effettuati, per risvegliare le coscienze. Narra della capacità straordinaria dei bambini e delle bambine di reagire al peggio che possa esserci.
Dal 2014 è “INVIAGGIO” in scuole, università, piazze ed eventi dove racconta le sue esperienze sul campo con un monologo multimediale fatto di immagini, storie, video, aneddoti che ha toccato circa 400 comuni italiani, da Nord a Sud.
“Tutti giù per terra”: racconta le morti in mare dei profughi e delle profughe che scappano dalle guerre.
“Il giorno dopo” è un libro, un mix di biografia personale e di riflessioni, che si interroga su una questione: “esiste una capacità di cambiamento che è dentro di noi? Abbiamo tutti/e la possibilità di cambiare la nostra vita?” si chiede.
La felicità è qualcosa di talmente enorme che è difficile da raggiungere, ma vive la sua vita e la sua professione come una missione a tempo: ci sono momenti in cui bisogna dare tutto sé stesso e altri in cui bisogna riposarsi. Per stare di fronte alle tante “brutture” del mondo e del peggio che l’umanità possa esprimere, occorre ricaricare le batterie per poter proseguire nel proprio lavoro e nella missione divulgativa.
Oggi chi vuol fare il/la giornalista non deve avere paura, deve credere in quello che fa, senza condizionamenti e senza pensare che il contesto in cui vive possa essere tale da soffocarne i sogni. L’evoluzione della comunicazione è costante, ma la carta stampata non è morta: occorre quindi rischiare per essere più felici.
“Rischiare” di essere felici. Addirittura!
La sua prima missione è stata in Sierra Leone, non sapeva cosa sarebbe accaduto e ha avuto paura, ma “dove ci siamo noi non c’è paura: crescendo la scacciamo”, racconta a proposito del proprio lavoro di reporter
I suoi nonni sono abruzzesi, suo padre è abruzzese, ma lui è nato e cresciuto a Roma; vincere il premio Ignazio Silone per lui è stato un onore: “un premio dedicato alle persone che hanno creduto in lui nei momenti difficili.” L’Abruzzo è una terra meravigliosa che ha bisogno di essere proposta e fatta conoscere. Un tema di cui forse ci dovremmo occupare di più è proprio quello del terremoto del 2009, ma forse abbiamo priorità mediatiche che ci prendono maggiormente e la questione finisce per passare in secondo e terzo piano.
Quali sono i suoi progetti futuri?
Non molto diversi da quello che sta facendo attualmente: aiutare i bambini e le bambine bisognosi/e in Italia, raccontando nuove storie. Le loro storie. Lui odia lo smart working, che lo tiene chiuso in casa e lontano dai luoghi in cui si svolge la vita reale; sente il bisogno di viaggiare e di tornare “on the road”.
Occuparsi degli altri e delle altre, interagire, cooperare: questa è la sfida futura, soprattutto in questo periodo di Covid19.
“Non guardare troppa televisione” diceva suo padre e oggi bisogna fare lo stesso con i ragazzi e le ragazze, che sono troppo presi/e da internet e dai social.
Tv e social propongono ciò che altri e altre vedono e mettono in evidenza. Occorre imparare a guardare e a vedere con i propri occhi e a mostrare quello che viene taciuto o sottaciuto. Altrimenti si finisce per conoscere solo uno spicchio della realtà di questo mondo: il proprio.
Per chi fosse interessato/a all’argomento, può leggere anche quest’altro articolo della rivista “Eventi Culturali”:
ANDREA IACOMINI: L’impegno dell’UNICEF.Salvaguardare l’innocenza dei bambini