Una delle liriche più celebri di Konstantinos Kavafis, Itaca, ci presenta il viaggio di Odisseo come metafora della vita; possiamo leggerla nella traduzione italiana di Massimo Scorsone, che nella sua edizione raccoglie il corpus di tutte le poesie composte dal poeta greco fra il 1897 e il 1933. Scritti nel 1911, questi versi mettono in luce la profonda connessione che esiste tra meta e viaggio, tra approdo e viaggiatore, tra Odisseo e Itaca. Leggendo le parole di Kavafis, che spesso utilizza il mondo classico per raccontare il presente, è facile potersi rispecchiare nell’immagine di Odisseo e del suo viaggio, inteso come percorso reale e figurato, interiore ed esteriore. Ognuno di noi ha la sua Itaca verso cui tendere, a cui approdare, senza però affrettare il viaggio; Itaca è il motore immobile, punto di partenza e punto di ritorno, tutto quello che accade nel mezzo simboleggia l’esistenza: le ricchezze che il destino ci offre, le opportunità, le difficoltà, i Lestrìgoni, i Ciclopi e Poseidone adirato: le oscurità che ciascuno di noi porta dentro; i mattini d’estate, augurandoci che siano tanti, gli empori fenici pieni di profumi di ogni specie, il corallo e l’ambra, la madreperla e l’ebano; infine Itaca, che è in grado di donarci tutto questo, topos per antonomasia, letterale e figurato, luogo comune all’intera umanità e luogo privato dell’intera umanità.