La moda degli ultimi 30 anni ha subito cambiamenti, dovuti alla voglia di modificare le certezze cioè ciò che si riteneva elegante e piacevole. Il contemporaneo fashion si incentra sull’opera di grandi stilisti che “costruiscono” abiti mettendo in discussione i canoni vigenti riguardo le forme, le proporzioni del corpo e l’eleganza della silhoutte. La moda è un fenomeno sociale, assorbe attenzione, attrazione e ed è una prospettiva storica che si adatta alla vita moderna, intrecciando collezioni differenti, dei metodi di realizzazione nell’utilizzo di stoffe e nella parte artistica come dipinto di un’idea.
Il fashion è considerato pura arte, le forme integrate in un abito gravidano di possibilità e di funzionalità, non meno di vanità. Questo mondo ha visto identità che hanno messo in discussione i metodi consolidati della realizzazione di un abito, trovando nuove tecniche complesse di taglio, precisione e tecnica sartoriale per esaltare i contorni della figura. Nel 1947 la prima collezione di Cristian Dior venne definita “The New Look”, donava alla donna il profilo a clessidra, l’abito non seguiva le forme naturali del corpo, ma l’abito veniva realizzato partendo dall’interno per esaltare il busto e fianchi riducendo al minimo il giro-vita, insomma un abito che non rispecchiava la realtà del corpo ma il suo sogno.
La maestria sartoriale è il tripudio dell’eccellenza. L’abito non è che un attimo fuggente del nostro presente fatto di suggestione ed un interazione fra se e chi lo indossa. Sono state molte le tecniche rivisitate nei progressi di lavorazione, basti pensare a Watanabe che ha reinterpretato la tecnica dello sfilato, richiede moltissimo lavoro tagliuzzando l’ordito nella parte in vista della tela Jeans dell’abito. Gli stilisti hanno sempre avuto una profusione di possibilità, chi ha idealizzato le forme naturali del corpo femminile con tessuti elasticizzati come Azedine Alaia o Hervé Legér. Altri hanno creato abiti strutturati stile ‘800. La storia ci fa osservare tutte le variazioni nelle forme e proporzioni che hanno determinato la figura della donna. Abito e corpo si fondono indissolubilmente creando un’estetica audace, elemento determinante di attrazione.
Pensiamo a Dolce & Gabbana, Martin Mangela, Vivienne Westwood, che hanno rivelato il lessico della moda nelle caratteristiche dell’intimo reso abito, quello che fino ad allora era stato all’interno dell’abbigliamento. Come non parlare della stupenda camicia in tema jeans di Gianni Versace accompagnata da un’ampia gonna di seta. I grandi stilisti sono sempre stati ispirati dalle “follie sartoriali” che sono divenute nel tempo icone.
Il classico trench creato nel 1914 da Thomas Burberry, creando le più diverse e bizzarre reinterpretazioni di una vera “piéce de résistence” della moda. Moschino con la sua visione di moda tra umorismo e critica e gli eccessi come nel completo stile Chanel corredato da enormi bottoni. Insomma la moda è arte nelle sue ramificazioni sociali come tema della propria opera. Miuccia Prada si sforza di conservare la fattura artigianale inserendo elementi fatti a mano nella loro produzione di moda pronta. Questo mondo ha un suo dinamismo nell’uso dei materiali, nelle forme e nell’attento indosso estetico come confronti di esigenze sociali.
La moda è lessico, è un infrangere continuo di visioni che un pubblico sapiente può apprezzare. L’interpretazione di se stessi in una t-shirt o in un abito di Versace o Ferrè, è un gioco in una blusa che fa trasparire l’intenzionalità di una comodità. A mio avviso la moda è un tocco, come un paio di guanti di daino di Armani, un trench in pelle di Ferrè che ti accompagnano negli anni, ti rappresentano. Per finire cito una frase che fu la rivoluzione di una femminilità che non doveva nascondersi più in un abito “Tra il grido e il silenzio scegliamo la parola”.