Perché i francesi non devono “ridarci la Gioconda”?

Tra le molte opere che le truppe di Napoleone hanno trasportato a Parigi come bottino di guerra, con tanto di corteo trionfante dei “Cento Capolavori” che secondo il Trattato di Tolentino (1797) dovevano risarcire le spese belliche sostenute per l’invasione, non c’è la Monna Lisa, o Gioconda, di Leonardo da Vinci, che risiedeva stabilmente in Francia già da un paio di secoli.

Il celebre dipinto ha infatti seguito il suo autore in tutti i suoi spostamenti dal 1503, anno in cui Leonardo inizia a lavorare alla tela, fino alla morte, avvenuta per l’appunto in Francia nel 1519.

Dopo un periodo di peregrinaggio dovuto ai rivolgimenti politici che sconvolgevano l’Italia – preda dal 1494 delle guerre inaugurate da Carlo VIII – durante il quale Leonardo, fuggito da una Milano ormai in mano ai francesi, aveva servito prima come ingegnere militare nelle feroci campagne di Cesare Borgia, poi aveva ripiegato su Firenze (risale a questo momento la commissione da parte del Gonfaloniere della Repubblica Pier Soderini della irrealizzata Battaglia di Anghiari); successivamente era tornato a Milano su richiesta del governatore francese della città, ma dopo qualche tempo si era spostato a Roma, alla corte pontificia di Leone X Medici.

Ormai anziano, Leonardo trova finalmente serenità nel 1517, quando su invito (e a spese) del re di Francia Francesco I si trasferisce in un castello nei pressi di Amboise, dove trascorrerà – anche lavorando alla relativamente piccola tela oggi al Louvre – gli ultimi due anni della sua vita.

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