Come noi italiani possiamo insegnare molte cose agli altri popoli e siamo un riferimento mondiale in determinati ambiti (stile, cultura, moda etc..), certamente anche noi abbiamo molte cose da apprendere per migliorare la gestione del nostro Paese a vari livelli. Se c’è qualcosa però di fronte alla quale tutto il Mondo deve fare un passo indietro, esso è rappresentato dalla nostra Cucina. Tra i principali motivi di attrazione che spingono milioni di turisti a visitare il Belpaese ogni anno, la nostra Cucina e le nostre materie prime si collocano certamente sul podio. Questo podio, più precisamente questa medaglia d’oro, ha un nome ben specifico: dieta mediterranea. La dieta mediterranea non è solo un regime alimentare, ma si può considerare un vero e proprio stile di vita, inserito non a caso dall’Unesco tra i patrimoni culturali immateriali dell’umanità. A introdurre per la prima volta la definizione di dieta mediterranea fu un medico americano specializzato in biologia e fisiologia, Ancel Benjamin Keys, che negli anni ’50 studiò in modo scientifico le abitudini alimentari degli italiani di alcune zone del Mezzogiorno (in particolare della Campania) e coniò questa espressione per descrivere un modello nutrizionale a cui attribuì grandi virtù in termini di protezione della salute. Se parliamo di dieta mediterranea, il primo cibo a cui si potrebbe pensare sarà probabilmente un piatto di pasta. In realtà, questa espressione va ben oltre la cucina italiana e si riferisce a un modello nutrizionale basato sulle abitudini alimentari dei Paesi affacciati sul Mar mediterraneo, che ha tra i suoi elementi principali frutta, verdura, cereali, olio extravergine di oliva e semi, e prevede invece un consumo moderato di carni rosse e grassi animali. Ancel Keys, notò una minore diffusione delle malattie cardiovascolari nelle popolazioni del bacino mediterraneo in un’indagine divenuta nota come lo “studio dei sette Paesi”: Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, Croazia, Marocco e Cipro furono attenzionate per lungo tempo fino a giungere alla conclusione che questo stile nutrizionale, che apporta benefici alla salute poiché equilibrato e basato soprattutto su cibi naturali, riduceva così anche il rischio di alcune patologie. Malattie cardiovascolari, diabete e obesità, un problema da sempre negli Stati Uniti, ad esempio, in quei territori sembravano sconosciute, e Keys capì immediatamente che c’era una correlazione tra il cibo consumato da queste popolazioni, per lo più contadine, e la loro buona salute. Più ci si allontanava dall’area mediterranea, più le malattie cardiovascolari erano frequenti: un’associazione che convinse Keys dei benefici della dieta mediterranea, che negli anni successivi si fece la nomea di regime salutare per eccellenza. Altro aspetto importante legato allo studio di Keys, fu il fatto che emerse come le grandi tavolate patriarcali della tradizione contadina che rappresentavano la quotidianità nei “ sette Paesi” monitorati, dove davvero il momento in cui ci si sedeva a tavola aveva la valenza di un sacro rito, con una sua liturgia tramandata di generazione in generazione, imponeva alle persone di non limitarsi a mangiare distrattamente, come facciamo oggi guardando lo schermo della tv o del nostro smartphone, ma era pura concentrazione sul cibo, sulla sua preparazione e sulla convivialità che da sempre la Tavola regala come momento unico. Questo modus vivendi è ben rappresentato dalla motivazione che l’Unesco diede per l’assegnazione del prestigioso riconoscimento: “la dieta mediterranea è molto più che un semplice alimento. Essa promuove l’interazione sociale, poiché il pasto in comune è alla base dei costumi sociali e delle festività condivise da una data comunità, e ha dato luogo a un notevole corpus di conoscenze, canzoni, massime, racconti e leggende. La Dieta si fonda nel rispetto per il territorio e la biodiversità, e garantisce la conservazione e lo sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri collegati alla pesca e all’agricoltura nelle comunità del Mediterraneo”.
Oggi, più che mai, siamo chiamati a recuperare un rapporto sano con ciò che ci nutre, perché il nostro stile di vita tende a scollegarci dalla naturalità, e spesso dall’umanità. Troppa tecnologia, troppa fretta, troppa chimica nel piatto, sono altrettante minacce per la nostra salute generale, e per il nostro equilibrio psicofisico. Se indietro non si può tornare (e tutto sommato ci va bene così, perché dieta a parte, le nostre aspettative di vita e la qualità della stessa sono senza dubbio migliorate), possiamo però prendere tutto il buono che quella tradizione alimentare ci ha lasciato, acquisendo la consapevolezza che, oltre ad essere fortunati a vivere in un Paese che rappresenta la scuola alimentare migliore al Mondo, noi italiani abbiamo la fortuna di essere quotidianamente abbracciati da una ricchezza non tangibile fisicamente, ma che nasce dal lusso morale quasi inconscio legato al nostro naturale stile di vita, che la dieta mediterranea incastona ogni giorno come una meravigliosa cornice in grado di esaltare il suo dipinto. La conclusione che possiamo tutti trarre ci porta inevitabilmente ad una consapevolezza assoluta: la Tavola ed il lusso di viverla in maniera sana come solo noi sappiamo fare, rappresentano, senza ombra di dubbio, il fulcro ed il cuore della galleria delle nostre preziosità che, al pari del Louvre o del Moma, viene visitata ogni anno da milioni di estasiati ospiti.