Siamo giunti nuovamente all’estate di un periodo particolare che ricorderemo, come qualche nonno o nonna racconta la Grande Guerra. Vivere una pandemia mondiale, dopo non aver saputo cogliere i tanti allarmi che la Natura ci aveva lanciato, è stato devastante. Nulla a che vedere con le Guerre del passato, eppure le vittime lasciate nei letti delle terapie intensive superano, addirittura, le cifre dei conflitti mondiali. Non è stata neppure la prima epidemia altamente contagiosa, senza citare le febbri tifoidi, malariche e malattie tropicali endemiche, ricordiamo, tra tutte, la peste, ciclica e ricorrente, incurabile che è divenuta sinonimo di epidemia: “pestilenza”, “appestato”, “pestifero”, fino ad usarne il termine medico anche in tono scherzoso “peste bubbonica”.
E allora cosa ha reso il COVID-19 così particolare? Forse la consapevolezza della caducità umana, della fallibilità e della fragilità: mentre ipotizziamo missioni spaziali di conquista di nuovi mondi, un virus microscopico, di incerta origine, ha messo sotto scacco il mondo, colpendo trasversalmente la popolazione, senza fare sconti di censo, potere, ruolo, razza e religione. La pandemia dalla spiccata morbilità ha costretto al domicilio coatto intere popolazioni e in quel momento ha scoperto le falle del sistema. Intanto l’ineguaglianza: l’immagine iconica dei clochard stesi in un parcheggio ha mostrato anche nel “Paese delle libertà” l’egoismo e la sperequazione sociale. Poi la stupidità: paragonare l’uso prudenziale della mascherina alla lesione della libertà, la dice lunga su quanto si debba ancora lavorare sul termine democrazia. Il sessismo: mentre si combatteva contro un nemico esterno invisibile, le Donne erano oggetto di violenza domiciliare da un nemico noto e, spesso, amato: il numero di femminicidi e di violenze domiciliari ha subìto un incremento, accentuato dalla convivenza forzata. L’ecologia: aver costretto l’umanità a ragionare sulle proprie scelte, di vita, di consumi, di gestione del tempo, di sfruttamento della Natura ad un uso miope, indiscriminato e forsennato, egoista e lontano dalle leggi del Creato.
La pandemia ha però sviluppato un dono, la resilienza: adattare a nuovi ritmi, modalità di lavoro, comuncazione, studio è stata una sfida cui l’umanità ha saputo trarre vantaggi in termini di inclusione e partecipazione. L’uso della tecnologia al servizio dell’uomo ha permesso agli studenti e alle studentesse di non perdere mesi preziosi di preparazione; l’ampliamento dell’offerta formativa ha accordato un diffuso aggiornamento o allargamento delle proprie competenze; piattaforme e sistemi di videoconferenze hanno avvicinato le distanze e le tempistiche di riunioni, convegni, seminari e anche relazioni personali impedite dal distanziamento sociale; la rarefatta comunicazione in presenza ha accelerato la digitalizzazione informatica e la smaterializzazione documentale, Pubbliche Amministrazioni, aziende commerciali e privati cittadini hanno colloquiato via web, familiarizzato con procedure di eCommerce, home banking e innalzato le proprie conoscenza di cybersecurity.
Che lezione trarre da questa esperienza? Se l’umanità imparasse dalla Storia sarebbe una ottima occasione di sviluppo ecosostenibile, di cambio di marcia, un ritorno al senso profondo della vita, all’autenticità delle relazioni, all’etica nella finanza e nell’economia, al mutuo soccorso sociale. Osservando però come sono andate le cose dopo tragedie immani come la Shoah, le guerre permanenti in alcune zone del globo, il colonialismo, le dittature ancora esistenti, fino alle attuali inique gestioni dei flussi migratori, poche possibilità sono offerte alla fiducia nella razza umana e alla speranza nel cambiamento.
Già adesso, la voglia di vacanza e la diffusione dei vaccini pare abbiano dato un colpo di spugna sui disagi vissuti e forte è la rincorsa agli spazi perduti, alle feste mancate, alle notti insonni saltate. “Se vogliamo che tutto rimanga com’è, bisogna che tutto cambi” diceva Tancredi e “così è, se vi pare” (rispondo con un’altra citazione pirandelliana), finché una nuova pandemia non ci colga (e vi risparmio la nota battuta di Amedeo Nazzari «e chi non beve con me, peste lo colga!» da La cena delle Beffe).