Quando si entra in sala operatoria Intervista al Dr. Massimo Serra

Ci sono mestieri che vanno oltre la pratica, fatti di incontri che necessitano sensibilità e aiuto, ho incontrato un grande cardiochirurgo che mi ha resa partecipe della sua vita lavorativa e personale.

Il Dr. Massimo Serra, specialista in cardiochirurgia all’Ospedale Civile di Ss. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo ad Alessandria dove con la sua equipe si preoccupano di ridare ai pazienti una vita sana nel pieno del rispetto dell’intervento pratico seguito da un supporto morale che il Dr. Serra non fa mai mancare ai suoi pazienti.

La sua carriera è costituita da anni di ricerca e lavoro, corsi continui di aggiornamento ed esperienze anche all’estero.

La passione per questo mestiere nasce a 13 anni in un pomeriggio qualunque trascorso a casa dei nonni. Durante un programma televisivo vede un medico effettuare un intervento a cuore aperto, si avvicina interessato e viene rapito da quello che da quel momento in poi lui ambirà per il suo futuro.

Si può alla tenera età di 13 anni credere così tanto in qualcosa che cambierà la vita, cercando volontà e intraprendenza per realizzare un sogno così grande. Da allora non ha mai smesso di professare questo mestiere e ne ha fatto il suo orgoglio personale perché non si ferma dal creare un legame più professionale tra medico e paziente ma instaura un rapporto principalmente umano che gli permette di intervenire sul paziente anche in maniera psicologica mettendolo a suo agio.

La sua carriera comprende esperienze importanti come quella di Khartum in Sudan dove ha colla-borato con l’Emergency nella cardiochirurgia, un’esperienza che gli ha cambiato la vita dove ti trovi a doverti confrontare con realtà molto lontane dalle proprie in cui devi preparare il paziente prima dell’intervento curandolo fisicamente ma ne esci più forte tu moralmente.

Massimo mi spiega di questi posti in cui la dignità umana prevale su ogni cosa, mi accenna di un caso in cui un paziente arrivato d’urgenza a cui lui pone la domanda “Come stai ?” E il ragazzo risponde “Bene”, lo stesso ragazzo morirà dopo poche ore. Questo per dire quanta forza trovano quelle persone attaccate con forza a tutto ciò che hanno, la loro vita, orgogliose di aver potuto sor-ridere fino alla fine.

Si torna a casa, dopo un vissuto del genere, con un bagaglio umano che vale tanto quante le espe-rienze professionali di un’intera carriera. Per quanto riguarda appunto la carriera il Dr. Serra si ag-giorna continuamente nell’ambito della cardiochirurgia partecipando a numerosi corsi e congressi di aggiornamento, tra cui “corsi sul corretto utilizzo degli antibiotici” nell’anno 2003 a Torino e il “XXII Congresso Nazionale della società Italiana di Chirurgia Cardiaca”, anno 2004 a Bologna o il “Sim-posio Satellite sulle nuove tecnologie in chirurgia cardiaca” nel 2002 a Roma.

Per quanto riguarda il rapporto con la sua equipe il Dr. Serra riesce a trasformare un intervento in relazioni umane dove si collabora ma in modo tranquillo all’interno della sala operatoria in cui la musica (che non deve mai mancare) crea un’atmosfera rilassante in cui operare (come mi spiega Massimo) e collaborare con i professionisti presenti necessita della giusta concentrazione che in interventi così importanti, dove la lucidità deve fare da padrone, paura e distrazione non sono per-messi. Nei momenti più difficili, o quelli che possono arrivare drammatici in un intervento a cuore aperto, ci vuole il sostegno di tutti affinché si possa intervenire nel minor tempo possibile e nella maggiore qualità che un medico deve mettere nel salvare la vita di una persona, è un peso non indifferente quando lo si vive giornalmente infatti, mi spiega Massimo, che la vita privata in questo mestiere è un grande lusso che purtroppo non tutti i medici possono permettersi, si vive costante-mente in attesa di quella telefonata che ti obbliga a correre in soccorso degli altri e mettere da parte la tua vita privata fatta di pochi attimi di libertà, ma del resto se si sceglie un mestiere in cui è il prossimo che arriva di te accade anche questo, in ogni caso la soddisfazione prevale sulle rinunce personali e ancora oggi, dice Massimo, “Mi emoziono ancora dopo 22 anni pensando che sono riuscito a fare nella vita quello che da bambino sognavo di fare, per cui sono grato di ciò che ho e dove sono arrivato”.

Il mio augurio per questo grande chirurgo è che possa essere d’esempio ai giovani che si approc-ciano a diventare futuri medici perché possano apprendere che la parte umana deve sempre cam-minare affianco a quella professionale perché fa crescere colui che opera e dona serenità a chi

necessita del suo aiuto, in fondo è un mestiere che nasce come una missione e come tale deve restare.

Ci sono mestieri che vanno oltre la pratica, fatti di incontri che necessitano sensibilità e aiuto, ho incontrato un grande cardiochirurgo che mi ha resa partecipe della sua vita lavorativa e personale.

Il Dr. Massimo Serra, specialista in cardiochirurgia all’Ospedale Civile di Ss. Antonio e Biagio e Cesare Arrigo ad Alessandria dove con la sua equipe si preoccupano di ridare ai pazienti una vita sana nel pieno del rispetto dell’intervento pratico seguito da un supporto morale che il Dr. Serra non fa mai mancare ai suoi pazienti.

La sua carriera è costituita da anni di ricerca e lavoro, corsi continui di aggiornamento ed esperienze anche all’estero.

La passione per questo mestiere nasce a 13 anni in un pomeriggio qualunque trascorso a casa dei nonni. Durante un programma televisivo vede un medico effettuare un intervento a cuore aperto, si avvicina interessato e viene rapito da quello che da quel momento in poi lui ambirà per il suo futuro.

Si può alla tenera età di 13 anni credere così tanto in qualcosa che cambierà la vita, cercando volontà e intraprendenza per realizzare un sogno così grande. Da allora non ha mai smesso di professare questo mestiere e ne ha fatto il suo orgoglio personale perché non si ferma dal creare un legame più professionale tra medico e paziente ma instaura un rapporto principalmente umano che gli permette di intervenire sul paziente anche in maniera psicologica mettendolo a suo agio.

La sua carriera comprende esperienze importanti come quella di Khartum in Sudan dove ha colla-borato con l’Emergency nella cardiochirurgia, un’esperienza che gli ha cambiato la vita dove ti trovi a doverti confrontare con realtà molto lontane dalle proprie in cui devi preparare il paziente prima dell’intervento curandolo fisicamente ma ne esci più forte tu moralmente.

Massimo mi spiega di questi posti in cui la dignità umana prevale su ogni cosa, mi accenna di un caso in cui un paziente arrivato d’urgenza a cui lui pone la domanda “Come stai ?” E il ragazzo risponde “Bene”, lo stesso ragazzo morirà dopo poche ore. Questo per dire quanta forza trovano quelle persone attaccate con forza a tutto ciò che hanno, la loro vita, orgogliose di aver potuto sor-ridere fino alla fine.

Si torna a casa, dopo un vissuto del genere, con un bagaglio umano che vale tanto quante le espe-rienze professionali di un’intera carriera. Per quanto riguarda appunto la carriera il Dr. Serra si ag-giorna continuamente nell’ambito della cardiochirurgia partecipando a numerosi corsi e congressi di aggiornamento, tra cui “corsi sul corretto utilizzo degli antibiotici” nell’anno 2003 a Torino e il “XXII Congresso Nazionale della società Italiana di Chirurgia Cardiaca”, anno 2004 a Bologna o il “Sim-posio Satellite sulle nuove tecnologie in chirurgia cardiaca” nel 2002 a Roma.

Per quanto riguarda il rapporto con la sua equipe il Dr. Serra riesce a trasformare un intervento in relazioni umane dove si collabora ma in modo tranquillo all’interno della sala operatoria in cui la musica (che non deve mai mancare) crea un’atmosfera rilassante in cui operare (come mi spiega Massimo) e collaborare con i professionisti presenti necessita della giusta concentrazione che in interventi così importanti, dove la lucidità deve fare da padrone, paura e distrazione non sono per-messi. Nei momenti più difficili, o quelli che possono arrivare drammatici in un intervento a cuore aperto, ci vuole il sostegno di tutti affinché si possa intervenire nel minor tempo possibile e nella maggiore qualità che un medico deve mettere nel salvare la vita di una persona, è un peso non indifferente quando lo si vive giornalmente infatti, mi spiega Massimo, che la vita privata in questo mestiere è un grande lusso che purtroppo non tutti i medici possono permettersi, si vive costante-mente in attesa di quella telefonata che ti obbliga a correre in soccorso degli altri e mettere da parte la tua vita privata fatta di pochi attimi di libertà, ma del resto se si sceglie un mestiere in cui è il prossimo che arriva di te accade anche questo, in ogni caso la soddisfazione prevale sulle rinunce personali e ancora oggi, dice Massimo, “Mi emoziono ancora dopo 22 anni pensando che sono riuscito a fare nella vita quello che da bambino sognavo di fare, per cui sono grato di ciò che ho e dove sono arrivato”.

Il mio augurio per questo grande chirurgo è che possa essere d’esempio ai giovani che si approc-ciano a diventare futuri medici perché possano apprendere che la parte umana deve sempre cam-minare affianco a quella professionale perché fa crescere colui che opera e dona serenità a chi

necessita del suo aiuto, in fondo è un mestiere che nasce come una missione e come tale deve restare.

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