Hotel Locarno e il segreto del successo centenario

Ci sono luoghi che sanno catalizzare energie e dove tutto sembra possibile anche raggiungere la felicità. In via della Penna, al civico 22 a Roma, l’Hotel Locarno da quel lontano 1925 accoglie nei suoi spazi eleganti chiunque abbia un racconto da narrare, un’idea da sviluppare o semplicemente desideri far parte della storia di questa guest house d’epoca, in un quadro di vita centenario dove ognuno ha lasciato la sua firma e qualcosa di sé. L’inizio sa di favola. Una coppia svizzera acquista la proprietà e in omaggio alla città natale opta per questo nome che sarà da allora associato all’eleganza e raffinatezza degli arredi d’epoca che da sempre concorrono a creare un’atmosfera rarefatta e glamour ma anche al genio creativo e poliedrico di tutti gli artisti che tra le sue mura hanno trovato un rifugio caldo e accogliente lontano dalla loro casa. La locandina pubblicitaria di allora, un’icona di stile firmata da Anselmo Ballester, il noto illustratore di film muti. E davvero il complesso dell’Hotel Locarno sembra fuori dal tempo e dallo spazio, quasi un’entità magica, divenuta indistruttibile e insostituibile, scampata ai nove mesi di occupazione nazista del 1943, nonostante le due guerre mondiali non chiuse neanche un giorno. I suoi interni videro anche l’occupazione americana post liberazione e risuonarono delle risate argentine dei bambini del quartiere che nella lounge del camino scoprirono il flipper, il calcio balilla, e la cioccolata Hershey della razione K, proprio grazie a quei ragazzi d’oltreoceano. Poi il 1950 e la magia di cinecittà, il successo internazionale del cinema neorealista italiano e la corsa giornaliera dei paparazzi che senza esclusione di colpi si contendevano gli scatti dei divi hollywoodiani e di casa che animavano il bar del Locarno. Negli anni de “La Dolce Vita” l’Hotel Locarno insieme al Bar Rosati e al rinomato studio litografico dei fratelli Bulla diviene il punto nevralgico del movimento artistico della “Scuola di Piazza del Popolo”, una ricca e vivace comunità di artisti che animava la vita del quartiere. In quegli anni spesso davanti al camino si intrattenevano Federico Fellini e Giulietta Masina, ed anche Alberto Moravia ed Elsa Morante che abitavano poco distanti, frequentavano con assiduità l’Hotel. Una serata brava del padre della beat generation Jack Kerouac trascorsa in compagnia del poeta Gregory Corso al bar del Locarno è divenuta leggenda. Finalmente il 1970, anno in cui la nuova proprietaria Maria Teresa Celli ha una visione e da autentica prodromica rivoluziona lo stile dell’Hotel all’insegna dell’allure degli anni ruggenti, continuando ad ospitare persone memorabili come Basquiat e Borges ed offrendo uno spazio ideale agli artisti che all’interno del Locarno si sono sentiti sempre liberi di manifestare la loro essenza. Alcuni sceglievano vie tortuose, si perdevano per ritrovarsi al fine, così come ricorda sua figlia Caterina, poteva anche capitare che lei da bimba giocasse con dei bilancini senza sapere bene a cosa servissero. Il 1990 è l’anno dell’acquisizione del secondo palazzo storico risalente al 1905, la casa di villeggiatura della nobile famiglia veneziana dei Canossa. Con il trascorrere degli anni oltre a rappresentare il luogo d’incontro d’elezione e fonte d’ispirazione per scrittori, poeti, registi, attori, poeti, la struttura è stata scelta come set ideale di film e performance teatrali e luogo di ambientazione prediletto nel canovaccio di alcuni romanzi. Tra i molti il film di Bernard Weber, la pièce di Victor Cavallo, i libri di Alain Elkann e Antonio Mega Ferreira. Oggi durante i lockdown, l’Hotel Locarno rimanendo fedele alla sua tradizione che lo consacra come la casa ideale degli artisti, in una Roma deserta, museo a cielo aperto ha offerto alloggio a quelle famiglie arrivate da varie località che dovevano accudire i bambini ricoverati all’ospedale Bambino Gesù. Il Locarno aderisce infatti da venti anni al progetto della onlus “Soggiorno sereno” insieme ad altri cento hotel dell’Urbe. Caterina Valente, proprietaria e direttrice ha contribuito a scrivere un altro capitolo della storia dell’Hotel dove alla filantropia si sono aggiunti via via altri sentimenti. Così è capitato di vedere la coppia rimasta bloccata a Roma godersi l’atmosfera art decò, i neo sposi pranzare da soli nella terrazza dell’Hotel e persino una troupe americana in attesa del rientro. Istantanee da aggiungere al ricco libro fotografico dei ricordi. Ma l’Hotel Locarno non ha chiuso neanche con il Covid ed infatti Caterina Valente ha approfittato della sosta forzata per organizzare sedute di team building, ove tutto il personale composto da 50 persone ha potuto rafforzare i rapporti di conoscenza reciproca e amicizia. Inoltre tutti i pomeriggi con il programma “cook & shake” lo chef Domenico Smargiassi e Nicholas Pinna hanno dispensato consigli agli affezionati clienti dell’Hotel Locarno. Così è capitato che mentre lo chef insegnava il procedimento di esecuzione di una sua ricetta come i paccheri con cacio, bacon e gamberetti di Mazara del Vallo al barman toccasse svelare i segreti per preparare l’iconico cocktail “Roma Bracciano”. L’epoca attuale dell’Hotel è caratterizzata fortemente da un’intuizione geniale di Caterina Valente che ha optato per la soluzione del bar diffuso e del dining anytime – anywhere. I visitatori dell’Hotel hanno la possibilità di meditare in compagnia di un drink o semplicemente sorseggiare un coktail a qualsiasi ora e non esistono limiti spaziali e temporali neanche per gustare le prelibatezze della tradizione culinaria italiana e regionale. Il piacere non ha orario. Scelte di gusto e sorprendente piacere anche quelle offerte dal bar manager che ha ideato l’instant coktail dedicato al film ‘Avengers Endgame’. L’Iron man go punch, ispirato a Robert Downey Jr, di cui è grande ammiratore, è un drink che si fa apprezzare da tutti. Ovviamente i colori sono il giallo, il rosso e l’oro e lo serve in un bicchiere d’acciaio. Nicholas è una fucina in moto perpetuo e ama creare nuove combinazione dove mettere a frutto la sua esperienza eclettica iniziata in un beach bar del lago di Bracciano per poi decollare a Londra, Barcellona, Parigi nei pub, cocktail bar, club. Dai fusti di birra alla miscelazione messicana imparata proprio dai messicani. Una formazione eterogenea che gli permette di divertirsi a creare nuovi gusti miscelando sapientemente gli opposti. Così un giorno ha deciso di omaggiare anche Harvey Keitel con il ‘Mister Wolf risolve problemi’. Una miscela classica di gin, limone, zucchero e soda servita in un bicchiere favoloso e la pozione che ti risolve una giornata faticosa è servita. A questo cocktail è legato anche un bel ricordo. Nicholas era di riposo e al lounge bar giunge proprio Keitel che sedutosi ha chiesto il menu e cercato il suo cocktail tra le molte voci, dopo averlo sorseggiato, per omaggiare il barman in segno di apprezzamento gli ha lasciato il suo autografo. Eppoi c’è l’episodio unico con Bill Murray quando per un attimo ha oltrepassato il bancone che anche fisicamente scherma il barman da eventuali partecipazioni alle bevute emotive dei clienti e ha partecipato all’esperienza di spirito.

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