Il tempo della modernità. Pittura ungherese tra il 1905 e il 1925. Il vento orientale dell’arte europea

L’Ungheria, un paese ricco di storia e cultura la cui grandezza è stata sancita dall’incontro e dall’intreccio di diversi e variegati patrimoni culturali. Patria di grandi musicisti, artisti circensi, attori, pensatori e letterati, è stata crocevia di grandi nazioni e punto d’incontro di popoli. Baluardo estremo contro l’avanzata ottomana, ha assorbito molti elementi della civiltà turca, entrando a far parte poi del regno austro-ungarico, primo vero e proprio stato multietnico moderno della storia. A testimoniare questa straordinaria complessità e profondità resta la lingua magiara, che non ha somiglianze con nessun altro idioma europeo e rappresenta, da sempre, un’affascinante rompicapo per i linguisti. Oggi la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma dedica alla tradizione pittorica ungherese, eccezionale benché a volte misconosciuta, una mostra allo scopo di presentare un ulteriore tassello dell’incredibile storia di questo paese. Una storia lunga e differenziata, che inizia nel 1867, anno di nascita della monarchia austro-ungarica, che porta una ventata modernizzatrice nel paese, palesatasi prima nel 1896 in patria e, successivamente, nel 1900 a Parigi. Budapest stessa diviene, in quel periodo, una capitale europea dal respiro internazionale, anche se il sogno di una monarchia multinazionale si rivelerà debole, a causa di questioni mai risolte, come quella delle minoranze e dell’esercito in comune. Tuttavia gli artisti ungheresi espongono con regolarità a Parigi e alla Biennale di Venezia e, nonostante moti di essi fuggano all’estero all’indomani della sconfitta magiara nella Prima Guerra Mondiale, quelli rimasti iniziano un processo di restaurazione basato su un solido realismo. Ne è un esempio il maestro del post-impressionismo ungherese, Jόszef Rippl – Rόnai, la cui carriera inizia a Parigi, dove conosce Vuillard e Maillol e il gruppo Nabis, che lo accoglie con favore. Le prima opere sono influenzate dal Simbolismo francese, caratterizzate da linee di contorno sottili e macchie di colore, a cui segue il cosiddetto periodo “nero” con il quale riscuote un clamoroso insuccesso in patria, che lo costringe a cambiare stile. Inizia dunque a dipingere scene di genere e familiari, rifacendosi al post-impressionismo, con le quali non ritrae storie ma stati d’animo. Dopo il successo, torna allo sperimentalismo e inizia a dipingere oggetti quotidiani dai colori sgargianti. È il primo passo di Rόnai verso l’astrattismo. Altra esperienza cache-cache_194d8721736f745d388d69d112de08bc_903c506f350e9adf9cb0a4872461b06einteressante è quella degli Otto, i seguaci ungheresi di Cezanne. Il gruppo nasce nel 1909, quando un manipolo di artisti si stacca dal Circolo degli Impressionisti e Naturalisti Ungheresi, per dar vita a un movimento di rottura con le generazioni precedenti, ma anche con le correnti contemporanee. I suoi componenti abbandonano la rappresentazione attraverso le impressioni per cercare invece di cogliere il significato profondo. Ma non sarà mai un movimento omogeneo, perché gli stili sono molto diversi tra loro e nessuno del gruppo avrà mai contatti seri e duraturi con le grandi correnti europee; questo è il motivo per il quale solo sporadicamente se ne riconoscono i tratti nei loro quadri (anche se un debito è innegabile nei confronti del fauvismo e del cubismo). Gli Otto si ispirano al modernismo classico di Cezanne e prediligono scene di nudo immerse nella natura, talvolta unite a scene equestri, oppure nature morte con oggetti quotidiani su semplici tavole. Il movimento ebbe però vita breve e si sciolse nel 1912, ma riuscì comunque a stravolgere l’arte ufficiale più conservatrice. Molti altri i pittori e le esperienze artistiche omaggiate da questa mostra, che ha il merito di presentare al pubblico uno scorcio originale sulla grande stagione pittorica d’inizio XX secolo, forse non molto conosciuto, ma sicuramente affascinante e interessante.

Box informazioni:

Il tempo della modernità. Pittura ungherese tra il 1905 e il 1925
Roma, Galleria Nazionale d’Arte Moderna – Viale delle Belle Arte, 131
dal 25 giugno al 15 settembre 2013
Info: tel. 06 322981
s-gnam@beniculturali.it

Patrizio Pitzalis

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