10 febbraio: Giorno del RICORDO. Ricordo dedicato alle migliaia di Italiani assassinati in fosse comuni, senza aver neppure la possibilità di farne macabra conta.
La feroce pulizia etnica, operata per mano delle truppe Jugoslave, a guerra finita, comandate da Josip Broz Tito, passato alla Storia come rivoluzionario unificatore delle terre slave.
Gli italiani rastrellati ed uccisi non per colpe militari, ma per il sol fatto di essere gente italica, di lingua e cultura italiana in terre anche italiane.
Uomini, donne, bambini, famiglie intere gettate vive, legate tra loro da filo spinato, in modo che il primo ucciso da un colpo di pistola, per gravità, trascinasse con se l’intera fila nelle Foibe, fosse carsiche con profondità oltre i 300 metri o, sulle coste dalmate, annegati tra gli scogli o, nell’entroterra istriano, in campi di concentramento che hanno continuato ad operare ben oltre il 1947 nel silenzio delle forze internazionali di liberazione, per opportunismo politico. Lo stesso precario equilibrio tra fronti opposti che non si è voluto alterare nel rivendicare terre occupate e sottratte agli esuli giuliano dalmati, così condannati ad un futuro, perenne esilio il 10 febbraio del 1947, confermato il 5 ottobre del 1954, tombalmente sottoscritto il 10 novembre del 1975.
Alle generazioni future l’obbligo di tenere vivo il ricordo di quelle vittime, fratelli e sorelle che hanno donato la loro vita per la Patria natia, colpevoli soltanto di essere italiani, la cui morte ha rinsaldato con l’Italia il legame di amore di quelle genti, già attestato in quei luoghi nelle guerre risorgimentali e mondiali.
Morti ammazzati andati verso il Dio da loro invocato ad estrema pietà, passando per l’orrore impietoso delle foibe, nell’oblio delle genti.
Sabrina Cicin