Nessuno poteva immaginare che fossero tanti gli artisti e gli attivisti desiderosi di sostenere Ceci n’est pas un blasphème, il Festival per la libertà d’espressione che si svolgerà a Napoli dal 10 al 30 settembre di quest’anno nel bellissimo Palazzo delle Arti (PAN), concludendosi proprio nella giornata internazionale della blasfemia.
Mentre pervengono ogni giorno richieste di adesione e manifestazioni di interesse, gli artisti sostenitori della campagna Dioscotto, che promuove il Festival, hanno messo a disposizione le opere per essa realizzate affinché fossero utilizzate per finanziare la manifestazione, in aggiunta al crowdfunding attivo sulla piattaforma GoFundme.
La vendita di beneficenza è dal 5 maggio. Si tratta di esemplari unici o serie limitate, ma gli importi delle donazioni necessarie per ricevere le opere sono assolutamente accessibili: lo scopo è sostenere le spese e aggregare i simpatizzanti in modo concreto, consapevole e attivo intorno al progetto. La censura si contrasta non solo denunciando le situazioni in cui essa si verifica, ma soprattutto foraggiando la produzione di opere libere.
Ceci n’est pas un blasphème difende la libertà d’espressione dagli attacchi fondati su motivi religiosi. Si prefigge di ricordare che la rappresentazione di una immagine è sempre raffigurazione, trasposizione simbolica e soggettiva, interpretazione. L’accusa di blasfemia incoraggia i sentimenti religiosi a requisire tutele speciali.
Il Festival ha il merito di attestare il valore estetico, culturale, etico dell’arte anticlericale che, a seconda delle peculiarità dei diversi generi, contribuisce a emancipare il pensiero dalle superstizioni, offre strumenti critici contro gli abusi di potere, rielabora le paure, le angosce, i conflitti.
Le opere Dioscotto messe in vendita sono state esposte nel 2019 all’interno di uno spettacolare allestimento progettato da Agostino Granato. Sulla pavimentazione di Piazza Dante fu tracciata la planimetria di un appartamento. Le opere anticlericali esposte venivano così rappresentate come una collezione privata, all’interno di uno spazio protetto e perimetrato. La dichiarata intenzione di non invadere lo spazio pubblico, era però volutamente annullata dall’assenza di pareti e divisori, sicché gli oggetti artistici erano al tempo stesso mostrati in “trasparenza”.
Alt, Amlo&Migneco, Biani, Ceffon, Caluri & Pagani, Covino, Double Why, Franzaroli, Hogre, Illustre Feccia, Malt, Natangelo, Pierz, Yele sono i protagonisti della collettiva di allora e tornano oggi a sostenere moralmente un’iniziativa dedicata al rispetto totale del valore civile della laicità nello spazio pubblico e istituzionale.
Con la direzione artistica di Emanuela Marmo, Ceci n’est pas un blasphème desidera portare in Italia casi internazionali ed esplorare l’influenza dei fanatismi sulla produzione culturale nazionale, richiama le amministrazioni a garantire la libertà di culto riconoscendo al pensiero laico e ateo eguale importanza: l’Assessorato alla Cultura di Napoli, concedendo in forma di patrocinio morale l’utilizzo degli spazi, ha dimostrato che tutto questo è possibile. La cultura, l’arte sono gli ambiti privilegiati per metabolizzare il conflitto a vantaggio del dibattito.
Ceci n’est pas un blasphème non beneficia di finanziamenti pubblici né di sponsorizzazioni private: gli unici produttori del Festival siete voi, grazie alle vostre donazioni: https://articensurate.it/category/opere/