“Hanno tutto, non hanno niente”. Non è raro sentir pronunciare questa frase quando ci si riferisce alla condizione di molte donne mediorientali che vivono una vita agiatissima dal punto di vista economico, dovendo però rispettare in maniera ferrea i dettami della legge islamica. Anche in questo caso commettiamo l’errore di approcciarci ad un’altra cultura con la convinzione di essere noi occidentali le detentrici della formula perfetta dello stare al mondo. Nessuno fino a dieci anni fa avrebbe scommesso sull’eventualità che le donne musulmane sarebbero scese in piazza per difendere i loro diritti. Invece è successo. Pensiamo alle manifestazioni svoltesi durante le varie Primavere arabe, in cui erano presenti, seppur in minoranza, a fianco degli altri manifestanti, pronte a far valere la loro voce. Oppure al caso più isolato della diciottenne tunisina Amina, divenuta nota in tutto il mondo per aver messo on line le sue foto a seno nudo, emulando le attiviste Femen. E’ però un’altra la protesta che in questi ultimi giorni sta ottenendo più attenzione da parte dei media, ovvero quella portata avanti dalle donne saudite contro il divieto di guida imposto al gentil sesso dalle leggi del Regno. Facciamo un passo indietro. Tutto iniziò con Manal, colei che nel maggio 2011 sfidò questa scomoda legge vigente nel suo paese. Salì su un’auto insieme all’attivista connazionale Wajeha al-Huwaider, che la filmava mentre in un video chiedeva alle altre donne di fare la stessa cosa. Il giorno seguente compì lo stesso gesto insieme ad altre donne e per tale ragione fu arrestata e tenuta in prigione più di una settimana. Ma ormai la miccia era stata accesa e tutte noi conosciamo la velocità con la quale un video può diffondersi attraverso quel potente mezzo di comunicazione di massa che è il web. Subito nacque la campagna on line “Women2drive” (in inglese, donne per guidare). Da quel fatidico momento, le attiviste che aderiscono alla protesta chiedono periodicamente alle altre donne, munite di patente internazionale, di emulare Manal, facendosi filmare mentre guidano. Questo è ciò che è avvenuto anche il 27 Ottobre scorso, quando alcune donne saudite hanno postato su Youtube 12 video in cui testimoniavano di essere alla guida e come loro altre che però hanno preferito non registrare la loro impresa. Il tutto sarebbe avvenuto in presenza della polizia, che si trovava per le strade proprio allo scopo di evitare che queste si mettessero al volante, come preannunciato nei giorni precedenti. Gli ultraconservatori da parte loro hanno inscenato una protesta contro la suddetta campagna, a testimonianza della capacità del movimento di smuovere le autorità su un tema così caldo, quale quello dei diritti delle donne. Non dimentichiamo però che l’Arabia Saudita, luogo di nascita dell’Islam, è una monarchia assoluta in cui sono vietate le proteste politiche. Re Abdullah ha provato a portare avanti alcune caute riforme per dare alle donne maggiori opportunità di lavoro e voce in capitolo nella cosa pubblica, ma spesso ha incontrato resistenze proprio da parte dei religiosi wahabiti. Al sesso femminile rimane vietata non solo la guida, ma anche la possibilità di recarsi all’estero, aprire conti bancari o lavorare senza il permesso di un parente maschio. Le donne saudite sembrerebbero però non cedere per quanto riguarda il divieto di guidare. E non è inverosimile ipotizzare la possibilità che presto ciò accada, pena il disordine generale all’interno della società, che non gioverebbe a nessuno all’interno del Regno.
Silvia Di Pasquale